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Il discorso di Conte: un’ora e mezza di buoni propositi

Carlo Fusaro lunedì 9 Settembre 2019
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di Carlo Fusaro

 

 

Un’ora e mezzo sulla falsariga delle precedenti prestazioni (ad eccezione della celebre intemerata antiSalvini): questo il giudizio complessivo sul discorso di Conte, oggi alla Camera. Al Senato si risparmieranno la sua ora e mezzo di buoni propositi sull’universo mondo, beati loro.

Dice che Conte si ispiri ad Andreotti: il che come capite un po’ è un complimento, un po’ un’offesa. Fate voi. Certe tre cose: primo, come longevità di carriera i due sono all’opposto; secondo, come astuzia e spregiudicatezza politica… vabbè siamo ancora ad amatori contro professionisti; terzo, ci siamo – invece – in pieno come oratoria parlamentare.

Ne ho sentiti tanti di discorsi programmatici! Ma tanti: diciamo che non credo di essermene perso uno almeno da 45 anni in qua. Più noiosi di questo ne ricordo pochi: certo, il Conte1 che fu davvero tragico. E… appunto alcuni di Andreotti. [Di Rumor, Colombo e del povero Moro ho solo ricordi troppo sbiaditi…]

Forse è un segno del cambiamento verso una maggiore sobrietà, anche di linguaggio. Sulla quale in effetti Conte ha insistito in più passaggi: condivisibili nella misura in cui si tratta di smetterla contro la politica emotiva, urlata, drogata, fatta di slogan vuoti e di offese reciproche.

Ma naturalmente una cosa è dar vita a una ritrovata stagione di politica “normale”, altra cosa rinunciare anche a qualsiasi tentativo di slancio oratorio: anche i più razionali fra noi, ogni tanto un’emozione la vogliono vivere quando sentono il leader politico del loro paese.

Insomma, meno emozionante di Merkel (e ho detto molto). Meno emozionante forse anche di Prodi (e ho detto tutto). Nulla a che fare coi Macron, i Sanchez, gli Obama… Nulla a che fare neppure coi Renzi, i Craxi, i Cossiga, gli Spadolini e via dicendo.

C’è stato secondo me, un solo momento come usa dire “alto”: quando con parole convincenti e finalmente vagamente appassionate e non costruite, Conte2 ha difeso le ministre offese dalla teppaglia macho del web (Teresa Bellanova, Paola De Micheli).

Il resto è stato noia, catalogo di ovvietà, scelte nascoste da parole suscettibili di interpretazioni incerte. Qualche eccezione c’è stata: no alle trivellazioni per cercare nel mare idrocarburi, sì a procedere contro Autostrade per il ponte, sì alla banca pubblica per il Sud (ahi ahi ahi), sì al piano straordinario di assunzioni di infermieri e medici (dio sa se ce n’è urgenza e bisogno). Poi tutto: dico tutto, dagli asili nido agli istituti di cultura all’estero per finire alle celebrazioni nel 2021 di Dante Alighieri…

Dove Conte2 è stato chiaro ed efficace è stato (sempre con parole in equilibrio fra annunciare una scelta ma poi anche aggiungere, “senza però trascurare…” un’altra, diversa: ma quello è lo stile, incluso un orrendo “ricordo a me stesso” da azzeccagarbugli di ex-pretura); dicevo dove è stato sufficientemente chiaro è stato nella rimessa in linea dell’Italia con le sue scelte strategiche fondamentali: Unione Europea, Nato, alleanza con gli USA (tie’ Putin) e impegno nel Mediterraneo allargato.

E’ quest’ultima la cifra del Conte2. Ed è – davvero – la cosa che più conta. Il resto può piacere e non piacere (a me piace fino a un certo punto, non credo che quelle sian le cose di cui l’Italia ha PIU’ bisogno, anche ma non più), ma si resta comunque nel vago e ciascuno dei soci spingerà da una parte o dall’altra. Io spero sempre che i riformisti che nel governo ci sono sappiano farsi valere.

Concludo. A me piacciono (anche come arte se mi permettete) i grandi discorsi parlamentari, fatti di parole alte, scelte nitide, focus sulle grandi cose che contano e che distinguono, fatti della capacità sublime di illuminare la testa ma al tempo stesso di aprire i cuori. (Perché non devi fare solo l’elenco di ciò che intendi fare, ma muovere cittadini e società a sostenerti, a mobilitarsi.)

Ebbene, cari lettori: i 90 minuti 90 di pagine gialle di cosa fare in Italia del nostro Giuseppe Conte2 non appartengono a quel genere.

Contentiamoci, e vediamolo coi suoi ministri all’opera.

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