La rivoluzione ucraina, nota anche come Euromaidan e rivoluzione della dignità, iniziò con proteste di massa a Kiev il 21 novembre 2013, in risposta alla decisione del presidente filorusso Viktor Janukovyč di sospendere i negoziati per un accordo di associazione con l’Unione Europea (decisione attribuita alle pressioni da parte della Russia). Le proteste culminarono in scontri violenti e, infine, nella fuga di Janukovyč dal paese il 22 febbraio 2014.
Nel suo libro, Marci Shore ricostruisce nel dettaglio le vicende del movimento di Euromaidan (che sono l’antefatto della guerra che oggi l’Ucraina è costretta a combattere) e racconta, attraverso le testimonianze dirette di attivisti, cittadini e soldati, com’è fatto un momento rivoluzionario, il “miracolo” di una rivoluzione, cioè quell’esperienza che, come osserva Tommaso Tuppini recensendo il volume sul Foglio, “giovani, vecchi, intellettuali e persone comuni, dalle nostre parti rimpiangono oppure idealizzano con insistenza” (https://www.ilfoglio.it/…/leggere-il-volume-di-marci…/).
“«Sono passati soltanto due anni da quando le fiamme della rivoluzione ungherese hanno illuminato l’immenso paesaggio del totalitarismo postbellico. Un evento che non si può misurare nei termini immediati della vittoria e della sconfitta, perché quel che gli conferisce grandezza è la tragedia a cui ha dato vita». Queste parole, scritte da Hannah Arendt nel 1958, a due anni dagli eventi che portarono nel 1956 alla sollevazione del popolo di Budapest contro la dittatura filosovietica, potrebbero essere utilizzate oggi per ricordare l’anniversario della rivoluzione ucraina di Euromaidan, iniziata ormai undici anni fa, il 21 novembre 2013, sul Maidan Nezalezhnosti, l’enorme piazza Indipendenza situata al centro di Kyiv, in Ucraina”, osserva Guaraldo. “Fatte le debite distinzioni – nel 1956 si era in piena Guerra fredda, Stalin era morto da tre anni, Chruščëv prometteva un nuovo corso per l’Unione Sovietica – entrambe le rivoluzioni si sono innescate come spontanee iniziative di reazione ad anni di mortificazione, umiliazione, oppressione ideologica e militare da parte di una potenza straniera, allora l’Unione Sovietica, oggi la Russia”.
“La guerra a cui stiamo assistendo – scrive la studiosa del pensiero di Hannah Arendt – iniziata in realtà nel 2014, proprio in seguito alla rivoluzione di Euromaidan e in reazione a essa [6], è il manifestarsi contemporaneo di una politica imperiale che ha assunto nella storia russa tratti differenti, ma che sostanzialmente non ha mai conosciuto soluzione di continuità da Caterina II in poi [7]. L’abbiamo vista di recente all’opera in Bielorussia, con la durissima repressione del movimento democratico di protesta insorto nel 2020; la vediamo oggi, dicembre 2024, in Georgia, con la altrettanto dura repressione delle manifestazioni di protesta da parte di un governo filorusso confermato da elezioni irregolari. Ciò che accomuna le diverse iniziative di piazza che stanno riattivando lo spazio politico postsovietico è innanzitutto una rumorosa richiesta di libertà politica. Ad Arendt queste piazze piacerebbero molto”.
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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