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Bilancio a marce forzate. I dubbi costituzionali

Stefano Ceccanti venerdì 28 Dicembre 2018
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di Stefano Ceccanti

 

È iniziato il breve esame a marce forzate della legge di bilancio alla Camera. I colleghi della Commissione Bilancio saranno bravissimi a spiegare i singoli contenuti dannosi, io mi concentro sui profili di costituzionalità.

Era uscita in prima lettura in un testo del tutto diverso da quello di oggi, che violava l’articolo 81 della Costituzione perché peggiorava il deficit strutturale in assenza di ciclo negativo e di circostanze eccezionali; rientra avendo risolto quel problema ma avendo aperto la voragine descritta da Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa.

Lasciamo che chi di dovere prepari l’annunciato conflitto davanti alla Corte costituzionale. In queste ore stanno crescendo in modo significativo i consensi di studiosi su questa doverosa iniziativa.

Intanto però in sede parlamentare sto segnalando queste mie riflessioni:

 

L’articolo 72 della Costituzione

A. Il punto di partenza: l’articolo 72 della Costituzione e il suo mancato rispetto nel caso di specie.
L’articolo 72 della Costituzione costruisce le garanzie del giusto procedimento legislativo.
Al di là delle singole garanzie il principio di fondo è quello del conoscere per deliberare. Ora è evidente a tutti che nel caso del Senato esso non sia stato rispettato. Una differenza di poche ore tra il momento in cui il maxi-emendamento del governo viene reso noto e il voto effettivo dell’Aula per la legge più importante e più complessa dell’anno rende palesemente violato questo principio.
Ad esso si aggiunge una garanzia specifica, quello di un esame effettivo in Commissione. Sin qui tutte le leggi di bilancio si erano svolte sulla base di esso, tant’è che la stessa ulteriore garanzia del voto articolo per articolo, che di per sé precluderebbe maxi-emendamenti in Aula, era ritenuta soddisfatta grazie al fatto che l’esame completo della Commissione produceva il successivo maxi-emendamento per l’Aula. Ora invece sia il Senato sia successivamente la Camera si trovano a votare su un testo che procede solo dal Governo.
Pertanto il Senato può lamentare due violazioni dell’art. 72 (il fattore tempo e il salto della Commissione) e la camera una (la seconda).

 

L’esercizio provvisorio

B. Le conseguenze possibili: evitare l’iper-realismo per i timori sull’esercizio provvisorio.
Di fronte a queste violazioni alcuni peccano di iper-realismo: le riconoscono come tali, ma ne paventano le conseguenze più dirette, l’esercizio provvisorio, come disastrose. Ora, fermo restando che altri ricorsi, come quello di singoli cittadini o di Regioni sono comunque scontati, al di là della querelle sui poteri dello Stato, non sembra per niente sensato, di fronte a violazioni sulla legge più direttamente espressiva dell’indirizzo politico, cadere nell’iper-realismo.
Le violazioni vanno denunciate come tali e nel caso spetta poi alla Corte, come spesso ha dato prova di saper fare interagendo col legislatore, dalla Robin Tax al caso più recente del suicidio assistito, modularne gli effetti. Fermo restando che l’esercizio provvisorio è comunque previsto dalla Costituzione, niente impedisce che la Corte salvi la situazione presente e determini invece pro-futuro le conseguenze strettamente deducibili dall’articolo 72 della Costituzione. Se a suo tempo fu fatto per la reiterazione dei decreti non si vede perché lo si debba escludere per la legge di bilancio.

 

I gruppi parlamentari dell’opposizione

C. La questione più delicata: i gruppi parlamentari dell’opposizione possono essere potere dello Stato.
Com’è noto il conflitto di attribuzione può essere instaurato tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono.
Il punto è però chiarire in una forma di governo con rapporto fiduciario a quali poteri intendiamo fare riferimento. Accanto alla tripartizione classica tra legislativo, esecutivo e giudiziario, da cui si deduce l’ammissibilità di conflitti sollevati da una maggioranza delle assemblee, vi è anche indubbiamente quella tra maggioranza e opposizione sancita dall’articolo 94 della Costituzione. Per di più la tendenza di sviluppo costituzionale del periodo più recente ha visto riconoscere nel diritto parlamentare l’importanza e l’effettività di questa separazione, ad esempio con organi a composizione paritaria come il Comitato per la Legislazione della Camera e il Copasir (dove addirittura, come nella Giunta delle elezioni e delle autorizzazioni al Senato, la Presidenza è riservata esplicitamente ad un esponente dei gruppi di opposizione) e col vincolo che gli equilibri nelle Commissioni tra maggioranza e opposizioni sia il più possibile analogo a quello dell’Aula (Senato)
Più recentemente, in questa legislatura, è proprio la maggioranza che ha inteso dare rilevanza al continuum del rapporto fiduciario che la lega al Governo tramite un apposito contratto di coalizione sussunto nella fiducia iniziale, cosa che preclude esplicitamente un ‘effettiva dialettica tra maggioranza del legislativo ed esecutivo, ponendo però di converso il problema di dare rilievo alla soggettività dell’opposizione.
Del resto la stessa Corte, nel momento in cui nel 1978 riconobbe lo status di potere dello Stato a una realtà esponenziale di una quota limitata del corpo elettorale (il Comitato promotore di un referendum) comunque inferiore alla metà più uno degli elettori, si è posta su questa strada del riconoscimento di contropoteri.
Dal momento che i Regolamenti, sviluppando il disegno dell’articolo 94 della Costituzione, (articoli 24 e 26 Regolamento Camera: articoli 19 e 21 Regolamento Senato) riconoscono stabilmente una soggettività ai gruppi di Opposizione, identificandoli implicitamente con quelle aggregazioni che non hanno votato la fiducia al Governo), da ciò consegue che anche i singoli Gruppi di opposizione possano essere ritenuti a pieno titolo poteri dello Stato.
Del resto, in linea di principio, al di là dei singoli esiti concreti in senso negativo, la Corte non ha mai escluso che nemmeno il singolo parlamentare possa essere equiparato a potere dello Stato per la difesa di sue specifiche prerogative, ad esempio per il parlamentare che sulla base dell’articolo 68 avesse espresso opinioni nell’esercizio delle proprie funzioni, al quale la propria Camera negasse l’immunità.
Se questo è ammesso in linea di principio addirittura per i singoli, non si vede perché debba essere negato per i gruppi di opposizione sulla base delle osservazioni precedenti.

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