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Transizione ecologica: occhio all’America

di Umberto Minopoli

Ricordate le descrizioni bucoliche del 2020? Un mondo, grazie al Covid, pulito, senza emissioni, di colpo decarbonizzato? Tutto finito. Nel 2021 si conterà un nuovo record delle emissioni di CO2. Tutto sembra dovuto a un’impennata della domanda di carbone, soprattutto, da parte delle economie in via di sviluppo. Ripresa economica ed emissioni, contrariamente ai peana (specie) europei, non si disaccoppiano.

Sta emergendo – proprio mentre si saluta il rientro Usa negli obiettivi della mitigazione climatica – la radicale differenza di strategia tra Usa ed Europa. Entrambe alzano il livello delle ambizioni antiemissive, ma gli Usa (molto più attenti alle ragioni dell’economia, della crescita e dell’occupazione) lo fanno con ragionevolezza e realismo. Sull’energia non sono velleitari: guardano alla sfida cinese e puntano a utilizzare tutta la tastiera delle fonti ai fini della transizione energetica: rinnovabili, ma anche gas e nucleare. E sfidando sulle tecnologie invece che sui divieti. Per i gas serra puntano non alla fine delle centrali a gas, ma alla cattura della CO2 alla fonte (carbon capture storage) e al suo confinamento. Magari per farne un uso utile.

Come si concilia il gas (energia fossile) con l’ambizioso impegno di abbattimento di emissioni che Biden ha indicato? Con il ricorso all’energia nucleare free-carbon. Gli Usa, anzi, con le nuove tecnologie di reattori nucleari piccoli e a sicurezza intrinseca, rilanciano la sfida competitiva sul nucleare che stanno perdendo con Russia e Cina. I nuovi reattori, per gli Usa, possono rappresentare, per tanti motivi (facilità di costruzione, enorme output di energia elettrica pulita non intermittente, capacità di integrare e completare le reti rinnovabili, enorme contributo nella produzione a costi accessibili di idrogeno “verde”) la via alla “decarbonizzazione” dei paesi poveri in via di sviluppo: la vera croce, attualmente, della politica antiemissiva; i poveri del mondo non intendono rinunciare allo sviluppo in nome delle emissioni di CO2.

Rispetto alla visione americana del Green Deal, ambiziosa e ragionevole, l’Europa è divisa e confusa: ambisce a presentarsi come il capofila della decarbonizzazione, ma balbetta su gas e nucleare. Senza i quali le emissioni non si abbattono e si abbattono, invece, crescita e sviluppo. La sinistra europea, che fa dell’escatologia della sostenibilità ecologica il suo nuovo credo millenarista, farebbe bene ad assumere, invece, la visione dei democratici Usa. E le bellissime parole di Biden pronunciate durante la Giornata della Terra: “Quando la gente si preoccupa del clima, io penso ai posti di lavoro”. Credo sia lo slogan più di sinistra che si possa pronunciare sulla transizione ecologica.

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