di Roberto Montanari
Intervento del 19 gennaio all’Assemblea nazionale di Libertà Eguale
Condivido Mancina e molti contributi.
Ci sono stati Leader che scelsero, alcuni lo fanno ancora, che il Pd avesse, abbia, una linea radical/massimalista. Obiettivo chiaro anche se inespresso: partecipare alla riorganizzazione del sistema politico italiano cambiando la natura del pd. Loro, ossessionati a che si costituiscano forze di centro, ma anche ossessionati da quello che era il pd nei suoi atti di nascita. Perciò si parlò di nuovo pd, si costituì una corposa commissione insieme ad art uno. Iniziativa stoppata da Pierluigi Castagnetti che convocò il pp a Roma, andarono anche personalità non del pp che erano con noi ieri, e disse, lì, Castagnetti, che se quel processo andava avanti non c’era più il pd. Ora, non si tratta del vecchio che afferra la caviglia del giovane e gli impedisce di correre; si tratta di chi, anche noi, ma anche a Milano ieri, impedisce ad una impostazione nuovista l’omicidio suicidio del pd.
Schlein ha creato canali di connessione con il Paese ed è giusto rilevare che delle attuali forze collocabili nel cs, ma anche a loro insaputa, detiene oggi la leadership.
Così come è da considerarsi che con i candidati alle elezioni europee, e gli eletti, con le loro diverse opinioni, in particolare sulle guerre e la pace, non consentirebbero di costruire, stando solo al pd eh, il ché e tutto dire, una coalizione alternativa alla destra e vincente. Se poi si riuscisse, non sarebbe in grado di governare gli sconvolgimenti epocali che questo seminario ha approfondito, riconsegnando il Paese alla destra per un lungo periodo. Ma allora che coalizione voglio, perché ci sono forze che non ci stanno se non si è per la pace senza se e senza ma raggiunta con la diplomazia e senza deterrenza. E qui casca l’asino. Non voglio ambiguità su questioni esiziali viceversa non governi. Questa è una discriminante. In me vive l’esigenza di dire la verità al Paese e che solo così ti puoi prendere la responsabilità di governarlo e puoi avere la forza per farlo.
L’Europa ha due imperativi da affrontare: la competitività e la difesa comune, con l’articolazione del ragionamento che ha fatto Gentiloni sull’Ucraina. Bisogna stare lì.
E le regionali ci dicono qualcosa in più: non siamo andati con la stessa linea in Liguria, EmiliaRomagna, Umbria.
Dico sull’Emilia Romagna.
Da noi non si è mai parlato di centro, non so se lo sapete. Di curvatura civica della coalizione si. Persone testimoni di problemi necessari allo sviluppo delle comunità in ogni campo. Comune denominatore: sicurezze, in tutte le accezioni, anche l’ordine pubblico.
Il cdx si è inventata una candidata civica, non riconosciuta come tale dall’elettorato, più il riflesso identitario in particolare di fratelli d’Italia: e dove era più forte fdi, più alta è stata l’astensione.
Ma per fare questo, serve il collante, e il pd è stato umile, disponibile: contenuti, candidati condivisi.
Ed è successo che il pd cresce quando cresce la coalizione e viceversa.
E dove ci sono stati orgoglio identitario e personalismi si è perso, anche in Emilia Romagna, come è giusto che sia.
L’Italia ha alle spalle un dibattito lunare, in ogni dove, sul centro. E sono pochissimi quelli che hanno preso parola portando i termini reali della questione, Ceccanti fra questi, citando Duverger e spiegando la parte dinamica della sua nozione, intesa come attenzione agli elettori centrali, all’insieme del Paese, anche a chi si astiene o all’ultimo momento vota per lo schieramento avversario.
Bene se nasce qualcosa di moderato che sta con il cs, ma guai se il pd non fosse attrattivo, cioè capace di parlare a tutti gli elettori.
Senza di questo non c’è coalizione alternativa.
Si, c’è anche l’astensione. A parte il dettaglio che le diverse partecipazioni al voto nelle ultime regionali si possono dire identiche, consentitemi, perché la differenza è data dal grado di contendibilità e quindi, anche in quella disaffezione, si trova un voto. La questione seria è che gli italiani sono decenni che votano chi sperano possa cambiare meglio o proteggerli di più salvo la volta successiva cambiare voto in massa. Renzi, Grillo, Lega, fdi. Quindi il tema chiama in causa questioni già proposte a partire dalla possibilità di scelta dell’elettorato di eleggere direttamente il proprio rappresentante, ma c’è anche altro di molto serio.
La cura richiede un cambio radicale della cultura politica e delle forme organizzate.
Condivido la proposta di unire i riformisti che sono dentro e fuori i partiti e fra i progetti da affrontare propongo si discuta come realizzare questo cambio radicale.
Coinvolgimento dei cittadini prima di compiere scelte fondamentali, trasparenza, decisioni nelle sedi proprie, pratica dell’autonomia fra corpi e poteri dello stato, autonomia fra istituzioni, economia e società. In sostanza un ribaltamento nell’uso e nella gestione del potere che conosciamo. Ecco, vedo troppe lacrime di coccodrillo e poco coraggio ad affrontare il tema.Il pd doveva essere un partito di iscritti ed elettori, non siamo stati nulla di ciò. Gli elettori sono stati usati solo per toglierci le castagne dal fuoco, con le primarie quando rimaniamo senza segretario. Mai chiamati per scegliere, prima discutendo, una posizione programmatica. Gli iscritti? Nessuno li ha cercati. E perché non lo si è fatto? Perché i gruppi dirigenti, tutti i gruppi dirigenti succedutisi al comando, hanno preferito una navigazione solitaria, autoreferenziale, fino al punto di scegliere i più diretti collaboratori secondo un principio di fedeltà. Cedere sovranità per avere sovranità, costruire una nuova dimensione, forma, della partecipazione e quindi della politica. La propria forza (autorevolezza) cresce rovesciando la piramide.
E il pluralismo è la porta di ingresso dell’unità, non viceversa.