di Alessandro Maran
Donald Trump è di nuovo al voto la prossima settimana, scrive Meanwhile in America, la newsletter della
CNN. Ovviamente, il presidente degli Stati Uniti non si candiderà davvero alle elezioni canadesi che si terranno domani, ma si è comunque intromesso nella campagna elettorale con i suoi attacchi alla sovranità e all’indipendenza dell’alleato (
https://edition.cnn.com/newsletters/meanwhile-in-america).
Ci si attendeva che nelle elezioni di quest’anno il leader conservatore Pierre Poilievre avrebbe ottenuto una facile vittoria sui liberali, macchiati dagli scandali. Ma gli attacchi di Trump hanno causato un putiferio politico che ha accelerato le dimissioni dell’impopolare ex primo ministro Justin Trudeau e l’arrivo del suo sostituto Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra e della Banca del Canada, che ha trasformato le elezioni federali in un referendum su chi sia nella posizione migliore per gestire la guerra commerciale con gli Stati Uniti e le minacce di annessione.
Il presidente degli Stati Uniti ha infatti insultato il Canada sostenendo che dovrebbe diventare il 51° stato americano (Trump sostiene che si tratti di una proposta seria e non di mero “trollaggio”:
https://edition.cnn.com/…/trump-time-interview/index.html) e ha imposto nuovi dazi, sostenendo che negli Stati Uniti ci sia un’emergenza nazionale per il fentanyl e la sicurezza dei confini. Secondo molti, il voto sarà perciò una sorta di referendum sulla svolta anti-canadese intrapresa dagli Stati Uniti con Trump.
Correndo contro il candidato conservatore Pierre Poilievre, Carney “presenta l’aggressione di Trump come una crisi nazionale e ne sta raccogliendo i frutti”, scrive
The Economist, sostenendo che Carney emerge come una sorta di “Captain Canada” patriottico che affronta Trump. È raro che un partito governi per quattro mandati consecutivi, ma è proprio questo che Carney sta cercando, e la rivista inglese scrive che i dazi e gli insulti di Trump gli hanno fornito solide basi (
https://www.economist.com/…/captain-canada-carney-gains…). Alcuni osservatori sostengono che gli attacchi di Trump abbiano ribaltato l’esito elettorale a favore dei liberali di Carney (anche se Poilievre, il cui populismo è sembrato a molti canadesi un po’ troppo trumpiano, sta improvvisamente recuperando terreno nei sondaggi. Ora Carney è in vantaggio di poco).
“Durante un recente comizio elettorale, il primo ministro canadese Mark Carney si è rivolto alla nazione, ma ha parlato al mondo”, hanno scritto all’inizio di questo mese Ilya Gridneff, Harriet Agnew e Antoine Gara del
Financial Times. “‘Ci batteremo, e combatteremo gli americani’, ha dichiarato. Parlando pochi giorni dopo che Donald Trump aveva lanciato la sua guerra commerciale contro il mondo e scatenato il caos sui mercati globali, Carney si stava posizionando come leader in tempo di guerra e come antidoto al presidente degli Stati Uniti (…) L’emergenza che il Canada deve affrontare – e la necessità di opporsi agli Stati Uniti – sono diventati temi ricorrenti per Carney” (
https://www.ft.com/…/5bdb5140-0266-4d71-b8c9-d19e484a21b3).
Benoît Gomis scrive per la
World Politics Review del sentimento anti-USA che Trump ha fomentato in Canada: “Oltre a criticare il Canada per quella che ha raffigurato come un’azione di sfruttamento militare a danno degli Stati Uniti, Trump ha dichiarato di voler rinegoziare quello che ha descritto come il confine “artificiale” tra i due Paesi e gli ingiusti accordi di condivisione delle acque. Di conseguenza, un’’ondata di patriottismo’ e di unità nazionale ha travolto il Canada a un livello raramente visto nella storia moderna. La minaccia percepita da Trump ha anche innescato la resurrezione elettorale del Partito Liberale, che si riteneva fosse destinato a perdere le prossime elezioni a causa del vasto risentimento popolare nei confronti di Trudeau, il primo ministro liberale al potere dal 2015 fino al mese scorso. Ma con il primo ministro Mark Carney che è ora succeduto a Trudeau alla guida del Partito Liberale e del governo, le ripetute critiche personali del leader conservatore Pierre Poilievre a Trudeau non colpiscono più nel segno. Né Poilievre è riuscito a trovare un messaggio coerente in risposta all’incombente minaccia rappresentata dagli Stati Uniti sotto Trump, con il quale Poilievre aveva cercato in precedenza di tracciare alcuni parallelismi ideologici” (
https://www.worldpoliticsreview.com/canada-elections…/).
“Le elezioni federali del 2025 saranno ricordate, quando verranno scritti i libri, come la campagna di Donald Trump”, scrive l’editorialista Richard Warnica su
The Toronto Star. “Per la prima volta in oltre 150 anni, il presidente degli Stati Uniti ha minacciato pubblicamente ed effettivamente la sovranità del Canada. Per Carney e i liberali, questo pericolo esistenziale si è rivelato una manna. Sconfitto nei sondaggi lo scorso anno, il partito è risalito durante l’inverno presentando Carney come l’anti-Trump, un adulto serio e sobrio in grado di guidare il Canada attraverso questi anni difficili” (
https://www.thestar.com/…/article_6ede9ff3-af78-4d10…).
Negli ultimi giorni, forse conscio dell’impatto che rischia di avere sulle sorti del Partito Conservatore Canadese (i cugini del Partito Repubblicano su a nord), Trump ha attenuato la sua retorica, scrivono Stephen Collinson e Caitlin Hu. “Mercoledì ha persino affermato: ‘Non credo sia il caso che mi immischi nelle loro elezioni’. Ma poi, non è riuscito a trattenersi. ‘Devo essere onesto. Come Stato, funziona alla grande’, ha detto Trump riferendosi al vicino settentrionale degli Stati Uniti. ‘Come paese, considerando il fatto che la maggior parte della nazione – il 95% del Canada – compra da noi e ci rivende. Se evitassimo di comprare il loro petrolio – e non abbiamo bisogno del loro petrolio. Ne abbiamo più di chiunque altro. È solo che non abbiamo bisogno del loro petrolio, non abbiamo bisogno del loro legname, non abbiamo bisogno delle loro auto, non abbiamo bisogno di niente” (https://view.newsletters.cnn.com/…/174554465069890e…/raw?).
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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