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Se l’America scivola sulla corda tesa di Taiwan

Alessandro Maran martedì 27 Maggio 2025
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di Alessandro Maran

 

Qualche anno fa, The Economist lo ha definito “il posto più pericoloso del mondo” (https://www.economist.com/…/the-most-dangerous-place-on…) e alcuni sostengono che da allora le tensioni sullo Stretto di Taiwan si siano solo intensificate. Le ultime esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan, condotte il mese scorso, hanno rafforzato l’opinione che in futuro Pechino potrebbe tentare un blocco navale (https://thediplomat.com/…/recent-pla-exercises…/).
Due recenti articoli di Foreign Affairs sostengono che gli Stati Uniti hanno bisogno di un approccio migliore per gestire questo punto caldo e le relazioni tra superpotenze che lo rendono così pericoloso.
Gran parte del dibattito sulle eventualità militari a Taiwan si concentra sulla questione di cosa potrebbero fare gli Stati Uniti se la Cina continentale lanciasse un’invasione. Per decenni, gli Stati Uniti hanno mantenuto una “ambiguità strategica”: ossia, deliberatamente, non si sono impegnati a difendere o meno Taiwan, per mantenere Pechino nell’incertezza. Jennifer Kavanagh e Stephen Wertheim hanno recentemente sostenuto che si tratta di scelte sbagliate: “I leader statunitensi hanno bisogno di un modo per sfuggire alla terribile alternativa tra scatenare la Terza Guerra Mondiale e assistere al crollo di Taiwan. Hanno bisogno di una terza opzione. Washington deve elaborare un piano che consenta a Taiwan di organizzare un’autodifesa valida, consenta agli Stati Uniti di fornire assistenza a distanza e mantenga intatta la posizione statunitense in Asia, indipendentemente da come si conclude un conflitto tra le due sponde dello Stretto. In questo modo, gli Stati Uniti potrebbero astenersi dall’inviare le proprie forze militari a difesa di Taiwan se la Cina dovesse invadere l’isola e non attaccare basi o navi da guerra statunitensi” (https://www.foreignaffairs.com/…/taiwan-fixation…).
Guardando il problema da un altro punto di vista, Oriana Skylar Mastro e Brandon Yoder hanno sostenuto che Washington non ha una politica coerente nei confronti di Taiwan e non riesce a mantenere il delicato equilibrio necessario per dissuadere la Cina dall’invadere. “La deterrenza può fallire in due modi”, hanno scritto. “Se si fa troppo poco, Pechino potrebbe scommettere di riuscire a conquistare Taiwan prima che Washington sia in grado di rispondere. Se si fa troppo, i leader cinesi potrebbero concludere che la forza è l’unica via rimasta per l’unificazione. Per affrontare questo dilemma (…) è necessaria una strategia calibrata di riarmo, rassicurazione e moderazione che sappia bilanciare debolezza e temerarietà. Se opportunamente combinate, le capacità dispiegate in anticipo, la moderazione diplomatica e l’interdipendenza economica selettiva possono rafforzarsi a vicenda per mantenere una deterrenza credibile evitando al contempo le provocazioni. Finora, tuttavia, l’approccio dell’amministrazione Trump a Taiwan ha oscillato tra un rigido transazionalismo (…) e una silenziosa riaffermazione del sostegno a Taipei (…) L’amministrazione ha ancora tempo per definire una strategia coerente, ma la finestra di opportunità si sta chiudendo” (https://www.foreignaffairs.com/…/taiwan-tightrope-mastro).
“La deterrenza è un gioco di equilibri e l’America sta iniziando a scivolare” sulla corda tesa di Taiwan, titola l’autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali. Certo, non aiutano i continui cambiamenti di posizione e di umore del presidente americano. Anzi, alla luce delle più recenti dichiarazioni di Trump sull’Ucraina verrebbe da chiedersi, come osserva oggi Francesco Cundari nella newsletter de Linkiesta.it, “La Linea”, “se abbia ancora senso tentare di razionalizzare questo delirio e sforzarsi di cavarne analisi, deduzioni e controdeduzioni”. Ieri, scrive Cundari, “si è lanciato sul suo social network personale, spiritosamente chiamato Truth, in un monologo che è puro teatro dell’assurdo (https://truthsocial.com/@realDon…/posts/114571369956761390). Questo il formidabile incipit: «Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Vladimir Putin, ma gli è successo qualcosa. È completamente impazzito! Sta uccidendo inutilmente un sacco di persone, e non parlo solo di soldati». Cosa che Putin fa ogni giorni da circa tre anni. Nel seguito del post Trump dice pure di aver sempre detto che Putin voleva tutta l’Ucraina, e forse si vedrà che aveva ragione a dirlo, dopodiché Zelensky ogni volta che apre bocca crea problemi, e in ogni caso questa è la guerra di Putin, di Zelensky, di Biden, non la guerra di Trump” (https://g2i7i.emailsp.com/f/rnl.aspx/?lek=z_uuw2e.em=t4de.=wyyr4&f70e=7e&ef7k7.&x=pp&y1.d2bc89af2b0e=v1xvuzNCLM).
È proprio così: stiamo camminando su una corda tesa.
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