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Difesa europea, serve una cooperazione rafforzata. E il Pd faccia l’adulto

Redazione venerdì 31 Gennaio 2025
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di Roberta Pinotti

Intervento all’Assemblea nazionale di Libertà Eguale, Orvieto 18-19 gennaio 2025

Grazie per questa occasione di confronto. L’idea di passare con voi questa queste giornate di riflessione è stata stimolata sia dal titolo che avete dato al vostro convegno: “Idee per una sinistra di Governo” , sia dal fatto che avete scelto come tema centrale l’Europa, come si è dedotto dalla relazione affidata a Gentiloni: anche io ritengo che dall’Europa si debba partire per declinare come la sinistra debba governare.

Stiamo vivendo un tornante complicato della storia , complicato soprattutto per i progressisti a livello mondiale. Domani sarà il giorno dell’insediamento di Donald Trump , ma oltre agli USA credo che dovremmo guardare anche ai cambiamenti che stanno avvenendo in Europa, riuscendo a leggerli con occhiali nuovi e non con quelli del passato. Ora, è vero che esiste una certa nuova narrazione della destra sugli eventi che hanno caratterizzato la nostra storia, quasi una contro narrazione, che tende a svilire il ruolo della Resistenza e a sottostimare gli orrori del nazifascismo, ma la destra, anche AfD in Germania, tende soprattutto a parlare di ciò che vuole fare in futuro. E lo fa usando anche categorie nuove. L’ispiratore ideologico che Trump aveva nelle elezioni della sua prima vittoria era Bannon, che ha trasfuso nell’oratoria del candidato Presidente parole d’ordine dei movimenti conservatori, populisti e nazionalisti di tutto il mondo, impregnate di idee tradizionaliste e antiprogressiste.

Oggi, invece, le elezioni Trump le ha vinte avendo a fianco Elon Musk. La sfida del potere sembra giocarsi anche sul piano della tecnocrazia ( a questo proposito, ho apprezzato moltissimo l’ intervento di Elisa Filippi che ha messo al centro il tema dello spazio ) : quando si fa politica non si può pensare di non considerare temi strategici per il nostro futuro e sono questioni a cui dobbiamo guardare con attenzione e competenza. Ma dobbiamo certamente anche guardare con preoccupazione al fatto che una ristrettissima e ricchissima oligarchia economica concentri il controllo delle comunicazioni, non solo delle comunicazioni social, ma delle comunicazioni tout court, arrivando a gestire il sistema satellitare e potendo decidere come, quando e a chi aprirlo.

Di fronte a questi cambiamenti che cosa possiamo fare? Qual è il progetto che possiamo costruire, consapevoli che da un lato avanzano questi nuovi poteri e dall’altro c’è un’affermazione, sempre più incisiva e con differenti sfaccettature, delle autocrazie? Al contempo assistiamo ad un un indebolimento della democrazia, anche come prospettiva, come capacità espansiva , come progetto che suscita speranza e scalda il cuore.

La risposta dei progressisti io credo debba essere la costruzione degli Stati Uniti d’Europa , e l’hanno detto in molti in questi due giorni di confronto. Gli Stati Uniti d’Europa, come il Federalismo , sono evocati spesso nei convegni , ma è arrivato il tempo perchè si lavori ad un percorso progressivo perché finalmente il progetto si realizzi. È questo il nostro appuntamento con la storia . Come molti di voi si aspetteranno, io declinerò questa prospettiva parlandovi di Difesa Europea . È una questione che ha preso una parte importante del mio lavoro da Ministro e la spinta per il primo progetto Pesco ( cooperazione strutturata permanente) è venuta fortemente dall’Italia ; continuo a pensare che sia un tema centrale nella prospettiva degli Stati Uniti d’Europa.

Il gruppo Conservatori si è presentato alle elezioni europee con un programma che afferma che la difesa è un tema che deve rimanere nazionale, non deve essere questione che diventa comunitaria . Il Partito socialista europeo ha trovato con un buon punto di caduta sul tema della difesa, dicendo senza infingimenti che cosa serve , puntando sulla costruzione di una difesa comunitaria e avendo anche il coraggio di dire che serve spendere di più. Il partito democratico si è proposto all’appuntamento elettorale con un florilegio di candidature, che sicuramente sono servite a portare più voti, ma le cui posizioni politiche dal punto di vista di che cosa si deve fare su un tema strategico per le sorti del mondo e della politica,cioè la politica estera e di difesa e sicurezza, era alquanto variegato, come si è reso palese in alcune votazioni fatte al Parlamento europeo, in particolare sulla guerra in Ucraina. E non si tratta di quisquiglie, ma di questioni centrali per il futuro dell’Europa.

Sono fermamente convinta che una sinistra di governo dovrebbe essere profondamente ingaggiata e lavorare con assiduità perché si arrivi a una difesa comune. Dobbiamo essere chiari nello svolgimento del tema: anche oggi citare la ‘Difesa Europea’ piace, viene più volte evocata, ma si accompagna sempre all’affermazione: ‘così spendiamo meno’. Non c’è dubbio che armonizzando le dotazioni ci saranno economie di scala, ma dato che di queste cose me ne sono occupata per la responsabilità che ho ricoperto e approfondendo tecnicamente le questioni, vi dico che dire che attualmente in Italia si può spendere meno per la difesa ha il sapore di un’ipocrisia, soprattutto se la accompagni alla considerazione che è giunto il momento in cui l’Europa si assuma le proprie responsabilità di sicurezza nel proprio quadrante di riferimento. Noi per alcune partite dipendiamo completamente dagli Stati Uniti, in particolare se vogliamo avere una proiezione internazionale: le forze europee ‘sul campo’ non hanno tutti gli strumenti per essere autonome. Nessuno di noi pensa si debba abbandonare la NATO , ma per essere effettivamente complementari ed avere una voce di peso nelle decisioni dell’Alleanza, l’Europa non solo deve parlare con una voce sola, ma essere anche in grado di assumersi responsabilità in proprio, anche per evitare brucianti errori, come è stato il ritiro dall’Afghanistan.

Una discussione con questi approfondimenti mi pare che oggi abbia poco spazio nel Partito democratico, lo dico con affetto anche a Michele Fina, che è tesoriere e membro della segreteria nazionale, sembra si abbia paura di parlarne. Non c’è un responsabile difesa in segreteria, credo che non ci sia neanche per il tema della sicurezza, eppure si tratta di questioni dirimenti se si vuole governare un Paese. So che trattare di difesa non è un tema che porta consensi, è un tema difficile per l’opinione pubblica. Lo so bene. Ma è un tema che non si può eludere, su cui bisogna elaborare e parlare pedagogicamente anche con i nostri iscritti. Senza politica estera e di difesa comuni l’Europa non conterà nulla. Come è stato nella crisi a Gaza, dove la voce dell’Europa non si è sentita. Sui grandi problemi che il mondo ha davanti a sé della voce dell’Europa c’è un gran bisogno.
Qui a Orvieto ho sentito finalmente parlare non solo del tema della difesa , anche il tema della sicurezza è stato toccato in molti interventi e nella bella relazione di Claudia Mancina, in cui ha ricordato come abbiamo teso a mettere ai margini chi nel nostro partito si è occupato più espressamente di temi che sembrano considerati , a mio giudizio con grave errore, come temi più affini alla destra.

Se ti prepari a governare l’Italia non puoi non conoscere, non avere relazioni con parti importanti dello Stato: le Forze dell’ordine, le Forze armate, le Agenzie di Intelligence. Non vuol dire che sposi sempre il loro punto di vista o che devi approvare tutto quello che fanno, ma devi avere relazioni, te ne devi occupare esplicitamente, definendo un punto di vista sui problemi da affrontare e dando anche esplicitamente le responsabilità su questi temi.

Molti mi chiedono, anche in questi due giorni tra i partecipanti al convegno, se si può davvero fare un esercito europeo. Da un punto di vista tecnico, il problema della costruzione dell’esercito europeo, chiamiamolo così per semplificare, è facilmente superabile . Così come siamo abituati a lavorare insieme nella NATO, per iniziare possiamo decidere di far funzionare gli stessi meccanismi a livello europeo , per poi via via integrare i vari assetti. Ma il problema vero è politico. Intanto occorre decidere ‘ chi è il nemico’ ( passatemi il termine). Siamo tutti d’accordo che la Russia è un problema, che se la Russia vince in Ucraina, questo diventa un problema terribile per i fondamenti dell’Europa oltre che per la sua sicurezza? Tutti d’accordo? No, non tutti d’accordo in Europa e forse neanche in Italia, ci sono accenti ben diversi anche all’interno delle due coalizioni, a destra come a sinistra.

L’altra questione dirimente è: chi decide? Non esiste una politica di difesa che non abbia un indirizzo politico chiaro, che dia con nettezza gli obiettivi a chi poi deve operare sul campo. Che ci sia chiarezza indiscussa sul livello politico che può decidere un intervento armato è uno dei fondamenti più importanti della democrazia .Dobbiamo pensare a un meccanismo decisionale ‘ democratico e condiviso’ da cominciare a gestire con l’assetto attuale dell’Europa . Sappiamo che è necessario mettere mano a una revisione dei Trattati , ma richiede tempi lunghi e noi dobbiamo attrezzarci anche per avanzamenti più rapidi.

Occorrono discussioni serie, evitando infantilismi che spesso emergono anche nel dibattito parlamentare: “spendiamo meno per la difesa perché abbiamo bisogno degli asili, abbiamo bisogno di più risorse per la sanità”. Certamente abbiamo bisogno degli asili e certamente abbiamo bisogno di più risorse per la sanità, ma mettere queste spese in contrapposizione non ha alcun senso: senza la capacità di proteggere potremmo trovarci a vedere distrutti gli asili e gli ospedali che abbiamo costruito. Come ho già detto, non è un tema che porta consenso e i vincoli di bilancio certo non aiutano. Ricordo a tutti che nel 1954, quando viene bocciata la CED, in Francia si uniscono, contro la Comunità di Difesa, la sinistra e i gollisti di destra. A volte sembra che questi due estremi si tengano anche oggi. Io credo in una sinistra progressista che lavora veramente per una difesa comune europea. Ieri Paolo Gentiloni diceva, e mi avvio a conclusione, che abbiamo visto un salto dell’Europa dopo le immagini dei camion dell’esercito che a Bergamo trasportavano le bare. Ed è vero, l’abbiamo visto un balzo in avanti dell’Europa sul Next Generation EU e l’abbiamo visto anche nel momento in cui è cominciato l’attacco russo all’Ucraina.

Però a quel punto io mi aspettavo anche un passo decisivo verso la Difesa comune. Così non è stato. Lo abbiamo sperato quando Draghi, Macron e Scholz hanno viaggiato insieme sul treno per Kiev , sembrava che fosse giunto il momento, ma poi tutto si è di nuovo affievolito.

La mia proposta è questa: come abbiamo visto un’Europa a diverse velocità in passaggi cruciali, per esempio anche durante l’introduzione dell’euro, così sulla difesa possiamo pensare di procedere allo stesso modo. Su questa idea con Paolo Gentiloni, quando lui era ministro degli Esteri ed io della Difesa, avevamo scritto un articolo che era uscito su Le Monde. Il dibattito allora non era maturo, ma ora penso lo sia. In Europa serve un nucleo di paesi forti con le stesse priorità di politica estera, la stessa visione sull’aggressione della Russia all’Ucraina che si mettano insieme e su questo diano una spinta. Lo strumento c’è: è la cooperazione rafforzata. Poi, come si dice nelle forze armate, ‘l’intendenza seguirà’. È assolutamente necessario.

Così come è necessario per il Partito democratico, se vuole governare, diventare adulto anche su questi temi. Non sono temi che si possono lasciare da parte. Sono contenta che il Pd si sia rafforzato e che sia saldamente nella posizione del partito più forte che può unire la coalizione, anche se non è ancora chiarissimo il percorso su come metterla insieme. Ma sarebbe un errore se pensassimo che, per mettere insieme la coalizione, di queste cose sia meglio non discutere. Ci siamo già passati: ai tempi dell’Unione, prima del secondo governo Prodi, c’era il problema dell’Afghanistan e delle missioni internazionali. Nel vastissimo programma si era impapocchiata una frase per tenere tutti insieme, anche se le divisioni erano note. Si è detto, andiamo a governare e poi vediamo. Quel governo, poi, proprio sull’Afghanistan è caduto . Ecco, cerchiamo di non ripetere gli errori della storia.

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