LibertàEguale

Pd e Forza Italia, non cedete al populismo

di Michele Salvati

 

Che cosa resta, nel 2018, delle due grandi coalizioni che si erano combattute nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica, tra il 1994 e il 2013?

 

Forza Italia e Pd: un terremoto elettorale

I loro eredi, Forza Italia e Partito Democratico, stando ai più recenti sondaggi raccoglierebbero nel loro insieme poco più di un quarto dei consensi elettorali degli italiani contro i tre quinti dei partiti «populisti» ora alleati al governo, Lega e 5 Stelle. Nel corso della 17ma legislatura, tra il 2013 e il 2018, si è dunque verificato un ribaltamento di opinioni politiche ancora più ampio e più radicale di quello provocato da Tangentopoli e che condusse al bipolarismo e all’alternanza tra centrodestra e centrosinistra. Forse non più ampio per numero di elettori coinvolti. Ma sicuramente più radicale perché contesta un carattere di fondo della politica italiana che aveva resistito al pur traumatico passaggio precedente.
Anche il centrodestra e il centrosinistra avevano protestato contro i vincoli che l’appartenenza all’area dell’euro ponevano alla libertà d’azione (… di spesa, soprattutto) del governo e avevano fatto di tutto per ammorbidirli, incurante l’uno ed esitante l’altro nei confronti delle impopolari riforme strutturali che avrebbero consentito di rispettarli con minori conseguenze negative sul debito e sulla crescita del Paese. Se a questo ci si limita, le differenze tra centrodestra e centrosinistra, e tra entrambi e l’attuale governo dei populisti, potrebbero sembrare di quantità più che di qualità.

 

Credere ancora nel grande sogno europeista

Ma mai i governi precedenti avevano messo in dubbio l’appartenenza a quel gruppo di Stati europei che, pur tra molte contraddizioni, ancora lasciavano aperta la porta a un vero approfondimento dell’Unione, al grande sogno degli europeisti. In parte perché ancora ci credevano. Ma soprattutto perché si rendevano conto che, abbandonandolo, si sarebbe rischiato di spingere l’Italia nel mare aperto della globalizzazione neoliberale, una situazione ben peggiore dei fastidiosi controlli che dobbiamo subire dalla Commissione.
Beninteso, anche i 5 Stelle e la Lega ora affermano che un’uscita dalla moneta unica è esclusa. Ma dai toni estremistici della loro propaganda interna, e dai contatti europei che stanno tessendo, è evidente che essi mirano a un ribaltamento di alleanze nel Parlamento Europeo. Un ribaltamento in direzione sovranista che consenta loro quella maggiore libertà di spesa e debito che oggi la Commissione e le regole dell’Eurozona cercano di evitare. In questi calcoli si sbagliano di grosso, perché anche un rafforzamento dei sovranisti nel Parlamento Europeo questa libertà non potrebbe consentirla e le sanzioni contro coloro che cercassero di ottenerla unilateralmente sarebbero altrettanto severe di quelle odierne. Ma chi, in Italia, potrebbe opporsi con efficacia al corso d’azione che i nostri populisti-sovranisti hanno malauguratamente intrapreso?

 

L’incubo: un bipolarismo tra estremismi di destra e di sinistra

«Io ho un sogno», disse Martin Luther King nel suo discorso più commovente e famoso. Io ho invece un incubo. Forza Italia sta resistendo sulle posizioni del vecchio programma del centrodestra. Ma per quanto ancora? Un’alleanza governativa con la Lega, se e quando la coalizione giallo-verde si spaccasse, sta nelle cose e il leader non potrebbe essere che Salvini. Forse un po’ più moderato nel suo sovranismo sui temi economici, ma che non potrebbe certo abbandonare la gallina dalle uova d’oro che gli garantisce i consensi attuali, la politica unilaterale sull’immigrazione. E il Partito Democratico? Finora la sua opposizione parlamentare è stata responsabile, ed efficace per quanto i numeri gli consentono. Ma anche per questo partito il momento della scelta è vicino, e si verificherà nel prossimo congresso.
Se prevarrà in modo convinto un orientamento riformista ed europeista, il partito avrà fatto un scelta coraggiosa, di vox clamantis in deserto. Forse non remunerativa in termini di consensi nel breve periodo, ma che ne preserverebbe l’identità nel lungo: non è vero per i partiti ciò che Keynes diceva di noi umani, «nel lungo periodo saremo tutti morti». Se invece prevarrà l’attuale confusione, con una parte che sostiene l’orientamento che ho appena descritto e un’altra che guarda con simpatia ai 5 stelle, predisponendosi ad allearsi con loro nel caso l’attuale coalizione giallo-verde si sfasciasse, la situazione sarebbe ancora peggiore, nel breve e nel lungo periodo. Il leader dell’alleanza non potrebbe essere che un esponente del partito più grande, un esponente dei 5 Stelle (… scelto da Casaleggio?), proprio come il leader della coalizione di destra non potrebbe essere che Salvini. In questo caso passeremmo da un bipolarismo di centrodestra contro centrosinistra a uno di destra contro sinistra, entrambe estreme e populiste. E quanta moderazione e buon senso potrebbero apportare Forza Italia e Partito Democratico nelle coalizioni di destra e di sinistra in cui si inserirebbero?

 

Bisogna resistere ai populismi

Questo è il mio incubo, perché di tutto abbiamo bisogno salvo che di un inasprimento del conflitto tra le forze politiche del nostro Paese e tra queste e l’Europa. Non è inevitabile, e forse neppure probabile, che questo incubo si materializzi: spingere lo sguardo troppo in là – per ora non c’è sentore che la coalizione giallo-verde si spezzi – è un esercizio di fantapolitica, uno scenario: sono troppe e imprevedibili le variabili coinvolte. Ma è un esito possibile e tanto allarmante da giustificare un appello alle forze politiche, in Forza Italia e nel Partito Democratico, che ancora resistono su posizioni di centrodestra e centrosinistra realistiche e ragionevoli. Non mollate. Non cedete a calcoli elettorali aleatori e che non tengono conto dei loro effetti di lungo periodo.

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