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Geografia del voto americano

Alessandro Maran venerdì 8 Novembre 2024
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di Alessandro Maran
Come ha fatto Donald Trump a riconquistare la Casa Bianca? Un settarismo radicato potrebbe avere avuto un ruolo centrale nella storia. La presa stabile di Trump sul Partito Repubblicano – dopo il 6 gennaio, dopo le sue condanne per reati gravi e dopo la miriade di altre controversie – è stata fondamentale per il suo successo elettorale, spiega il conservatore anti-Trump David French a Patrick Healy del New York Times, perché “una vasta fetta del paese è semplicemente impersuadibile, inaccessibile per l’altra parte”. In competizione con un’amministrazione in carica con risultati traballanti, uno sfidante come Trump “parte da questo livello molto, molto, molto alto di sostegno” dovuto a preferenze partigiane incallite, “e in aggiunta deve solo raccogliere qualche elettore in più. Tutto qui. È tutto ciò che doveva fare. Conquistare qualche elettore in più scontento dello stato attuale del paese, perché si presenta con questo supporto davvero alto. Ed eccoci qui” (https://www.nytimes.com/…/donald-trump-election-2024.html).
Tuttavia, la demografia e la mappatura sono ciò che ha lasciato sbalorditi gli analisti.
Gli exit poll sono visti con scetticismo da alcuni (https://www.vox.com/21552679/exit-poll-accuracy), ma sono anche l’insieme di dati più ampio che abbiamo da analizzare. Cosa hanno detto? I nuovi elettori sono finiti sotto l’ombrello di Trump in modo significativo e sorprendente, ha osservato Harry Enten della CNN, indicando gli exit poll del Wisconsin come ampiamente rappresentativi. In quello stato fortemente conteso, il sostegno a Trump è aumentato tra gli elettori black e gli elettori con meno di 30 anni. Trump ha comunque perso contro Kamala Harris tra quei gruppi, secondo gli exit poll del Wisconsin, ma ha notevolmente migliorato i suoi risultati precedenti. Nel Wisconsin, Trump è in testa nettamente tra gli elettori alle prime armi, che di solito sostengono i democratici. “Se il 2016 racconta la storia di Donald Trump e degli elettori bianchi della classe operaia”, ha affermato Enten, “il 2024 riguarda l’infiltrazione nelle roccaforti democratiche e la sottrazione di quei voti, ottenendo numeri storici tra quei gruppi” (https://youtu.be/P5bsIMLaL-Q?si=eqNld6dfyAr-ao5d).
Si tratta indubbiamente di grandi cambiamenti. “Nuove geografie elettorali, nuovi blocchi di questioni, un nuovo equilibrio di potere all’interno del ramo esecutivo: tutti questi sono solo alcuni degli effetti interni del trionfo di Trump”, scrive un encomiastico Daniel McCarthy su The American Conservative. “Ha anche il potenziale per ispirare, o espandere, tali cambiamenti in tutto il mondo” (https://www.theamericanconservative.com/the-trump-mandate/).
Quali sono questi cambiamenti? Esaminando gli exit poll, Zachary B. Wolf, Curt Merrill e Way Mullery della CNN notano uno spostamento verso Trump tra i maschi ispanici, un crescente divario tra coloro che hanno e coloro che non hanno una laurea e una riduzione del vantaggio dei democratici tra gli elettori più giovani (https://edition.cnn.com/…/2020-2016-exit-polls-2024-dg/). David Weigel di Semafor suggerisce che la vittoria di Trump ha posto fine “alla teoria di una nuova coalizione democratica nata con la vittoria di Barack Obama nel 2008, quasi morta con la sorpresa di Trump nel 2016 e sepolta martedì sera. Finché Donald Trump guiderà il GOP – abbandonando la sua vecchia promessa di tagliare l’assistenza, sostenendo i dazi e la rinegoziazione degli accordi commerciali, dicendo cose che fanno arrabbiare i media tradizionali – i repubblicani avranno un appeal più ampio nei confronti degli elettori non laureati che un tempo erano democratici”(https://www.semafor.com/…/donald-trump-on-track-to-win…).
Sulla conservatrice National Review, un trionfalistico Jim Geraghty scrive che le politiche sociali ed economiche di sinistra non sono così popolari come vorrebbero i democratici (https://www.nationalreview.com/…/democrats-get-a-wake…/). Weigel di Semafor scrive che la vittoria di Trump “significa la sconfitta di una strategia che quasi tutti i democratici hanno abbracciato dopo le elezioni del 2016: attuare politiche populiste sul lavoro, sulle tasse e sull’assistenza sanitaria che pensavano potessero riconquistare gli elettori di Obama-Trump e fermare ulteriori perdite con gli elettori non bianchi” (https://www.semafor.com/…/donald-trump-on-track-to-win…)
Vengo infine alla formula di Vitiello, che oggi scrive: “L’unica regola che applicherò a me stesso nei prossimi giorni, e che mi sento di condividere qui in forma di consiglio, è un semplice principio anti-wishful thinking basato sull’introspezione psicologica. Eccolo: se la spiegazione che ti dai della vittoria di Trump ti fa star bene, allora è quasi sicuramente falsa”.
“Già vedo intorno a me – prosegue infatti Vitiello – le schiere di quelli che “il mondo va in rovina, non è più tempo per noi” e di quegli altri che “Harris non era abbastanza di sinistra, serve più socialismo”, e il problema è che gli brillano gli occhi: è segno che hanno trovato conforto. Per parte mia, il solo pensiero che mi consola è che la linea del neotribalismo intersezionale presa negli ultimi anni dalla sinistra americana si è dimostrata suicida, e che finalmente si volterà pagina. Ma appunto, è un pensiero che mi fa star meglio, o un po’ meno peggio. Dunque mi impongo di diffidarne per principio, e nei prossimi giorni leggerò i giornali partendo dal presupposto che sia falso” (https://www.ilfoglio.it/…/se-l-analisi-della-sconfitta…/). Ecco.
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