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di Pietro Ichino

 

Un partito che ambisce a essere la spina dorsale della democrazia del Paese non può eludere il problema della lacerazione tra l’Italia cui tutto è dovuto e l’Italia dei non garantiti.

 

Tra i molti effetti sconvolgenti della pandemia va annoverato l’approfondirsi del solco che divide l’Italia non garantita dall’Italia cui tutto è comunque dovuto.

1- La prima è quella del tessuto produttivo privato, dove i lavoratori vengono sospesi dal lavoro perdendo parte della retribuzione e rischiano di perdere anche il posto; quella che dopo il lockdown si arrabatta per riaprire tra mille difficoltà e rischi.

2- La seconda è quella del settore pubblico e para-pubblico, dove gli stipendi corrono qualsiasi cosa accada, senza neppure una increspatura, e dove vige il dogma dell’intangibilità del posto.

A parte lo smart work – benedetto esso sia, dovunque abbia potuto essere effettivamente svolto – la prima Italia si è rimessa in moto all’inizio di maggio, sia pur faticosamente; la seconda ha incominciato a parlarne soltanto due mesi dopo, per concludere che è meglio riparlarne ad autunno e magari anche dopo.

Nel frattempo i ritardi della burocrazia, della macchina tributaria e dell’amministrazione giudiziaria aumentano vertiginosamente, rendendo ancor più difficile la già difficilissima ripresa economica.

Ora, un partito che ambisce a essere il primo difensore della democrazia e della giustizia sociale, oltre che un promotore dello sviluppo economico del Paese, dovrebbe evidentemente affrontare questo problema e proporsi di indicare le vie per colmare il solco, ricucire la gravissima lacerazione.

Invece che fa il Pd? Tace; e, se è proprio costretto a parlare, nega il problema con frasi gesuitiche del tipo: “Non si devono criminalizzare i dipendenti pubblici” (ma chi mai li vuole criminalizzare?). Oppure: “I medici, gli infermieri e i poliziotti sono sempre stati in prima linea” (e chi mai lo ha negato?).

Non si rende conto, il Pd, che così facendo si trasforma – agli occhi della prima Italia – nel “partito dei dipendenti pubblici”, pur non riuscendo neppure a esserlo fino in fondo. Ed eludendo il problema finisce con lo spalancare, sul versante dei non garantiti, praterie sconfinate alla destra.

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