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Stress test europei: le banche italiane sono solide

Giuseppe De Lucia Lumeno martedì 13 Novembre 2018
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di Giuseppe Di Lucia Lumeno

 

La scorsa settimana sono stati pubblicati i risultati degli stress test promossi dall’EBA (l’Autorità bancaria Europea) che interessava i principali gruppi bancari europei. Il test voleva verificare alcuni parametri quali il livello di patrimonializzazione delle banche sotto uno scenario avverso del ciclo economico, per valutarne la solidità.

I risultati, per chi osserva le questioni del mondo bancario dall’esterno, possono essere considerati sorprendenti: le principali banche italiane coinvolte nell’esercizio hanno superato ampiamente la prova evidenziando coefficienti di patrimonializzazione che si mantengono significativamente superiori al valore minimo richiesto anche in un contesto di recessione dell’economia e di tensione dei mercati finanziari.

I risultati, invece, non sono stati così positivi per altri importanti gruppi bancari esteri quali Deutsche Bank e Commerzbank per la Germania, Société Générale per la Francia e le banche del Regno Unito (quest’ultime condizionate anche dalle conseguenze della Brexit) che pur restando sopra la soglia di allarme del 5,5% hanno riportato valori più bassi del coefficiente di patrimonializzazione rispetto alle banche italiane.

 

Finalmente è valutata la rischiosità dei derivati

Questo risultato è anche la conseguenza di un aggiornamento dei criteri da parte della vigilanza europea con cui devono essere valutate le attività ponderate per il rischio. Mentre prima si poneva l’attenzione quasi esclusivamente solo alle partite problematiche (i cosiddetti “non performing loans“) tipicamente presenti nelle banche italiane che svolgono un’attività creditizia di tipo tradizionale di sostegno delle imprese e dell’attività produttiva, avvantaggiando così i gruppi bancari del Nord Europa, ora, finalmente, viene valutata anche la rischiosità dei derivati (che caratterizzano in modo consistente soprattutto i bilanci delle banche francesi, tedesche ed inglesi), una novità che ha peggiorato la performance di questi gruppi rispetto agli stress test precedenti.

Inoltre, proprio tre banche tedesche, tra cui la già citata Deutsche Bank, hanno registrato sotto scenario avverso un valore del leverage (rapporto tra patrimonio di base ed esposizioni totali) inferiore alla soglia minima prevista del 3%, conferma ulteriore delle difficoltà che tali istituti potrebbero attraversare in una fase congiunturale negativa dell’economia.

 

Risultati non così soprendenti…

Per chi, al contrario, conosce gli sforzi che le banche italiane hanno fatto negli ultimi anni per ridurre il peso dei crediti problematici e rafforzare il proprio patrimonio, i risultati pubblicati non rappresentano una sorpresa.

Salvo rare eccezioni, indicazioni positive emergono non solo dalle principali quattro banche italiane, ma anche dagli altri gruppi nazionali che hanno partecipato all’esercizio di simulazione a conferma di come il sistema bancario italiano sia più solido non solo di quanto generalmente sritiene ma anche di quanto riscontrabile in altri paesi europei.

Già alla fine del 2017, secondo i dati riportati dalla Banca d’Italia, il CET1 delle banche italiane era già significativamente aumentato rispetto agli anni precedenti arrivando al 13,8%, un valore analogo a quanto riportato dalle banche del Credito Popolare che sono riuscite a coniugare sostegno all’economia reale, sotto forma di credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie, con la ricerca di una maggiore solidità.

 

… ma si può fare di più

Un percorso di ripresa che si è rafforzato ancora di più per le Banche Popolari nel corso del 2018 con un ulteriore incremento del CET1 arrivato al 14%. Tuttavia, ciò non è ancora sufficiente. È necessario, infatti, che a questi risultati si accompagni anche una politica che permetta di diffondere una maggiore conoscenza del sistema bancario italiano anche presso le istituzioni europee.

Serve inoltre una difesa di quelle che sono le sue principali caratteristiche, ossia banche che hanno come policy principale e prevalente quella di svolgere una attività d’intermediazione creditizia legata all’economia reale. Altrimenti, il rischio che si correrà sarà quello di favorire proprio quei modelli di intermediazione che hanno favorito il diffondersi della crisi nel 2007.

In questo senso, i risultati di quest’ultimi stress test iniziano a rendere giustizia di tanti luoghi comuni.

 

 

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