di Alessandro Maran
Tra i nuovi libri sulla guerra in Ucraina, “La Russia contro la modernità”, il saggio agile ed incisivo di Alexander Etkind (attualmente docente di Relazioni internazionali e Storia alla Central European University di Vienna) è forse il più stimolante (
https://www.bollatiboringhieri.it/…/alexander-etkind…/). Anche perché, come scrive Luigi Zoja nella prefazione, “lo studio di una degenerazione autoritaria è davvero affidabile e completo se nasce dall’interno della società deformata, non dagli osservatori lontani. Quello sul fascismo nacque con Borgese, non con Churchill; quello sul colonialismo con Fanon, non con Sartre”.
La guerra di Putin è un’«operazione speciale» contro il popolo ucraino, la sua entità statale la sua cultura, ma è anche un’operazione più ampia, diretta contro la modernità, sostiene Etkind. Il suo obiettivo più ampio è fermare l’evoluzione globale verso la consapevolezza climatica, la transizione energetica e la rivoluzione digitale. Attraverso il commercio di petrolio e gas, la diffusione della corruzione, l’incremento delle disuguaglianze e dell’omofobia, il finanziamento di movimenti di estrema destra nel mondo e la distruzione dell’Ucraina, Putin mira ad arrestare la trasformazione globale in atto nelle società moderne e a consolidare un modello autoritario di «paleomodernità».
Lo storico e psicologo russo esperto di studi culturali, distingue in questo libro illuminante tra la «paleomodernità», basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili e sulle gerarchie centralizzate, e la «gaiamodernità», fondata sulla transizione energetica, sulla decentralizzazione e su un rapporto più sostenibile con il pianeta ed elabora il concetto di “stopmodernismo”. Analizzando il negazionismo climatico, le interferenze elettorali, le campagne militari e le strutture sociali della Russia contemporanea, Etkind evidenzia infatti i meccanismi con cui l’attuale regime russo cerca di resistere a ogni costo al progresso globale.
Con una sintesi incisiva e uno sguardo interdisciplinare, la disamina dello studioso rivela quanto siano profonde le radici della guerra russa in Ucraina e quanto stretto sia il legame tra quest’ultima e la crisi climatica, le trasformazioni che connotano la nostra epoca e l’ostinato tentativo putiniano volto a “demodernizzare” il mondo di oggi.
Restano due domande. La prima è la domanda che ha posto lunedì scorso nella newsletter La Linea,
Francesco Cundari a proposito della limitazione dei diritti civili in Ungheria e della causa prima di questa involuzione autoritaria: “Come è possibile che tanti politici, giornalisti e semplici cittadini non siano capaci di unire i puntini? Quello che abbiamo davanti è un unico fronte, con un’unica bandiera e un unico programma ideologico: è l’internazionale sovranista e populista che ha il suo vero leader in Vladimir Putin. È il Medioevo in armi”. La seconda è la domanda che ha posto
Thomas Friedman sul
New York Times il 22 giugno scorso all’indomani dell’attacco americano contro i siti nucleari iraniani: “Il Presidente Trump capisce da che parte sta Putin in questa lotta globale?”. Il guaio è che forse lo sa benissimo.
Da leggere, datemi retta.
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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