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Riportare i diritti al centro della politica

Danilo Di Matteo giovedì 7 Luglio 2016
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Dinanzi ai temi “eticamente sensibili” la politica dovrebbe evitare due tentazioni: quella di eluderli, magari in nome della libertà di coscienza, e quella di appoggiarsi a essi come a una stampella, trovando difficoltà ad affrontare i dilemmi dell’economia e del mondo globale. In realtà l’omofobia, la transfobia, il maltrattamento delle donne e tutti i delitti di cui esse sono vittime, le stragi familiari e così via richiedono, accanto a buone leggi, la capacità di insinuarsi nelle pieghe della società e nelle sue contraddizioni, per contrastare adeguatamente ritardi culturali, malessere psichico, sacche di povertà.
Nella realtà contemporanea, infatti, le dimensioni “micro” e “macro” dei fenomeni vengono percepite separatamente e concepite come radicalmente “dissociate”. Con il tramonto delle grandi narrazioni ideologiche, che permettevano ad esempio di distinguere fra “struttura” economica e “sovrastrutture” culturali, sembra sempre più difficile ricondurre a un quadro unitario i vari accadimenti. Così il bambino vittima dei bulli, l’adolescente schernito sul web a motivo del proprio orientamento sessuale, la ragazza selvaggiamente violentata dal “branco”, la donna perseguitata o uccisa dal coniuge paiono episodi slegati e affidati agli spazi di cronaca, tali magari da far lievitare gli indici di ascolto. Suscitano un’indignazione indistinta, talora affiancata da un interesse malato, e inducono tutt’al più ad ascoltare il parere dell’ “esperto”.
Per certi versi, si tende a “privatizzare” tali vicende. Dagli anni ormai lontani nei quali si provava a scorgere la matrice sociale e politica di ogni accidente, siamo approdati a un’epoca in cui l’unico aspetto pubblico di drammi e tragedie personali sembra quello mediatico. Gli interventi dei politici al riguardo sono in genere settoriali, non inseriti in un discorso volto all’interpretazione e alla comprensione dei vari eventi e comunque relegati nella cronaca politica di “serie B”. Non sono mancati, è vero, momenti alti di confronto pubblico sulle Unioni civili e le convivenze, grazie soprattutto alla determinazione dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. E da sempre i Radicali provano a porre simili temi “nel cuore” della politica.
Si tratterebbe però di occuparsi quotidianamente del malessere e del disagio diffuso segnalato dai singoli episodi e di promuovere un lavoro di lunga lena volto a incidere sulla mentalità corrente. Detto altrimenti: occorrerebbe divenir consapevoli della politicità di tali questioni e agire, accanto alle associazioni, alle chiese, ai gruppi spontanei, al mondo del volontariato, per creare una rete e una trama di interventi volti a incidere sul tessuto sociale e sul substrato culturale che alimentano tanto dolore e tanta sofferenza. Uno spazio aperto per i partiti, purchè trovino la forza di confrontarsi ogni giorno con i cittadini.

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