di Alberto Colombelli
L’indifferenza non può essere parte dei nostri giorni e il tempo non può essere considerato una variabile indipendente.
Se così non è prevale il cinismo e, dopo le tante buone intenzioni manifestate nei giorni scorsi, anche una profonda ipocrisia di fondo.
Cecilia Sala è una giornalista seria ed esperta, molto attenta e meticolosa, un punto di riferimento assoluto per tutti noi che la seguiamo ogni giorno da tempo nel suo Podcast “Stories” per Chora Media e che da sempre la riconosciamo come uno dei più grandi nostri talenti giornalistici della sua generazione.
Dal 19 dicembre 2024 è in un carcere iraniano in isolamento, trattenuta in condizioni disumane in una piccola cella senza finestre, senza una branda, con la luce sempre accesa, privata persino dei suoi occhiali da vista e provvista di sole due coperte, una su cui distendersi e una per coprirsi quando a Teheran le temperature sono di 9 gradi la massima è di – 1 grado la minima.
Da allora ha avuto solo l’opportunità di fare tre telefonate alla famiglia oltre ad avere un incontro di mezz’ora in inglese e sotto stretta sorveglianza con l’Ambasciatrice italiana in Iran, la quale aveva cercato di recapitarle un pacco con pochi generi di prima necessità (compresa una mascherina per gli occhi) che tuttavia scopriamo ora non essere giunto a destinazione.
Il suo è un arresto arbitrario senza alcuna accusa formale oltre a quella generica di “violazione della legge della Repubblica islamica dell’Iran”.
Aveva regolare visto giornalistico di otto giorni, si è mossa sempre con a fianco una persona nominata dall’autorità locale ed è stata prelevata dal suo albergo 24 ore prima della sua prevista partenza.
Non è una versione ufficialmente indicata ma la sua detenzione si collega al fatto che il giorno prima all’aeroporto di Milano Malpensa è stato fermato un ingegnere iraniano (ora nel carcere di Opera) su richiesta di estradizione degli Stati Uniti d’America con l’accusa di aver prodotto materiale utilizzato per un attacco che ha determinato la morte di tre soldati americani.
Cecilia Sala era andata in Iran solo per svolgere il suo lavoro. Senza persone come lei non sapremmo nulla di quello che accade là. Ci sono regole che ha rispettato. Non ha imputazioni. Non è imprigionata, è di fatto trattenuta come strumento di scambio solo in quanto cittadina italiana.
Se non si vuole che prevalga cinismo e ipocrisia, seguire la sua vicenda è fondamentale, ancor più urgente chiedere di intervenire con assoluta urgenza.
Ce lo ha ricordato anche il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo Messaggio di Fine Anno, trovando le parole giuste, quelle che avremmo voluto pronunciare:
“Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia. Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione. Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità.” (Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Palazzo del Quirinale, Roma, 31 dicembre 2024)
Ai suoi genitori, nella sua ultima telefonata del primo gennaio 2025 è lei stessa che ha implorato che “Bisogna fare presto”.
Il Ministro degli Esteri Tajani non appena uscita la notizia del suo arresto, il 27 dicembre scorso, aveva prima chiesto alla stampa il massimo riserbo perché la situazione era troppo delicata, per non interferire con l’azione istituzionale, diplomatica e giudiziaria in corso. Poi, di fronte alle parole del Presidente della Repubblica, a quella parte di opinione pubblica più attenta e sensibile ed a notizie sempre più allarmanti giunte a seguito della terza telefonata che Cecilia Sala ha potuto fare alla sua famiglia ad inizio anno, la mattina del 2 gennaio 2025 ha reso noto di aver convocato l’Ambasciatore iraniano in Italia.
Ora si deve continuare a tenere accesa l’attenzione, è responsabilità di ognuno con gli strumenti di cui dispone e con la propria sensibilità.
Cecilia Sala deve sentire che ci siamo, che con il passare dei giorni la nostra attenzione e la nostra sensibilità non si affievoliscono.
Non possiamo permetterci di pensare che si senta ancora più sola di quanto già è.
Non possiamo permetterci che si senta sola e abbandonata, là, al freddo, senza contatti di alcun tipo, nè con l’esterno nè con l’interno.
Cecilia Sala è tutti noi, la sua sofferenza è la nostra sofferenza.
Ogni minuto di lei là è di troppo.
Ogni ulteriore minuto di lei là è inaccettabile, ed è un dolore troppo forte.
Cara Cecilia,
hai ragione, drammaticamente ragione, “Bisogna fare presto”.
Il nostro abbraccio più forte.
#FreeCecilia
Consulente d’impresa, esperto in Corporate Banking. Già delegato dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, è attivo nell’Associazione europeista Freedem e nell’Associazione InNova Bergamo. Ha contribuito al progetto transnazionale di candidatura UNESCO delle ‘Opere di difesa veneziane tra il XV e il XVII secolo’. Diplomato ISPI in Affari europei. Componente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. E’ impegnato nella costruzione di una proposta di alleanza tra tutti gli europeisti riformatori.