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L’innovazione erede del passato

Danilo Di Matteo giovedì 14 Gennaio 2016
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quasimodo La polemica epistolare fra Gaetano Salvemini (Giovanni Giolitti, egli affermava, ha lasciato all’Italia più gobbi di quanti ne avesse trovati) e Giolitti stesso (quando il sarto cuce un abito per un gobbo, l’abito stesso deve essere gobbo) è una metafora esemplare del rapporto fra il leader politico e il contesto nel quale opera.

L’obiettivo del premier Matteo Renzi potrebbe esser quello di ridurre i gobbi da lasciare in eredità al paese, adattandosi nel contempo alla realtà. E già ora l’ex sindaco di Firenze risponde con prontezza ed efficacia a ogni sfida: dai flussi migratori nel Mediterraneo ai mal di pancia interni al Pd, fino all’esigenza di dar vita a una coalizione di eurosocialisti. Per non dire del terrorismo globale. Le idee guida? Modernizzazione, equità, opportunità, sicurezza.

Qui giunti, ci si potrebbe chiedere: il nostro resta un paese gobbo, bisognoso di un abito deforme? Da un lato, tutte le grandi democrazie occidentali presentano le loro anomalie. In tal senso l’Italia non dovrebbe nutrire alcun complesso, né di inferiorità, né di superiorità. E i “gobbi storici”? Dal dissesto idrogeologico a una certa arretratezza sui temi etici? Andrebbero affrontati e superati, con la gradualità e i tempi necessari.

A dover crescere sono soprattutto il senso civico, la cultura della legalità, la capacità di instaurare un rapporto corretto fra individuo, famiglie e comunità. In definitiva: le virtù pubbliche, lasciandoci alle spalle una malintesa accezione della parola individualismo. Sì a quello che consente di maturare nel rispetto degli altri, no alla mediocre arte di arrangiarsi. Sì all’individualismo democratico, che coniuga le istanze di ciascuno con quelle della società, aiutando anzi quest’ultima a crescere. No alla solitudine o, peggio, all’isolamento del singolo.

Cotton Mather, un predicatore americano del settecento, scriveva: c’è “una sorta di libertà corrotta, il cui uso è comune agli animali come all’uomo, e che consiste nel fare tutto ciò che piace. Questa libertà è la nemica di ogni autorità; tollera con impazienza tutte le regole; con essa diventeremo inferiori a noi stessi; è nemica della verità e della pace, e Dio ha creduto di doverla combattere! Ma c’è una libertà che il potere stesso ha il dovere di proteggere: è la libertà di fare senza timore tutto quanto è giusto e buono”. E con essa vanno protette e incoraggiate la possibilità e l’attitudine al dissenso.

E se approfittassimo fin d’ora dei 500 anni dall’inizio della Riforma di Lutero, nel 1517, per mettere meglio a fuoco i nei e i gobbi della nostra vicenda nazionale, sulla scia delle indicazioni dello stesso Machiavelli? E se, per spronare il confronto pubblico e accrescere la cultura e la passione politica, ricordassimo meglio gli scambi di battute fra Giovanni Spadolini e Bettino Craxi su Mazzini e Garibaldi, e più in generale rivisitassimo con spirito diverso il Risorgimento?

Ecco cosa significa perseguire l’innovazione sentendosi responsabili ed eredi di idee del passato, ponendosi come novatori nel solco di una tradizione, la nostra, e confrontandoci con altre, fino a imparare da esse.

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