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I riformisti al lavoro per l’alternativa di governo

Davide Ragone sabato 1 Febbraio 2025
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di Davide Ragone

Intervento all’Assemblea nazionale di Libertà Eguale, 18-19 gennaio 2025

Credo sia importante che Libertà Eguale organizzi ogni anno questa Assemblea a Orvieto per discutere di idee e progetti concreti, legati a una certa idea della sinistra e dell’Italia, senza smarrire però uno sguardo più ampio su cosa accade nel mondo.

Desidero concentrarmi principalmente su due questioni: lo spazio dei riformisti e il ruolo dei riformisti.

Per quanto riguarda il primo punto partirei da lontano. Libertà Eguale compie 25 anni e, come sappiamo, è in realtà il prodotto di un percorso che comincia ancora prima. Ciò che mi preme evidenziare è che la nascita dell’associazione precede, quindi, quella del Partito Democratico, avvenuta nell’ottobre 2007, partito che nel suo Manifesto dei valori, nella sezione iniziale sulle ragioni del PD, si definisce come una «grande forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e politiche riformatrici del Paese».

Nel DNA della nostra associazione c’è, pertanto, da sempre un’attitudine speciale a favorire il confronto e a unire figure con ideali e metodi riformisti, che portavano avanti il loro impegno politico in forze diverse prima del PD e magari lo fanno anche adesso dopo che, a partire dal 2018-2019, si è intensificato il processo di “diaspora dei riformisti”. Oggi, parafrasando il poeta, potremmo chiederci infatti: «e i tuoi riformisti, se esistono, ci sono od ormai si son persi, confusi e legati a migliaia di mondi diversi»…

Quindi innanzitutto sì, i riformisti ci sono e condivido la relazione di Claudia Mancina, che ha sottolineato come «non siamo una corrente di partito, ma un luogo di raccolta e di discussione per tutti i riformisti». Ritengo, infatti, che sia una ricchezza e un’opportunità avere l’occasione di ascoltare voci anche sensibilmente diverse, pur all’interno di un perimetro di massima, ma al tempo stesso sono profondamente convinto che questa battaglia intellettuale debba svolgersi non soltanto a favore del centrosinistra, ma, più nello specifico, nel sostegno alla proposta del partito che di quel campo rappresenta il soggetto più forte, credibile e radicato nella storia del Paese.

Ogni albero ha il diritto di sognarsi foresta, ma, per quanto l’albero di Libertà Eguale abbia radici profonde e sia cresciuto rigoglioso, è decisivo individuare un interlocutore privilegiato con cui strutturare una dialettica positiva sulle questioni programmatiche e sui temi di merito: l’esito di questo lavoro potrà poi ragionevolmente innervare l’intero campo e, proprio alla luce delle riflessioni che sto ascoltando in queste ore, questa special relationship non può che essere con il PD, aggiungerei con quello reale e non con quello ideale.

Sul secondo punto cerco di essere più rapido e parto dal confronto con l’iniziativa che si sta svolgendo in contemporanea, organizzata dall’area politica del senatore Graziano Delrio. La stampa ha, infatti, ripetutamente accomunato il nostro evento di Orvieto con la discussione in corso a Milano e noi abbiamo in qualche misura valorizzato la sopravvenuta concomitanza con alcuni collegamenti, volti giustamente a tenere ben più di un filo di dialogo.

La mia sensazione però è che si tratti di progetti ben distinti, al di là di un minimo comune denominatore fondato su due elementi: la necessità di una «conquista dinamica degli elettori centrali» – per riprendere una bella formula di Stefano Ceccanti – e poi la preoccupazione per il futuro della democrazia, trattata nella relazione di Giorgio Tonini. A Milano il punto di partenza dell’iniziativa è legato all’identità cattolica, che però non necessariamente si traduce in una coerenza di idee. Oggi in politica non è, infatti, la fede religiosa a determinare un certo posizionamento su una questione e si corre invece il rischio di “a ciascuno il suo cattolico” con uno sfarinamento per cui ci sarà quello liberale, quello radicale, quello inoffensivo, quello maturo e così via, senza significativi effetti attrattivi su pezzi di elettorato.

A Orvieto stiamo portando avanti un lavoro un po’ diverso anche in una cornice più chiara, dato che è un appuntamento periodico e qui non si avverte l’esigenza di smentire ricerche di federatori o creazioni di nuovi partiti, proprio perché è evidente che si stia puntando sul “che fare?” con proposte di contenuto. Questa Assemblea si chiama, infatti, “idee per una sinistra di governo” e quindi semmai c’è la volontà di rispondere ai vari moniti lanciati in questi giorni: c’è Luigi Zanda in sala, ma penso anche alla denuncia un po’ ingenerosa di Romano Prodi per il quale «da due anni il centrosinistra è muto sui programmi futuri».

Non penso che siamo all’anno zero di un progetto credibile, ma non credo neanche alla inesorabilità della vittoria delle forze progressiste. Se Michele Salvati ci ha insegnato che «il riformismo non è moderatismo», posso dire tranquillamente che sono d’accordo con le dichiarazioni di Enrico Morando per cui dobbiamo lavorare a una «piattaforma per una proposta credibile di alternativa di governo al centrodestra», proposta che al momento ancora non c’è o è quantomeno incompiuta. Si tratta di un vasto programma, ma a partire dai lavori di questa due giorni, sono fiducioso si possa fornire un contributo assolutamente significativo.

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