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Caso Diciotti, su Salvini un voto spartiacque

Stefano Ceccanti martedì 19 Marzo 2019
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di Stefano Ceccanti

 

Il voto del Senato su Salvini sarà uno spartiacque. La linea divisoria sarà costituita dal prendere o meno sul serio le parole della legge costituzionale 1/1989 nella loro letteralità. Quando è possibile dire di No al Tribunale dei Ministri?
Quando vi sia, è importante riprendere appunto le parole esatte, “la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo.”

Rilevanza costituzionale, preminenza di un interesse pubblico non sono concetti per i quali è sufficiente una sorta di autocertificazione da parte del Ministro. Altrimenti si tratterebbe di parole vane. Rilevanza e preminenza comportano un giudizio in cui la tesi sostenuta dal Ministro va oggettivata e messa quindi in discussione.
Ora nel blocco dello sbarco a chi si trovava sulla nave Diciotti, nave militare facente parte dell’Italia non meno del porto in cui si trovava, quei criteri si possono ritenere soddisfatti?

Evidentemente no, nonostante quanto deciso a maggioranza dalla Giunta. Lo dimostrano soprattutto i fatti successivi al blocco voluto da Salvini: lo sbarco è poi realmente avvenuto, sia pur differito, ed è stata possibile anche la fuga di molte persone sbarcate. Né vi era modo, lo si sapeva dall’inizio, di evitare questo epilogo. L’unico senso che ha avuto il comportamento del Ministro Salvini è quello di tipo propagandistico-elettorale a breve. Questo tipo di propaganda non può assurgere al valore di rilevanza costituzionale o di preminenza di interesse pubblico. L’interesse era solo politico di parte.

A questa insostenibilità di merito si è poi legata una grave forzatura di metodo da parte del M5S che vuole imporre una disciplina di partito con annesse sanzioni ai dissidenti non come esito finale di un confronto aperto tra i propri senatori, a partire dai membri della Giunta, ma come conseguenza di un voto su una piattaforma privata da parte di iscritti che non hanno la medesima conoscenza dei parlamentari e sulla base di un quesito non coincidente a quello posto nell’Aula del Senato.

Il probabile voto contrario alla richiesta del Tribunale dei Ministri non sarà quindi in nessun modo un atto di affermazione della dignità del potere legislativo ed esecutivo di fronte al giudiziario, ma un aggiramento pesante dell’interesse pubblico in nome della propaganda di parte e del divieto di mandato imperativo a favore di un vincolo fatto valere da chi meno sa nei confronti di chi più conosce.
La dignità sarà concentrata nella parte di chi dirà Sì, non all’esecutività di una condanna, ma ad una richiesta contro la quale viene opposta solo una inconsistente autocertificazione cementata dalla volontà politica di tenere insieme una maggioranza rissosa.

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