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La lettera di Draghi e Macron: un bilancio comune per un’Europa sovrana

di Vittorio Ferla

 

Una lettera congiunta firmata dal presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, e dal Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, pubblicata dal Financial Times, la più autorevole testata economica europea. Obiettivo? Una strategia comune per riformare il Patto di stabilità europeo. È questo il primo tangibile risultato dei colloqui istituzionali svoltisi nelle settimane scorse tra Draghi e Macron, tra Macron e Scholz (neocancelliere tedesco), tra Draghi e Scholz. Una stretta triangolazione tra i vertici degli esecutivi di Italia, Francia e Germania che comincia a delineare il futuro dell’Europa dopo la fine dell’era di Angela Merkel.

L’incipit della lettera, pubblicata ieri sul quotidiano britannico, è una bordata contro quei movimenti e partiti populisti che, in anni recenti, hanno fatto dell’Unione europea il bersaglio polemico della loro demagogia. “L’Ue è stata spesso accusata di fare troppo poco e agire troppo tardi nell’affrontare le crisi”, ricordano Draghi e Macron nella lettera. Eppure, continuano i due leader, “la risposta collettiva alla recessione causata dal Covid-19 non è stata troppo poco, né è arrivata troppo tardi. Piuttosto, ha mostrato l’importanza di agire in modo tempestivo e coraggioso. E ha confermato i vantaggi di un coordinamento nelle politiche tra paesi e istituzioni”.

È grazie a un’Europa più unita e più forte che la crisi sanitaria prima e quella economica poi sono state affrontate con successo. Lo dicono i numeri. “Per combattere la crisi – si legge nella lettera – i governi dell’Ue hanno erogato quasi 1.800 miliardi di euro in aiuti per famiglie e imprese. La Bce ha intrapreso un vasto programma di stimolo monetario per sostenere il credito. La Commissione Europea ha sospeso le sue regole di bilancio e, insieme ai governi, ha lanciato il programma Next Generation Eu, un piano da 750 miliardi di euro per finanziare investimenti e riforme”. Insomma, l’Europa ha fatto la sua parte. E i risultati sono visibili. Come riassumono Draghi e Macron, “la ripresa è ben avviata. L’economia dell’Ue è sulla buona strada per tornare ai livelli pre-crisi nei prossimi mesi. Anche le finanze pubbliche sono in via di risanamento: il rapporto debito–Pil nei paesi dell’Ue si è stabilizzato ed è destinato a scendere nel 2022”.

Ma non finisce qui. Per l’Europa si aprono nuove sfide. Draghi e Macron fanno l’elenco: la crisi climatica, le tensioni geopolitiche e militari, l’aumento delle diseguaglianze provocate dalle innovazioni tecnologiche, i cambiamenti demografici che mutano profondamente la struttura sociale europea. La risposta sta in una “strategia di crescita dell’Ue per il prossimo decennio”. Ma, avvertono i due leader, questa strategia non deve più essere il frutto di una reazione a un momento di crisi imprevista, bensì un “programma di riforme” da realizzare grazie a “investimenti su larga scala in ricerca, infrastrutture, digitalizzazione e difesa”.

Lo strumento per raggiungere questi obiettivi è la politica di bilancio comune. Draghi e Macron riconoscono che “le regole di bilancio dell’Ue andavano riformate già prima della pandemia. Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d’azione dei governi durante le crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria. Non hanno creato gli incentivi giusti per dare priorità a una spesa pubblica che guardi al futuro e rafforzi la nostra sovranità”.

Nella lettera non c’è riferimento esplicito alle resistenze della Germania, ovvio, ma è difficile non leggere in questo appunto un messaggio rivolto al paese che ha finora svolto il ruolo di gendarme dei conti pubblici europei. Proseguendo il tacito dialogo con i tedeschi, il premier italiano e il presidente francese assicurano: “non c’è dubbio che dobbiamo ridurre i nostri livelli di indebitamento”. Ma precisano: “non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili”. Occhio ai conti in ordine, dunque, ma senza strozzare le economie nazionali e con “riforme strutturali ragionevoli”.

In questo senso, il “modello per il futuro” è proprio il Next Generation Eu: Draghi e Macron lo considerano “un successo per i meccanismi che ha introdotto nella valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento”. Anche questo è un messaggio per la Germania. Finora i politici tedeschi – in testa la Merkel – si sono mostrati gelidi rispetto all’ipotesi di far diventare il Ngeu uno strumento permanente di politica fiscale. Oggi però le ambizioni dell’Europa sono cresciute. Scrivono insieme Draghi e Macron: “Per garantire la nostra piena sovranità (sovranità europea, principio che ritorna continuamente nella retorica del presidente francese, ndr.) abbiamo bisogno di più spazio di manovra e di margini di spesa sufficienti”. Un esempio lampante? Come ha ripetuto spesso Draghi, è difficile garantire una politica estera comune se non si mettono risorse nella costruzione di un esercito comune.

Come risponderà la Germania, vista l’ascesa di due “falchi”, Christian Lindner e Joachim Nagel, alla guida, rispettivamente, del ministero delle Finanze e della Bundesbank? Sarà disponibile alla prospettiva di un bilancio comune europeo, rivedendo la severità delle regole fiscali? Di sicuro la Germania non smetterà di vigilare. Ma il nuovo cancelliere Olaf Scholz, anche nell’ultimo incontro con Draghi, ha mostrato una confortante apertura sulla riforma del patto di stabilità. E per l’Europa sembra aprirsi davvero una stagione nuova.

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