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Che cosa succede dopo il faccia a faccia in Vaticano

Alessandro Maran domenica 27 Aprile 2025
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di Alessandro Maran

La foto del faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky tra le navate della basilica, poco prima dell’inizio dei funerali di Bergoglio, ha fatto il giro del mondo. “La foto è nella storia” hanno scritto i giornali (https://www.ansa.it/…/zelensky-e-trump-prove-di-pace-a…). Eppure, come scrive Carmelo Palma, prima di dire che “la foto è nella storia” non sarebbe male aspettare di vedere come procede e finisce la storia.
Dopo essersi vantato inverosimilmente di poter porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina in un giorno, ora il presidente degli Stati Uniti Donald Trump minaccia di ritirarsi dal processo negoziale. Il presidente americano è arrivato a questo punto dopo due mesi di negoziati in stallo. La seconda amministrazione Trump ha cominciato i colloqui con la Russia a febbraio in Arabia Saudita. Un mese dopo, in una telefonata tra i due leader, il presidente Vladimir Putin ha evitato di dire un “no” netto alla proposta statunitense di un cessate il fuoco di 30 giorni, offrendo invece una sospensione temporanea degli attacchi alle infrastrutture energetiche (https://www.nytimes.com/…/trump-putin-call-russia…). Non avendo ancora registrato alcun progresso, venerdì scorso il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato ai giornalisti che l’amministrazione Trump ritene necessario determinare rapidamente se un accordo è possibile e, in caso contrario, “voltare pagina”.
Questo momento critico giunge mentre una soluzione di pace definitiva proposta dall’amministrazione Trump inizia a delinearsi. La scorsa settimana, l’amministrazione Trump ha dichiarato di essere pronta a riconoscere il controllo russo sulla Crimea, che Mosca ha sottratto a Kiev nel 2014 (https://edition.cnn.com/…/trump…/index.html). Barak Ravid di Axios ha riportato ulteriori dettagli sulla proposta di pace statunitense, delineata da fonti anonime (https://www.axios.com/…/trump-russia-ukraine-peace-plan…). Tra questi, la promessa che l’Ucraina non entrerà a far parte della NATO, la revoca delle sanzioni contro la Russia imposte dal 2014, la restituzione di alcuni territori nell’Oblast di Kharkiv all’Ucraina e una vaga “robusta garanzia di sicurezza” per Kiev da parte degli alleati occidentali. Come scrivono Andrew Roth e Pjotr ​​Sauer del Guardian, la proposta in questione congelerebbe sostanzialmente le linee di controllo, ovvero il confine de facto (https://www.theguardian.com/…/us-peace-proposal…).
Questo, secondo alcuni, è molto vicino a quello che voleva ottenere la Russia. Kiev ha insistito sul fatto che senza concrete garanzie di sicurezza – e aiuti per ottenere armi – sarà vulnerabile a future aggressioni russe. Trump ha criticato sui social media il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per essersi rifiutato di riconoscere il possesso russo della Crimea (https://edition.cnn.com/…/rubio-russia…/index.html) e Putin per i continui attacchi (https://edition.cnn.com/…/russia-strikes…/index.html). Per i critici, questa è un’ulteriore prova del cedimento di Trump a Putin. In un editoriale, The Guardian sostiene che Trump brama un riavvicinamento degli Stati Uniti con la Russia più di quanto si preoccupi del destino dell’Ucraina (https://www.theguardian.com/…/the-guardian-view-on-us…).
“Putin e il suo piccolo team al Cremlino sono ovviamente riusciti a trascinare l’inesperto negoziatore di Trump, Steve Witkoff, in una spirale di complesse condizionalità e richieste impossibili”, scrive l’ex primo ministro svedese Carl Bildt in un editoriale di The Kyiv Independent. Putin sembra sapere, come molti, che Trump è suscettibile alle adulazioni, scrive Bildt, e le adulazioni sembrano funzionare. L’Europa, nel frattempo, “ha in mano una carta vincente”, scrive Bildt. “Se riuscisse a radunare la volontà politica, sarebbe pienamente in grado di impedire un vergognoso tradimento dell’Ucraina in stile Monaco. I leader europei devono chiarire che proseguiranno con i loro piani per sostenere la difesa e la sovranità dell’Ucraina, a prescindere da tutto. In teoria, Trump stesso potrebbe cambiare rotta esercitando forti pressioni su Putin e aumentando il sostegno all’Ucraina. Se ciò accadesse, potrebbe quindi ottenere il cessate il fuoco che desidera. Altrimenti, continuerà a fallire, mentre Putin e i suoi amici ridono alle sue spalle” (https://kyivindependent.com/nearly-100-days-of-trump-and…/).
Non è del tutto chiaro cosa accadrà al sostegno militare e di intelligence statunitense a Kiev, se non si dovesse raggiunge un accordo di pace. I commentatori hanno tuttavia sottolineato la passata ostilità di Trump nei confronti di Zelensky e l’opposizione dei repubblicani al Congresso all’estensione degli aiuti lo scorso anno. In un editoriale su The Wall Street Journal, Michael Allen, ex assistente speciale del presidente George W. Bush, scrive che se Trump tagliasse bruscamente il sostegno statunitense a Kiev, l’Ucraina potrebbe diventare “l’Afghanistan di Trump” (https://www.wsj.com/…/ukraine-could-become-trumps…).
“Trump non dovrebbe ripetere gli errori del presidente Biden”, sostiene Allen. “Un accordo che prevede l’azzeramento dell’assistenza militare statunitense ha il sapore della stessa cecità volontaria di Biden nel ritirarsi dall’Afghanistan (…) Il governo afghano non era pronto allora, e l’Europa non lo è ora, soprattutto considerando la crescente potenza della Russia”. Aggiungo che, a dire il vero, anche allora gran parte dei problemi derivarono dall’accordo che nel febbraio del 2020 proprio l’amministrazione Trump raggiunse con i talebani a Doha escludendo il governo afghano (https://www.ilpost.it/…/stati-talebani-accordo…/). Incrociamo le dita.

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