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Il destino della Siria dopo l’annuncio di Trump sulle sanzioni

Alessandro Maran domenica 18 Maggio 2025
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di Alessandro Maran

 

La Siria è sotto il peso delle pesanti sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione Europea, alcune delle quali risalgono a decenni fa (https://www.mei.edu/…/comprehensive-review…).
Mentre il Paese cerca di ricostruirsi sotto il suo ancora giovane governo costituito dai ribelli, il presidente americano Donald Trump ha annunciato in Arabia Saudita la sua intenzione di revocare le sanzioni statunitensi alla Siria, affermando che ciò “darà loro la possibilità di fare grandi cose” (https://www.cnn.com/…/politics/syria-sanctions-lift-trump).
Al discorso ha fatto seguito un incontro tra il presidente degli Stati Uniti e il presidente siriano ad interim Ahmad al-Sharaa, che ha guidato il gruppo combattente islamista che ha rovesciato il dittatore Bashar al-Assad a dicembre (https://www.cnn.com/…/trump-syria-president-meeting-vrtc).
Sarà ovviamente un sollievo. “La Siria è aperta agli affari, il suo popolo è desideroso di investire, ricostruire e consumare”, ha scritto di recente Rasha Elass, la giornalista siriana direttrice editoriale della rivista New Lines Magazine, dopo aver trascorso il mese di aprile nella sua città natale, Damasco (https://newlinesmag.com/…/postwar-syria-is-still…/). “Ma le sanzioni economiche statunitensi originariamente imposte al regime di Assad, ora detronizzato, rimangono in vigore, impedendo qualsiasi significativa ricostruzione postbellica (…) Esse colpiscono ogni settore e aspetto della vita umana, dalla medicina alle telecomunicazioni e al commercio al dettaglio, dai trasporti alla finanza e all’edilizia”. Quest’ultimo settore, l’edilizia, è particolarmente importante poiché le infrastrutture siriane sono anzitutto obsolete e gran parte di esse sono state distrutte durante la feroce guerra civile durata 13 anni, ha scritto Elass.
Secondo Natasha Hall, esperta del CSIS | Center for Strategic & International Studies (ed ex ospite di GPS, il programma della CNN condotto da Fareed Zakaria: https://www.cnn.com/…/gps1208-syrias-impact-on-iran-and…), non è del tutto chiaro se Trump possa revocare tutte le sanzioni americane da solo, poiché alcune di esse sono previste per legge. Ma, come ha dichiarato al Global Briefing di Chris Good e del team di GPS, può fare molto attraverso azioni esecutive e deroghe.
Trump può aiutare la Siria anche in altri modi. Nelle ultime settimane la Siria ha subito attacchi aerei da parte di Israele (https://www.france24.com/…/20250503-un-envoy-urges…) e gli Stati Uniti potrebbero premere su Israele affinché li fermi o li riduca (Trump ha esortato Sharaa ad aprire le relazioni con Israele nel quadro degli Accordi di Abramo: https://www.timesofisrael.com/trump-urges-syrias-al…/). Gli investimenti dei ricchi paesi mediorientali potrebbero aiutare la ricostruzione della Siria. Hall osserva che il momento, il luogo e l’elevata visibilità dell’annuncio di Trump sulla revoca delle sanzioni – fatto durante il primo viaggio all’estero del suo secondo mandato, nei ricchi paesi dell’Arabia Saudita, del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti – potrebbero dare il via libera ai potenziali investitori del Golfo che attendevano la tacita approvazione degli Stati Uniti per avviare progetti in Siria. “Per la Siria questa è una grande occasione perché era difficile far entrare denaro nel paese”, anche per le organizzazioni umanitarie a cui sono già state concesse esenzioni dalle sanzioni, afferma Hall. La mossa di Trump “aiuterà le ONG, ma immagino anche gli investitori”.
Un ostacolo significativo alla ripresa nazionale della Siria e al suo pieno rientro nella comunità internazionale – e alla sua richiesta di una revoca delle sanzioni – è stata la fragilità della sua pace interna. A marzo, dopo che un’imboscata ha ucciso 14 agenti di polizia, gli alawiti (la setta minoritaria a cui appartiene il deposto dittatore Bashar al-Assad) sono stati massacrati nella regione costiera vicino a Latakia (https://www.cnn.com/…/syria-massacre-alawite-minority…). Sharaa ha promesso di indagare e di perseguire i responsabili. Alla fine di aprile, nuove violenze settarie contro la minoranza religiosa drusa siriana hanno ucciso almeno una dozzina di persone a Damasco (https://www.france24.com/…/20250430-deadly-clashes…).
“Il nuovo presidente del Paese (…) ha cercato ripetutamente di rassicurare le minoranze religiose siriane, affermando di volere pace e pluralismo”, scrive Robert F. Worth su The Atlantic. “Ha ottenuto un inaspettato sollievo sul fronte economico ieri, quando il presidente Donald Trump, in visita negli stati del Golfo, ha accettato di revocare tutte le sanzioni americane alla Siria. Ma sembra incapace di porre rimedio ai difetti strutturali che hanno alimentato la violenza degli ultimi mesi. Il suo neonato stato è troppo centralizzato e troppo dipendente da ex jihadisti che non riesce a controllare” (https://www.theatlantic.com/…/syria-jihadist…/682796/).
Michael Young ha scritto di recente per il blog Diwan del Carnegie Endowment for International Peace: “La domanda, per le altre minoranze, è : ‘Si fermerà agli alawiti?’. Lo scontro con i drusi ha dimostrato a tutti che non è così. Quest’ultimo incidente non si è limitato alla violenza. Gli scontri sono stati accompagnati da una sconvolgente ondata di spontanea ostilità settaria sui social media: i drusi sono stati accusati di collusione con Israele, di alleanza con i lealisti dell’ex regime, di attacco immotivato ai servizi segreti” (https://carnegieendowment.org/…/misunderstanding-syrias…).
“I recenti disordini in Siria hanno riacceso il dibattito sul destino delle minoranze nel Paese e hanno attirato l’attenzione sia internazionale che israeliana”, ha scritto di recente Armenak Tokmajyan, sempre per Diwan. “Questi sviluppi hanno incarnato i molteplici problemi della Siria dalla caduta del regime di Assad (…) Il problema non è solo l’assenza di uno Stato funzionante o di uno stato di diritto, ma una profonda mancanza di fiducia” (https://carnegieendowment.org/…/minority-retort-in…).

“In sostanza, la Siria è a un massacro di distanza, a un omicidio di vigilantes di distanza dall’andare a fuoco”, ha dichiarato Hall al Global Briefing. “La risposta a questo è non permettere che influenze esterne nefaste alimentino queste tensioni, (ma piuttosto) sostenere la Siria e le comunità minoritarie per rendere sicuro il Paese”, che è “pieno di traumi e disperazione, di armi e poco altro”.

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