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A Gaza la decomposizione dei principi internazionalisti liberali occidentali

Alessandro Maran venerdì 23 Maggio 2025
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di Alessandro Maran

 

Da mesi non arrivano buone notizie da Gaza, da quando il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, mediato dagli Stati Uniti, è crollato. Di recente, la situazione è solo peggiorata: la scorsa settimana, un rapporto sostenuto dalle Nazioni Unite ha rilevato che un abitante di Gaza su cinque rischia la fame (https://edition.cnn.com/…/israel-gaza-starvation-report…). In seguito all’annuncio di una nuova offensiva israeliana all’inizio di questo mese, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato lunedì che Israele “prenderà il controllo” della Striscia.
Intanto, come rileva Sofia Tranchina su Bet Magazine Mosaico, il sito ufficiale della Comunità ebraica di Milano, la crescente polarizzazione sul conflitto israelo-palestinese continua a sfociare in violenze anche in Occidente. Mercoledì sera a Washington, a migliaia di chilometri di distanza, una giovane coppia, prossima al fidanzamento, che lavorava presso l’ambasciata israeliana, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco fuori dal Museo Ebraico della capitale. Un video mostrava l’uomo armato gridare “Liberate, liberate la Palestina”, mentre veniva arrestato (https://edition.cnn.com/…/israeli-embassy-washington-dc…). “Questo attacco non è un episodio isolato”, ha scritto in un post su X l’Unione Giovani Ebrei d’Italia. “Denunciamo incessantemente l’odio che cresce attorno alle nostre comunità: certe parole, certe immagini, certi cori, certi post non sono innocui. Non si tratta di semplici opinioni, ma di ciò che accade quando l’odio viene normalizzato”. “Il tragico episodio evidenzia come il conflitto israelo-palestinese abbia da tempo trasceso i confini regionali, diventando un catalizzatore di violenze ideologiche anche in contesti occidentali, e testimonia come le guerre identitarie siano radicate nel tessuto sociale globale”, scrive Tranchina che sottolinea come rimanga “imperativo distinguere nettamente tra una critica alle politiche statali di Israele e la delegittimazione dell’identità collettiva ebraica” (https://www.mosaico-cem.it/…/spari-davanti-al-museo…/).
Sul punto – le scelte politiche di Israele – diversi titoli indicano un cambiamento del clima internazionale riguardo allo sforzo bellico israeliano.
È significativo che Israele si trovi ad affrontare nuove pressioni da parte dei governi europei, che questa settimana hanno rilasciato infrequenti dichiarazioni di biasimo. Israele si trova inoltre ad affrontare un rapporto più freddo con il Presidente Donald Trump.
Trump era considerato un probabile alleato dei falchi israeliani. La sua sbalorditiva proposta di svuotare Gaza dai palestinesi era in linea con gli obiettivi dell’estrema destra ultranazionalista israeliana. Più di recente, tuttavia, Trump sembra essersi rivoltato contro Netanyahu, come ha scritto Frida Ghitis per la World Politics Review, snobbando il leader israeliano, annunciando, ad esempio, nuovi negoziati sul nucleare con l’Iran mentre Netanyahu era in visita alla Casa Bianca (https://www.worldpoliticsreview.com/israel-trump…/). Questo mese, l’amministrazione Trump ha trattato direttamente con Hamas per ottenere il rilascio di un ostaggio israelo-americano, e Trump ha annunciato una tregua con i militanti Houthi dello Yemen subito dopo il loro attacco alle porte del principale aeroporto internazionale israeliano. La disponibilità di Trump a impegnarsi in tale diplomazia senza prima avvisare Israele “sta sconvolgendo la politica israeliana, nel senso che l’estrema destra nutriva una serie di aspettative sul presidente Trump (…) che avrebbe dato carta bianca agli israeliani, permettendo loro di fare quel che volevano e tenendo sempre conto dei loro interessi”, ha dichiarato Dennis Ross, diplomatico statunitense di lunga data in Medio Oriente ed ex consigliere di Obama, al conduttore Brian Katulis nell’ultima puntata del podcast Taking the Edge Off the Middle East del Middle East Institute. “E ora si scopre che non è così, quindi non sanno bene come interpretarlo” (https://www.mei.edu/…/trumps-middle-east-approach…).
Anche in Europa sono in corso notevoli cambiamenti, come scrive Ben Caspit di AL-Monitor. “Tre dei più importanti alleati di Israele – Gran Bretagna, Francia e Canada – hanno rilasciato lunedì una dichiarazione senza precedenti, condannando Israele per la sua campagna a Gaza, con minacce di ‘azioni concrete’. Martedì, il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot ha avvertito che l’Unione Europea potrebbe rivedere il suo accordo di associazione con Israele, comprese le zone di libero scambio. Anche il riconoscimento di uno Stato palestinese da parte dell’UE è sul tavolo, come indicato di recente dal presidente francese Emmanuel Macron” (https://www.al-monitor.com/…/we-were-wrong-israel…). Descrivendo dettagliatamente questi sviluppi, Catherine Nicholls della CNN registra anche il monito del ministro degli Esteri britannico David Lammy, secondo cui la guerra di Gaza sembra “entrare in una nuova fase oscura” (https://edition.cnn.com/…/israel-gaza-west-bank…).
Di fronte alla situazione disastrosa a Gaza, “condannata da mesi dalle organizzazioni umanitarie, gli alleati di Israele stanno iniziando a cambiare la loro retorica, con la maggior parte di loro che pone maggiore enfasi sull’aspetto umanitario della tragedia in corso piuttosto che su una risoluzione politica del conflitto”, scrivono Samuel Forey e Philippe Ricard di Le Monde (https://www.lemonde.fr/…/macron-prend-la-tete-d-un…).
Con il titolo “Gli europei si sveglino”, e insinuando che gli occidentali abbiano chiuso un occhio sulle sofferenze dei cittadini di Gaza a causa del colore della loro pelle, Michael Young afferma sul blog Diwan del Carnegie Endowment for International Peace che questa nuova critica a Israele arriva troppo tardi. “Il massacro in corso da parte di Israele a Gaza ha forse contribuito più di ogni altra cosa a minare i principi liberali che (i leader negli Stati Uniti e in Europa) hanno cercato di imporre a livello internazionale e ai quali dichiarano fedeltà”, scrive Young. “Il danno è fatto. Gaza rappresenta un punto critico nella decomposizione dei principi internazionalisti liberali occidentali. Ma nessuno poteva aspettarsi che tali principi potessero sopravvivere a lungo una volta che i loro promotori avessero iniziato ad applicarli in modo così selettivo” (https://carnegieendowment.org/posts/2025/05/the-europeans-suddenly-react?lang=en¢er=middle-east).
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