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Spd forza di governo, tra difesa e diplomazia

Alberto Bianchi lunedì 30 Giugno 2025
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di Alberto Bianchi

 

Il 27° Congresso della SPD, svoltosi a Berlino tra il 27 e il 29 giugno 2025, ha rappresentato un momento di intenso dibattito e confronto per la socialdemocrazia tedesca, con riflessi che – a mio parere – risultano significativi anche per l’intera sinistra europea. Dopo la sconfitta subita alle elezioni politiche nazionali del febbraio precedente (16,4% dei consensi), era alto il rischio che la SPD reagisse con una “ritirata” identitaria nel recinto fortificato del proprio “zoccolo duro” sociale ed elettorale. La maggioranza congressuale del partito ha scelto invece di rilanciare la propria vocazione riformista e di governo, riaffermando – e innovando – il ruolo della socialdemocrazia come forza capace di ritornare a guidare politicamente la trasformazione della Germania contemporanea. Una linea, dunque, tutt’altro che facile e scontata.

Essa, tuttavia, si inserisce in una tradizione storica che risale almeno al Congresso di Bad Godesberg del 1959, quando la SPD abbandonò il marxismo ortodosso per abbracciare una piattaforma democratica e riformista. Sarebbe però un errore considerare il Congresso del 2025 come una mera ripetizione di quella tradizione: esso si configura piuttosto come un momento generativo, volto a ridefinire e innovare il profilo del socialismo – non solo tedesco, ma anche continentale – in un contesto europeo e mondiale segnato da crisi geopolitiche, guerre, transizione ecologica, nuove disuguaglianze crescenti e inedite tensioni tra meriti e bisogni.

In tal senso, può essere utile un confronto con altri partiti socialisti europei. Il Partito Socialista francese, ad esempio, dopo anni di declino e frammentazione, sta cercando di rilanciarsi con una piattaforma sociale ed ecologica, ma fatica non poco a ritrovare una chiara vocazione di governo. A differenza della SPD, il partito francese appare ancora diviso tra istanze radicali e prospettive strategiche riformiste, senza una sintesi convincente.

Nel Regno Unito, il Labour Party, sotto la guida di Keir Starmer, è tornato al governo seguendo un percorso di riavvicinamento al centro e cercando di riconquistare l’elettorato moderato dopo la stagione corbyniana. Tuttavia, il Labour si muove nel difficile contesto del post-Brexit, quantunque abbia ripreso a tessere nuovi rapporti con l’UE e con singoli paesi del continente, soprattutto sul terreno della difesa, della sicurezza e della deterrenza militare europea.

Il Partito Socialista Operaio spagnolo di Pedro Sánchez, dal canto suo – pur essendo tornato al potere a Madrid e avendo cercato di presentarsi come un esempio di socialismo di governo pragmatico, capace di tenere insieme riformismo e alleanze progressiste – subisce le tensioni con le forze più radicali della coalizione governativa. Lo stato della maggioranza governo e la frammentazione del sistema partitico spagnolo pongono al partito di Sánchez seri limiti alla sua capacità di guida nazionale, con gravi ripercussioni e rischi di isolamento nel sistema di alleanze europeo e nella NATO.

Infine, c’è il Partito Democratico italiano, che da tempo vive una fase di opposizione lungo una linea politica sempre più somigliante a una deriva identitaria radicale e massimalista, atta a recuperare qualche voto nell’elettorato populista polarizzato di estrema sinistra, ma lontana da una prospettiva strategica maggioritaria, riformista e di governo. A differenza della SPD, il Partito Democratico stenta ad aprire ed affrontare un percorso congressuale chiaro che rilanci la sua funzione di guida di una sinistra di governo.

In questo quadro, il 27° Congresso dell’SPD si distingue in primo luogo per la sua chiarezza strategica: ha scelto di non rifugiarsi in una sinistra socialdemocratica testimoniale, ma di confermare e rilanciare la linea della partecipazione al governo federale di coalizione con la CDU-CSU, incentrata su giustizia sociale e transizione ecologica, da un lato, e su riarmo, difesa e sicurezza nazionale ed europea, dall’altro. Il valore protrettico – di ispirazione e orientamento – del Congresso della SPD risiede proprio in questo: offrire un modello di sinistra di governo, riformista, coerente e credibile, capace di parlare al presente senza rinunciare alla propria storia.

Nello stesso tempo, è anche sul piano del metodo e delle procedure congressuali che si esprime quello che ho definito – ripeto – il valore prospettico dell’ultimo Congresso della SPD. Diamo una breve occhiata ai lavori congressuali, comparando due estratti documentali. Il primo è tratto dalla risoluzione di maggioranza approvata dal congresso: “La sicurezza della Germania e dell’Europa richiede oggi una Bundeswehr moderna, efficiente e pienamente operativa. In un contesto globale segnato da minacce crescenti, il nostro impegno nella NATO e nell’Unione Europea è imprescindibile. Tuttavia, riaffermiamo che la forza militare deve sempre essere accompagnata da iniziative di disarmo, controllo degli armamenti e diplomazia attiva.”

Il secondo estratto è ripreso dalla risoluzione alternativa di minoranza, bocciata dal congresso: “Pace e sicurezza non possono essere imposte contro la Russia, ma devono essere costruite con la Russia. Rifiutiamo l’aumento irrazionale delle spese militari e il dispiegamento di nuovi missili sul suolo tedesco. Proponiamo una politica di sicurezza comune europea, fondata sullo spirito di Helsinki, sul disarmo e sulla cooperazione multilaterale.”

Come si può constatare, due visioni profondamente diverse ed opposte: una che integra riarmo, difesa e diplomazia; l’altra che rifiuta la logica del riarmo in favore di un ritorno al distensionismo pacifista.

È auspicabile che anche il maggiore partito della sinistra italiana, il PD, possa celebrare un congresso analogo a quello appena svolto dai socialdemocratici tedeschi, improntato a trasparenza metodologica e chiarezza di scelte strategiche.

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