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Il governo giallorosso e “l’integrità della Repubblica”

Lorenzo Gaiani lunedì 9 Settembre 2019
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di Lorenzo Gaiani

 

Non mi pento minimamente di aver preso posizione contro l’idea di un Governo 5stelle-PD un anno fa. All’indomani di quel disastroso passaggio elettorale, con i grillini trionfanti, con una classe intellettuale “de sinistra” asservita (la stessa che oggi dai suoi giornaloni spara a zero sul nuovo Governo e sul PD che avrebbe “perso il popolo”, come se loro il popolo sapessero cos’è), con un Partito democratico senza guida e allo sbando, quel Governo sarebbe stato la tomba definitiva del riformismo italiano.

I quattordici disastrosi mesi del Governo carioca, oltre ad aver pesantemente danneggiato l’immagine internazionale e la struttura economica del nostro Paese, hanno evidenziato tutti i limiti ed i punti deboli del Movimento, e su questi si potrà fare aggio anche collaborando con esso.

Per il resto il M5S rimane quello che è, il frutto di un inquietante esperimento mediatico-finanziario-politico, guidato da una classe dirigente da operetta che a livello locale, dove governa, è capace solo di fare danni di ogni genere. Aggiungiamo il fatto che ben prima dell’avvento di Salvini e della “Bestia” di Morisi sono stati i grillini – e spesso Grillo in prima persona – a sdoganare la logica dell’insulto personale, dell’insinuazione, dell’assalto sistematico alla scienza e alla competenza, delle campagne diffamatorie mirate come quella contro Ilaria Capua. Per tacere di veri abomini verbali come “i Taxi del mare” e “il partito di Bibbiano”, ambedue frutto della fertile mente di Luigi Di Maio.

E allora perché accettare oggi l’idea di un Governo con questa gente?

E’ abbastanza noto che nessun sondaggio indicava altro in caso di elezioni anticipate che una vittoria di un centrodestra a trazione leghista, favorito dall’attuale legge elettorale. Si fosse trattato di una normale alternanza elettorale, nulla di male, soprattutto in considerazione del prevedibile crollo dei grillini e del rafforzamento del PD come forza egemone dell’opposizione.

Ma qui ci trovavamo di fronte a ben altro: la svolta estremista di Salvini, il pieno inserimento della nuova Lega sovranista in un “reseau” internazionale forse diretto da una Potenza ostile e finalizzato ad allentare se non ad annullare le tradizionali alleanze atlantiche ed europee del nostro Paese implicava anche – di fatto, prima ancora che di diritto – un progressivo venir meno di quei principi di democrazia liberale che dal 1948 in poi sono stati il presidio delle pubbliche libertà di questo Paese, provocando una vera e propria crisi sistemica delle istituzioni

Illazioni, si dirà, ed è possibile. Ma il solo sussistere di un granello di dubbio – e Salvini ed i suoi con le parole, gli atti e le allusioni mirate hanno seminato ben più di un granello – ha reso necessaria da parte del PD, partito costituzionale per tradizione e forza responsabile per vocazione, una scelta in stato di eccezione che si ispira (non sembri eccessivo) all’espressione usata da Augusto duemila anni fa nelle sue “Res gestae”: Ne reipublicae detrimentum caperet, affinché non sia danneggiata l’integrità della Repubblica.

Questo Governo deve essere considerato quindi come un passaggio necessario per mettere in sicurezza la Repubblica in questo difficile passaggio, scegliendo fra due mali il minore, ma senza farsi soverchie illusioni, e senza beninteso venir meno alle differenze, spesso radicali, che ci dividono dai nostri temporanei partner.

E poi, chi vivrà vedrà.

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