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Il governo dell’autarchia tra Varoufakis e Rumor

Stefano Ceccanti venerdì 1 Giugno 2018
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di Stefano Ceccanti

 

E’ possibile sommare Varoufakis e Rumor, Le Pen e Gava? La risposta è evidentemente sì. Per spiegarlo ripercorriamo l’itinerario che dalle elezioni ci ha portato sin qui.

 

Una maggioranza sull’asse sovranismo-europeismo

Si è formata una maggioranza non sul tradizionale asse destra-sinistra, ma su quello sovranismo-europeismo, cosa che può stupire, ma che è in obiettiva coerenza coi programmi.

Com’è noto il centro-destra aveva presentato un cappello comune con compromessi equilibristici, ma poi gli ulteriori programmi di Lega e Fratelli d’Italia non lasciavano dubbi. Del resto Salvini aveva vinto il congresso della Lega con lo slogan del recupero della sovranità monetaria. Le stesse cose le diceva il testo integrale del programma M5s nella parte sullo sviluppo economico, in particolare alle pagine 37 e 38 che potete rileggere qui.

Qualcuno, però, i programmi li aveva letti. Segnalo in particolare l’ottimo testo curato da Valbruzzi e Vignati per l’istituto Cattaneo e il Mulino, “Il vicolo cieco”.

 

L’autarchia cuore dei programmi

Spiega tutto la Tabella 10 di pagina 183, con i partiti disposti sulla doppia linea di frattura europeisti-sovranisti e sinistra-destra. Come spiega Valbruzzi gli attori politici in questa campagna hanno inteso riposizionarsi soprattutto su quella “che divide gli europeisti dagli euroscettici”, costruendo, da parte dei sovranisti, una falsa narrazione secondo la quale ci sarebbe un gioco a somma zero tra interesse nazionale ed integrazione europea. Come se i problemi di una politica per lo sviluppo in un Paese esportatore e ad altissimo debito pregresso potessero essere risolti con l’autarchia o il problema migratorio in un Paese che costituisce una frontiera europea. Per di più il sovranismo è in parte fasullo perché si alimenta comunque di rapporti con altri Stati, seguendo però direttrici alternative, come dimostra il patto tra la Lega e il partito Russia Unita che ha almeno una parte esplicita e formale leggibile qui.

Il M5S si è inserito pienamente in questa narrazione. Ciascuno di noi certo conosce elettori provenienti da sinistra che lo hanno votato, ma, come spiega Vignati, le ragioni soggettive sono comunque inquadrate dall’offerta politica del M5S. Essa è strutturalmente “di chiusura” sovranista come dimostrato dalla “paura, diffidenza e chiusura” verso “i flussi migratori” che è intatta sin dalla fase originaria del M5S.

Per queste ragioni erano del tutto irrealistiche, se non pensando erroneamente di poter modificare elementi sostanziali dei programmi altrui, le ipotesi alternative di maggioranze che sono state formulate: sia quella che in un certo momento è stata effettivamente tentata (M5s-Pd), sia quella che è stata solo ipotizzata (appoggio esterno Pd a questo centrodestra a trazione sovranista).

 

Le consultazioni del Quirinale

Nelle consultazioni al Quirinale, lette con quest’ottica realistica che parte dai programmi, erano in gioco solo due veri scenari: o la maggioranza sovranista che si è realizzata o un ritorno al voto con un Governo tecnico elettorale.

Le consultazioni hanno però costretto le forze sovraniste a dissimulare i propri intenti. Per questo bisogna parlare di “sovranismo doroteo”. Tutti hanno capito che la prima bozza era quella vera, coerente coi programmi, quella che per finanziare un programma che non solo è sbagliato in sé e per incoerenza interna (assistenzialismo per poveri, sconti fiscali per ricchi) sfondava qualsiasi tetto di deficit e richiedeva di conseguenza o un cambio nell’impostazione europea o, in mancanza, la possibilità di un’uscita unilaterale dall’Euro, il cosiddetto piano B. In seguito, sia per le reazioni europee sia per i parapetti posti dal Quirinale sia su quella prima bozza sia sulla persona che lo incarnava più coerentemente (Savona) i testi si sono doroteizzati.

 

Un sovranismo ‘doroteo’?

Tuttavia dobbiamo sapere che, alla fine, sotto Rumor resta Varoufakis e sotto Gava resta Le Pen e, in penombra resta anche Putin, non nella parte di vicino con cui avere buona relazioni, ma ben di più.

Per questo il lavoro di opposizione dovrà essere intransigente e chiarire che prima o poi il doroteismo potrebbe svanire e riemergere con forza un sovranismo che è dannoso proprio per quell’interesse nazionale che si dice invece di voler tutelare.

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