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La cultura politica di Papa Leone XIV

Giovanni Cominelli martedì 13 Maggio 2025
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di Giovanni Cominelli

 

Con quali categorie di cultura politica Papa Leone XIV è entrato nell’arena del mondo?
Non dovrebbe stupire i geopolitologi, se Papa Leone XIV si è presentato proferendo dalla Loggia il primo messaggio che il Vangelo attribuisce al Cristo appena risorto: “la pace sia con voi”.
Queste tre parole non sono un mantra rituale. Il Papa annuncia il Messaggero e il messaggio. Si tratta di un “programma politico”, perché genera conseguenze sul modo di stare nel mondo dei credenti e della Chiesa.
Quelle parole non sono l’involucro posticcio di un programma di azione nel mondo attribuibile alla Chiesa, che un opinionista è chiamato a valutare e a giudicare, in relazione a propri parametri ideologici e agli effetti concreti che esse dispiegano.

Il messaggio è la centralità di Gesù

Il messaggio è la centralità di Gesù Cristo, la cui storia è segnata dall’Incarnazione e dalla Resurrezione, quale statuita dal Concilio di Nicea – oggi Iznik, Turchia – nel 325.
Certo, solo una minoranza di esseri umani (un miliardo e quattrocentomila) su otto miliardi condivide quella “Buona Novella”, ma le conseguenze filosofiche e etiche che ne vengono per quella che Agostino chiama “la Città dell’uomo” non si possono comprendere realmente senza quei fondamenti.
La prima conseguenza è uno sguardo sul mondo, cioè una filosofia della storia. La Storia non scorre tutta qui, immanente e visibile, sotto i nostri occhi, dietro e davanti a noi. C’è una trascendenza. C’è un Oltre.
E perciò noi non afferriamo con un solo colpo d’occhio tutta la sfera ben arrotondata dell’Essere – il sogno di Parmenide! – ma solo quella che ci sta davanti. Donde il senso del limite e della finitudine umana. Nessun “Homo Deus” alle viste. Da questa teologia cristologica nasce lo sguardo della Chiesa sulla persona, sulla società, sulla politica, sul mondo.

L’antropologia cristiana

Siamo in pellegrinaggio verso Altro. Diversamente dal pensiero nichilistico dell’ultimo Occidente, l’uomo non è sentiero e vagabondaggio, ha una meta: “ineuntes, exeuntes, peregrinamur in terris”.
Dall’esperienza della finitudine in pellegrinaggio nasce la fratellanza, il riconoscimento dell’altro in un destino condiviso e, perciò, della pari dignità degli individui.
Da questa teologia nasce l’antropologia originale del Cristianesimo, che lo differenzia rispetto a religioni quali l’Islam, l’Induismo, il Buddismo, lo Shintoismo e al Confucianesimo, alcune delle quali non sono da considerarsi una religione, perché non prevedono la Trascendenza.
Se l’ecumenismo teologico nelle relazioni tra queste religioni risulta relativamente facile – si tratta di mettersi d’accordo su Dio – meno facile risulta mettersi d’accordo sull’antropologia, perché la Chiesa cristiana è un passo avanti nell’affermazione delle libertà umane rispetto ai poteri del mondo. Più è netto il senso della trascendenza, più forte è il senso della libertà umana.
Qui nasce l’etica della responsabilità e della colpa, l’etica dell’Occidente. Della quale la migliore formulazione l’ha elaborata il pensatore ebreo Hans Jonas: “Che in nessuna sfida dell’agire umano l’essenza e l’esistenza dell’uomo siano mai la posta in gioco”.
Dal “De Dignitate hominis” di Pico della Mirandola del 1486 alla “Dichiarazione sulla Dignitas infinita” di Papa Francesco del 25 marzo 2024 l’albero della libertà/dignità umana affonda le sue radici in quel messaggio cristiano, ben prima che l’Illuminismo e il Liberalismo e l’intera epoca moderna ne raccogliessero i frutti, pur contestandone sempre più accanitamente le radici.

Verso una “Rerum Novarum 5.0”?

A qualcuno, a sinistra, è passato un brivido lungo la schiena, quando dall’alto della Loggia è stato annunciato il nome del nuovo Papa, che con audace salto all’indietro ha ripreso la serie dei Leone.
Leone XIII è stato il Papa della “Testem Benevolentiae”, scritta nel 1889 per denunciare un pericolo che minacciava la Chiesa alla fine del XIX secolo, cioè “l’americanismo”.
Eccoci dunque “l’anti-Trump” o, se vogliamo rifarci a Leone Magno, ecco “l’anti-Attila-Trump”? Curtis Yarvin, un blogger che si spaccia per teologo, grandemente influente presso la corte di Trump, si è già chiesto quale diritto abbia un papa di nominare dei Vescovi negli Usa… Xi Jin Ping ha già deciso che i vescovi cinesi li nominerà lui direttamente.

Leone XIII ha firmato l’Enciclica “Rerum Novarum” del 1891, dedicata alle questioni del lavoro e, più in generale, alle conseguenze umane e socio-economiche della seconda fase ottocentesca della Rivoluzione industriale, incominciata nel 1764.
Eccoci, dunque, il nuovo Papa sociale? Steve Bannon lo ha già definito papa comunista. In realtà, Papa Leone XIV ha esplicitamente dichiarato di rifarsi alle stesse preoccupazioni del suo lontano predecessore, oggi aggravate dall’avvento dell’intelligenza artificiale. Dunque, niente scomposti brividi alla Bertinotti! E non solo perché la “Rerum Novarum” del 13 maggio 1891 fu concepita in competizione e in alternativa con la cultura politica del Movimento operaio di quegli anni, che nel 1892 si accingeva a organizzarsi a Genova come “Partito dei Lavoratori Italiani”, dal 1895 denominatosi PSI, e che era influenzato dall’Anarchia, dal Socialismo e dal Comunismo.

La preoccupazione di preservare la dignità umana

Il fatto è che per la Chiesa la prima fondamentale preoccupazione non è quella di definire un progetto di società, di organizzazione economica e di statualità, ma quella di preservare la dignità umana, sotto qualsiasi cielo.
Dalla Quadragesimo Anno del 1931, alla Octogesima Adveniens del 1971, alla Laborem exercens del 1981 alla Centesimus annus, 1° maggio 1991, l’idea è che il lavoro non è solo fatica, sudore, sfruttamento, ma anche progetto, partecipazione all’azione creatrice di Dio, generatività, liberazione.
Del resto, produrre ricchezza è un bene: “non è un peccato possedere ricchezze, ma confidare in esse”. Così sant’Agostino. E San Tommaso conferma, distinguendo tra “usus” e “dominium”, il primo “naturale”, il secondo da regolare.

I nodi irrisolti della Chiesa “semper reformanda”

Dopo la rottura epocale del Concilio Vaticano II, che riportò la Chiesa nell’arena del presente, tutti i Papi successivi a Giovanni XXIII hanno tentato l’impresa di riformare la struttura ecclesiastica progettata e realizzata dal Concilio di Trento (1545-1563).
I nodi irrisolti sono più d’uno: assetto istituzionale monarchico-assoluto – modello per l’assolutismo laico- oppure conciliare? Basterà “la sinodalità”, i cui termini al momento appaiono tutti o quasi da definire? Solo i maschi possono fare i preti? Difficile radicare nel Vangelo una tale affermazione.
Forse ha più a che fare con il tradizionale primato del maschio nella storia della specie e, in particolare, nella cultura semitica. Celibato dei preti? Forse c’entra più con il modello del monachesimo orientale che con il Vangelo, di nuovo. E se “sacerdoti” si dovessero definire tutti i fedeli e non solo un ceto selezionato e gerarchico?
Sciogliere i nodi non sarà facile neppure per Leone XIV.
La storia della Chiesa non è mai stata tranquilla. Il popolo cristiano è sempre stato rissoso. E quando la religione faceva tutt’uno con il destino dello Stato, i cristiani si sono reciprocamente massacrati all’insegna di bandiere nazionali.
Ma, intanto, prendiamo sul serio l’esortazione di Sant’Agostino, che ieri il nuovo Papa ci ha riproposto: “Viviamo bene i tempi. E i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”.

 

Articolo pubblicato il 13 maggio 2025 su www.santalessandro.org

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