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di Natale Forlani

 

Cominciano ad emergere le prime indiscrezioni sul testo del decreto per l’attuazione del reddito di cittadinanza, e, come previsto, il provvedimento tende a ricalcare sempre di più le orme del reddito di inclusione.

 

Sulle orme del reddito di inclusione

Cosa abbastanza scontata per gli esperti. Se assumi l’indicatore del reddito e della ricchezza familiare, l’ormai famoso Isee, per stimare la condizione di povertà assoluta, l’ intervento deve essere inevitabilmente rivolto ad integrare il reddito della famiglia, e non dei singoli soggetti appartenenti al nucleo.
Ergo non ha alcun senso parlare di indennità di disoccupazione o di pensione di cittadinanza, come si continua a fare colpevolmente tramite una comunicazione scientemente distorta, per far credere ai disoccupati e ai pensionati con le rendite minime che riceveranno le famose 780 euro.
Se qualcuno ha dei dubbi su queste affermazioni provi a dare una occhiata ai siti social che fanno riferimento al movimento 5 stelle…

 

Gli interrogativi

La domanda prevalente in assoluto è “quando possiamo incassare i 780 euro”? Interrogativo del tutto coerente con l’annuncio che si stavano stampando 6 mln di card, per una platea analoga di percettori individuali, e non delle 1,4 mln di nuclei familiari come, diversamente, verrà scritto nel decreto.
Di più… il reddito di riferimento da integrare per il nucleo familiare, sarà di 500 euro mensili ( in pratica la stessa soglia del vecchio reddito di inclusione), e non di 780 come promesso, salvo che il nucleo familiare sia in affitto.
La pensione di cittadinanza, valida per i nuclei composti solo da over 65, sarà di 630 euro, in pratica una integrazione di 40 euro al mese per un pensionato sociale, sempre però che non sia convivente in un nucleo familiare…

 

I criteri restrittivi

Diversamente da quanto affermato in modo arrogante dagli esponenti gialloverdi, il reddito di cittadinanza sarà destinato anche agli immigrati residenti da almeno 5 anni. In pratica tutti i potenziali immigrati in condizione di povertà assoluta, circa 1,3 mln di persone, il 30% di tutti quelli regolarmente residenti, ed in gran parte, concentrati nel nord Italia.
Si prospettano inoltre ulteriori criteri restrittivi, la sottrazione sugli importi erogabili delle somme percepite dagli interessati da parte di altri enti pubblici per il medesimo scopo. Proposito meritevole ma praticamente inattuabile per l’assenza di una anagrafe nazionale che registri non solo le contribuzioni assistenziali, ma anche le agevolazioni(le tariffe ridotte, le prestazioni gratuite, i benefit..).

E una ridicola sanzione per le false dichiarazioni fino a 6 anni di galera..
Cosa singolare è anche il recupero del ruolo dei servizi sociali previsti con il reddito di inclusione, delle famigerate agenzie del lavoro (i famosi caporali legalizzati, come definiti da Di Maio nell ‘occasione del varo del decreto dignità), dei meccanismi premiali per le imprese che formano e assumono i disoccupati… già vigenti nel criticatissimo Programma Garanzia Giovani.

 

Il rischio di comportamenti opportunistici di massa

Intendiamoci, il cambio di rotta è positivo, ma personalmente resto convinto che queste rimangano delle politiche sbagliate, che favoriscono i comportamenti opportunistici di massa (già denunciati dalla Guardia di finanza nel corso dell’attuazione del reddito di inclusione) , e del tutto inefficaci nel contrastare la povertà.
Ma questo è un altro discorso.. che magari riprenderemo in modo più appropriato.
Per adesso godiamoci la faccia che faranno i boccaloni quando constateranno che le promesse sono andate in fumo..

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