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Regolamentazione e concorrenza

Giuseppe De Lucia Lumeno giovedì 31 Agosto 2017
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Il sistema bancario, come quello economico e industriale, stanno affrontando, in tutto il mondo, la sfida della rivoluzione tecnologica che, per rapidità e radicalità, non ha precedenti nella storia economica.

Una rivoluzione epocale che chiede una profonda ridefinizione dell’organizzazione aziendale e delle professionalità insieme alla realizzazione di nuove attività e nuovi strumenti gestionali che dovrebbero essere sempre finalizzati a creare nuova occupazione, ad accrescere ricavi e a sostenere l’economia reale. Una sfida che, soprattutto per il sistema bancario, non ammette atteggiamenti difensivi e che andrebbe raccolta per realizzare un mercato, ancora e di più, basato sulla libera ed effettiva concorrenza.

Esattamente il contrario di ciò che vorrebbero i grandi gruppi finanziari: ridurre il mercato del credito a pochi soggetti che sarebbero così liberi di sfruttare la posizione oligopolista per perseguire il solo profitto di quei pochi. Una condizione che non giova ai consumatori, non giova all’erogazione del credito e, di conseguenza, non serve a stimolare la crescita economica.

I cosiddetti “giganti” di internet, eBay, Amazon e Alibaba, per fare qualche esempio, hanno chiara la portata della sfida e stanno trasformando il commercio puntando su micro, piccole e medie imprese, in particolare nei paesi emergenti. Mettono a disposizione imponenti piattaforme online che, con estrema facilità, possono far incontrare domanda e offerta di credito sparse in punti opposti del mondo. Amazon, ad esempio, presta a 20.000 venditori negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nel Giappone e sta programmando di estendere questa attività in Canada, Francia e Cina. Possono farlo in quanto liberi da qualsiasi tipo di regolamentazione.

Il fatto che entrino in scena nuovi attori e che questi stiano ripensando la funzione del credito, dovrebbe spingere il sistema creditizio classico a riformulare i propri modelli di finanza commerciale e rendere, quando gli sarà finalmente permesso, disponibili maggiori risorse. Nella realtà però non possono farlo. Prigioniere della bassa redditività dovuta principalmente ad una politica monetaria che, con l’azzeramento dei tassi d’interesse, da un lato non ha prodotto gli effetti sperati sulla crisi e dall’altro ha finito per accrescere il problema, devono, ogni giorno, confrontarsi con lo scoglio di una eccessiva regolamentazione.

Politica monetaria e eccessiva regolamentazione continuano, così, a essere un ostacolo che non lascia libertà di azione e rende impossibile un reale rilancio del mercato del credito alla luce e in linea con la rivoluzione digitale. Finalmente, e da più parti, sembra si cominci a prenderne atto, anche pubblicamente. Un mercato basato sulla libera concorrenza, con la presenza capillare degli istituti bancari nel tessuto produttivo del nostro Paese e che metta le banche nelle condizioni di svolgere la propria funzione di intermediazione del credito sono, oggi più che mai, condizioni necessarie per la crescita della redditività, per la ripresa economica e per raccogliere la sfida che viene dalla rivoluzione tecnologica.

I “giganti di internet” lo hanno capito. Anche le banche lo hanno capito e sarebbero in grado di riprendere ad essere protagoniste della sfida in corso non temendo né la libera concorrenza né la rivoluzione tecnologia. Il problema resta quello delle regole che dovrebbero valere per tutti in egual misura. Non è possibile, a parità di business, assistere a una concorrenza fra intermediari iper-regolamentati o soffocati dalla regolamentazione e soggetti digitali non bancari transnazionali completamente liberi da qualsiasi vincolo. Quello che gli anglosassoni chiamano “Level playing fiedal”, garantire parità di condizioni a tutti i giocatori in campo, è un principio tanto semplice quanto sacrosanto.

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