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Immigrati: se la politica non legge i fatti

Natale Forlani lunedì 11 Febbraio 2019
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di Natale Forlani

 

La discussione politica in Italia sul tema dell’immigrazione oscilla tra il considerare gli “stranieri” come la fonte di tutti i mali (tipo: “ci portano delinquenza, ci rubano il lavoro”) o, all’opposto, l’attribuire loro una sorta di ruolo salvifico per la nostra nazione (della serie: “fanno i lavori e i figli che gli italiani non vogliono fare e ci pagano le pensioni”).

La qualità del dibattito non è eccelsa. E la conoscenza dei fenomeni migratori è in generale molto scarsa, mezze verità, molti luoghi comuni.

 

Il reddito di cittadinanza è incostituzionale

Prendo lo spunto dal recente provvedimento del Reddito di cittadinanza per fare una riflessione di carattere generale sul tema.
Nella platea beneficiari del provvedimento, i famosi 5 mln di persone in condizioni di povertà assoluta, l’Istat stima che circa 1,6 mln siano extracomunitari o neocomunitari. Con un peso rilevantissimo nelle aree del nord Italia (oltre il 40% sul totale dei potenziali beneficiari).

Ebbene, gli estensori del provvedimento, per limitare l’accesso degli immigrati al sussidio, introducono la norma di vincolare la presentazione delle domande solo per i richiedenti che abbiano una regolare residenza nel nostro paese da almeno 10 anni. L’obiettivo dichiarato è quello di delimitare l’accesso agli immigrati e, in effetti , la norma produrrebbe in tal senso un sostanziale dimezzamento della platea. Ma, cosa singolare, il numero dei potenziali beneficiari, secondo la propaganda ufficiale rimane sostanzialmente inalterato.

La norma introdotta è palesemente incostituzionale perché l’impedimento all’accesso delle prestazioni sociali per gli stranieri lungo soggiornanti è sancito dalle direttive europee e, in tal senso, si è già pronunciata in più occasioni la nostra Corte Costituzionale. Ma per i nostri attuali governanti si vede che questi stranieri non esistono.

 

Gli stranieri non esistono

Ma, altra cosa singolare è che, nella fattispecie, non esistono nemmeno per la sinistra italiana. Non è una disattenzione. Semplicemente perché, dopo aver sostenuto che abbiamo bisogno di nuovi immigrati per risolvere i problemi del nostro mercato del lavoro e del welfare italiano, è difficile prendere atto del contrario.

E cioè, come rilevato dall’Istat, che i due terzi di questa popolazione è in condizioni di povertà assoluta o del rischio di diventarlo. In poche parole che dobbiamo porci seriamente il tema di come, doverosamente, rendere sostenibile la condizione di lavoro, di reddito e di integrazione sociale della popolazione immigrata già residente in Italia.

Dati i miei trascorsi professionali, mi sono occupato del tema per qualche anno, ho cercato di analizzarlo, di documentare il fenomeno e le sue cause distinte anche per le diverse comunità di origine, di sensibilizzare le autorità politiche di turno. Non vi dico gli improperi che ho ricevuto dall’intero arco politico, quando sollecitavo la destra a potenziare le politiche attive del lavoro per gli immigrati residenti, anche per evitare un eccesso di interventi assistenziali, ovvero quando sollecitavo la sinistra a prendere atto che l’introduzione di nuove quote di ingresso per immigrati a bassa qualificazione avrebbe prodotto danni nel mercato del lavoro soprattutto per gli immigrati già residenti.

 

Guai ai fatti!

Ma in Italia funziona così. Analizzare i fenomeni, valutare i problemi e i fabbisogni e adottare politiche coerenti, è un lusso che non ci possiamo consentire. Vale per la povertà, come per l’immigrazione e il mercato del lavoro.

Molto meglio, e politicamente produttivo, lavorare sulle percezioni, i pregiudizi, i luoghi comuni, costruire un immaginario collettivo falsato. Come si suol dire… e se i fatti sono diversi, peggio per loro!

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