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Trump, ovvero la strategia delle minacce per ottenere quel che vuole

Alessandro Maran sabato 1 Febbraio 2025
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di Alessandro Maran

 

“Alla fine ci sono volute solo circa 12 ore perché il primo scontro diretto del presidente Trump con uno degli alleati più stretti degli Stati Uniti in America Latina, uno scontro per il rifiuto della Colombia di voli militari statunitensi per rimpatriare gli immigrati clandestini, si traducesse in una ritirata completa da parte del bersaglio delle minacce di Trump”, scrive David Sanger su The New York Times (https://www.nytimes.com/2025/01/27/us/politics/trump-colombia-tariffs-deportation-flights.html).
Lo scontro di domenica scorsa con la Colombia è stato davvero breve. Il presidente colombiano di sinistra Gustavo Petro ha respinto i voli militari statunitensi che rimpatriavano gli immigrati clandestini, Trump ha minacciato di imporre dazi elevati alla Colombia – con la quale gli Stati Uniti hanno un accordo di libero scambio – e Petro ha fatto marcia indietro.
Parte del problema sembra sia stato il trattamento dei migranti. Aaron Pellish, Alejandra Jaramillo, Stefano Pozzebon, Priscilla Alvarez e Michael Rios della CNN riferiscono di un precedente volo di rimpatrio dei migranti in Brasile: “Le autorità brasiliane hanno affermato di aver trovato 88 deportati ammanettati su un volo statunitense atterrato per errore in una città diversa da quella di destinazione. I funzionari brasiliani non hanno autorizzato la prosecuzione del volo a causa ‘ tra gli altri problemi, dell’uso di manette e catene, delle cattive condizioni dell’aereo, di un sistema di aria condizionata difettoso’, e i migranti sono stati trasportati alla loro destinazione finale su un volo dell’aeronautica militare brasiliana” (https://edition.cnn.com/…/colombia-tariffs…/index.html). L’ex ministro degli esteri colombiano Luis Gilberto Murillo ha detto al New York Times che le manette e gli aerei militari erano due motivi per cui Petro aveva inizialmente respinto i voli (https://www.nytimes.com/…/colombia-trump-deportation…).
Comunque, la lezione che potremmo ricavare dall’episodio è che che minacciando, Trump può ottenere quello che vuole. scrive: “Con il mondo in soggezione nervosa – osserva il corrispondente nordamericano del Sydney Morning Herald, Michael Koziol – Trump è desideroso di trasmettere forza e pronto a trasformare qualsiasi cosa in una grande vittoria, anche quando in realtà poco è cambiato nella sostanza. Fare il prepotente con la Colombia non è esattamente come affrontare i pesi massimi”. Detto questo, Koziol scrive: “Trump sarà rassicurato dal fatto che il suo approccio duro e radicale alle interazioni con l’estero è il modo per ottenere quel che vuole. L’ex ambasciatore australiano negli Stati Uniti Arthur Sinodinos, ora presidente australiano della società di strategia con sede a Washington The Asia Group, afferma che l’incidente dimostra che il mondo dovrebbe prendere sul serio le minacce di Trump, soprattutto quando definisce dazio ‘la parola più bella della lingua inglese'” (https://www.smh.com.au/…/trump-s-tariff-tango-will-only…).
Se questa vittoria di Trump sia positiva o meno per gli Stati Uniti è, tutto sommato, un’altra questione. Su Compact Magazine, Juan David Rojas scrive che tali confronti potrebbero semplicemente far avvicinare altri paesi alla Cina. Mentre si svolgeva la disputa tra Stati Uniti e Colombia, l’ambasciatore cinese in Colombia ha prontamente magnificato la forza dei legami tra Cina e Colombia (https://x.com/zhu_jingyang/status/1883610027568902589). Rojas scrive: “Per il momento, e a merito di Trump, le sue minacce tariffarie si sono dimostrate un mezzo efficace per blandire i leader stranieri, e devono ancora ritorcersi contro economicamente aumentando i costi per i consumatori americani. Ma Trump dovrà evitare di spingere i partner commerciali degli Stati Uniti nelle braccia del suo principale rivale geopolitico” (https://www.compactmag.com/…/trumps-tariff-threats-are…/).
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