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Riapre il Parlamento: la vera sfida è riformare se stesso

Laura Landolfi lunedì 7 Settembre 2015
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senatoRiparte la stagione parlamentare. L’Assemblea di palazzo Madama torna a riunirsi domani, martedì 8 settembre, con, all’ordine del giorno, la discussione del ddl che ha lo scopo di garantire la parità della rappresentanza di genere nei consigli regionali, inoltre se in Senato viene votato il rendiconto e assestamento per il 2015 alla Camera si procederà con interpellanze e interrogazioni.

Ma la vera partita nei prossimi mesi si gioca sul fronte della riforma del Senato e sul ddl sulle unioni civili (#SiVaAvanti è l’hashtag coniato dai parlamentari favorevoli alle unioni tra persone dello stesso sesso). Quest’ultimo, per il quale si auspica l’approdo in aula per il 15 ottobre prima della presentazione del bilancio ma dopo la riforma del Senato, è in votazione in commissione Giustizia. Il ddl Cirinnà è stato “rimandato a settembre” a causa dell’ostruzionismo del centro destra, anche se in questi giorni si vede un tentativo di mediazione con Francesco Nitto Palma grazie a un sub emendamento, a prima firma Fattorini, che definisce le unioni civili “specifica formazione sociale”. Tuttavia l’emendamento ha guadagnato un’apertura dal M5S ma non di Area popolare che teme per la reversibilità delle pensioni e l’adozione da parte del partner dei figli avuti da relazioni precedenti.

Nel frattempo – e prima di affrontare l’ulteriore questione che è l’amnistia proposta dal Papa per il Giubileo sulla quale il presidente del Senato si dichiara d’accordo – in aula dovrebbe approdare la travagliata riforma del Senato, che a causa dei 513 mila emendamenti presentati dal vicepresidente Calderoli, potrebbe vedere la sua votazione spostata dalla Commissione in aula. A una questione tecnica (per una svista il testo dell’articolo 2 approvato da palazzo Madama differisce per una preposizione da quello approvato a Montecitorio)  si sovrappone a una politica: rivotare l’articolo vuol dire riaprire gli emendamenti facendo la gioia della minoranza Pd che chiede da mesi l’elettività diretta dei futuri senatori.

L’emendabilità è stata esclusa completamente dal presidente del gruppo Pd Zanda e dalla presidente della commissione Affari costituzionali, Finocchiaro  che però propongono un “listino bloccato a scorrimento” che consentirebbe ai cittadini concorrere nella scelta dei consiglieri regionali destinati ad entrare nel nuovo Senato. Su questo c’è stata un’apertura di Renzi  che vorrebbe introdurre le modifiche in altri articoli del ddl per evitare proprio di riaprire la votazione sull’articolo 2. Tuttavia l’ultima parola spetta al presidente del Senato e Pietro Grasso ha già parlato di “piccoli aggiustamenti per dare coerenza a una riforma che deve durare per anni”. Con il problema che tornando indietro sugli articoli già votati, come questo, in sostanza, si deve far ripartire tutto da capo. Il che significa che la Camera dovrà rivotare gli articoli, e solo lì si chiuderebbe la seconda lettura con il rischio che la terza e la quarta arrivino a marzo 2015 e con il referendum istituzionale (per indirlo ci vogliono sei mesi). A questo punto, ed è quello che il premier vuole evitare,  se ne riparlerebbe  dopo la prossima estate.