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Pervasività del capitalismo della sorveglianza e istituzioni democratiche

Stefano Ceccanti domenica 25 Maggio 2025
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di Stefano Ceccanti

1-Cosa possiamo intendere col concetto di “capitalismo della sorveglianza”

Mi è stata chiesta una riflessione su questo tema direi piuttosto complesso.

Parto quindi dalla definizione di “capitalismo della sorveglianza”.

Si tratta di un’espressione utilizzata da vari autori tra cui ad esempio Shoshana Zuboff, economista americana. Non essendo un economista mi limito a descrivere la tesi di fondo senza indugiare in dettagli che esulano dalle mie competenze.

Le grandi aziende tecnologiche, ad esempio Google e Facebook, hanno sviluppato un nuovo modello di business basato sulla raccolta e sull’analisi dei dati personali degli utenti, al fine di prevedere e influenzare il loro comportamento. Questi sono dati indubbi della realtà, che però Zuboff ed altri collocano dentro una precisa linea interpretativa con caratteri anche un po’ apocalittici, che si prestano a valutazioni diverse.

Questo modello di business, il “capitalismo della sorveglianza”, rappresenterebbe una minaccia per la privacy e la democrazia, poiché le aziende tecnologiche hanno acquisito un potere enorme e incontrastato sulla vita delle persone.

Il dubbio di fondo, leggendo queste analisi, è: sono trend reali ma siamo sicuri che siano così univoci e pervasivi? Il “capitalismo della sorveglianza” è un blocco? Se lo descriviamo come un blocco non diventa un’analisi disperata priva di pars construens?

Da segnalare, in questa diversa chiave, che il nuovo papa Leone XIV ci ha richiamato ad adottare per tutti questi processi di innovazione lo stesso metodo di discernimento che fu usato, pur con alcune contraddizioni e ingenuità, dalla Rerum Novarum, non descrivendo più come nel pontificato precedente di Pio IX, la modernità come un blocco da condannare.

2-L’impatto sulle istituzioni: monodirezionale o bidirezionale?

Come impatta tutto ciò sulle istituzioni democratiche, ossia sul nostro termine di riferimento?

L’autrice citata lo riassume così: «il capitalismo della sorveglianza può essere descritto al meglio come un colpo di stato dall’alto, non un rovesciamento dello Stato ma piuttosto un rovesciamento della sovranità popolare e una forza di spicco nella pericolosa deriva verso il deconsolidamento democratico che ora minaccia le democrazie liberali occidentali».

In particolare verrebbe eroso in modo drastico il diritto alla privacy e così pure altri diritti fondamentali, come l’inviolabilità del domicilio e la segretezza delle comunicazioni.

Il testo è stato soggetto a diverse critiche, in particolare a quella di adottare un approccio troppo deterministico, enfatizzando l’idea che la tecnologia sia la principale causa dei problemi sociali e politici. Verrebbe trascurato il ruolo degli attori umani e delle scelte politiche nel plasmare il futuro della società digitale. Le istituzioni vengono tutte sovvertite allo stesso modo? I governi e le istituzioni finanziarie hanno leve importanti per influire sulle regole che disciplinano il “capitalismo della sorveglianza”. Il rapporto sarebbe forse quanto meno biunivoco.

3-Quale livello di regolazione

Il tema delle istituzioni come soggetto attivo di questi mutamenti pone anzitutto il tema decisivo del livello ottimale di regolazione.

Infatti nell’intreccio tra queste grandi aziende e il potere politico se lo sguardo va all’Amministrazione Trump l’insistenza di queste settimane è piuttosto sul carattere forse eccessivo con cui il potere politico tenta di imporre un’agenda globale, mentre i regimi autocratici si rivelano almeno al momento in grado di esercitare/mantenere loro in proprio ruoli di sorveglianza, non sono particolarmente erosi da queste dinamiche. Anzi, tendono a influenzare in modo anomalo anch’essi le campagne elettorali di vari Paesi democratici.

Il punto debole sembrano essere più le società aperte europee che invece hanno una dimensione di scala troppo limitata per far esercitare alle proprie istituzioni un ruolo attivo significativo, mentre la crescita di ruolo del livello dell’Unione è impedita dalla tradizionale logica unanimistica per la revisione dei Trattati.

Da qui, anche su questo tema come per quello della difesa ed altri ancora, la necessità di uscire dai Trattati esistenti per creare coalizioni di “volenterosi” che si spingano avanti, scavalcando così i poteri di veto. Intese che magari in futuro possano anche rifluire dentro l’Unione.

Responsabilizzazione maggiore dei Governi nazionali, preservando il bene comune della loro stabilità ed efficienza, vanno di pari passo con questa costruzione di nuovi assetti di governance multilivello.

Un tema a parte sarebbe invece quello dell’utilizzo, più o meno distorto, di informazioni come quelle di cui si è parlato non da parte di grandi poteri privati dentro le società aperte, ma dall’esterno, da parte di regimi autocratici che tentino di influenzare in particolare la regolarità delle campagne elettorali in connessione con attori interni, politici e non, e sulle contromisure che si possano prendere.

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