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Dieci proposte per riformare i Tar

Marilu Tamborino giovedì 19 Maggio 2016
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Le sfide della globalizzazione richiedono che anche la Giustizia Amministrativa sia tema di politica economica. L’intervista di Prodi al Messaggero nel 2013, per quanto personalmente non condivisibile, specie laddove auspicava la eliminazione dei TAR, ha avuto, però, il merito di porvi attenzione fuori dai convegni di magistrati ed avvocati.
Da quell’intervista, sono stati fatti diversi passi avanti specie in materia di appalti, con l’approvazione di questi giorni del nuovo codice, ed a breve della riforma Madia. Ogni ipotesi di riforma della Giustizia Amministrativa deve, infatti, riguardare questi due nodi: prima di tutto, qualità e livelli di decisione e normazione, complicati dal riconoscimento del potere legislativo e regolamentare a più Enti e Autorità (in quest’ottica, sarà importante anche la riforma costituzionale ed in particolare, la riforma del Titolo V); in secondo luogo, il controllo di legittimità sulla P.A. che si traduce spesso in controllo di legalità, e quindi, ruolo e attribuzioni della Corte dei Conti.

Come Libertà Eguale Milano, nel giugno 2014, sono state formulate alcune proposte quali il Giudice Monocratico, la previsione di spazi di conciliazione giudiziale nonché la composizione del Consiglio di Stato, in sezioni macro-regionali; ed esse insieme ad altre sono, oggi, la base di partenza di un dibattito più ampio all’interno del PD. La maggior parte potrebbero essere adottate, nel breve, senza oneri per lo Stato, ma con esiti immediati sui tempi di decisione dei processi. Si propone:

1 – Introduzione del Giudice monocratico o Giudice Unico di prima istanza, per il “contenzioso minore” da determinarsi secondo il criterio per materia e per importo sotto una data soglia (come per il Tribunale europeo, Germania e Francia). La proposta va nel senso del risparmio di risorse, della responsabilizzazione del Giudice, nonché della notevole accelerazione dei tempi di decisione e della facilitazione nella composizione delle vertenze, in ragione del diretto “contatto” tra Giudice e Parti.
2 – Spazi di conciliazione giudiziale, su iniziativa dello stesso Giudice e dinanzi ad esso, senza prevedere ulteriori organismi di mediazione, come per il processo civile. La mera traslazione dal processo civile degli istituti della mediazione e della negoziazione non porterebbe ai medesimi esiti ma anzi sarebbe ragione di allungamento dei tempi di decisione, perché la P.A. non addiverrebbe ad una composizione della controversia, dinanzi ad un soggetto terzo, mentre potrebbe farlo se orientata dal Giudice chiamato a decidere la vertenza.
3 – Revisione delle materie di competenza esclusiva del TAR del Lazio (causa principale dell’attuale carico di arretrato) e individuazione di competenze esclusive in capo ad altri TAR e/o a Fori alternativi rispetto a quello del TAR Lazio, come oggi succede per il contenzioso in materia di Energia per il quale è competente in via esclusiva il TAR Milano.
4 – Revisione della disciplina dell’appello, con riguardo alla eccezione di incompetenza territoriale, ritenendo che la stessa una volta definitiva in primo grado, non possa essere oggetto di appello.

5 – Eliminazione del ricorso al Presidente della Repubblica, che si pone in alternativa al ricorso amministrativo, prevedendo un termine più lungo di presentazione (120 giorni anziché i 60), di conseguenza comportando un allungamento dei tempi di attesa per la P.A. circa la inoppugnabilità degli atti e la conseguente relativa certezza. Tale giudizio resta, poi, un giudizio in unico grado, contravvenendo al principio del doppio grado di giudizio, costituendo un residuato di prima dello Stato unitario per essere ricorso al Re.
6 – Eliminazione del Tribunale delle Acque, nelle sue articolazioni di Tribunale Regionale o Superiore, e di certo, quanto meno andrebbe eliminato il Tribunale Superiore come Giudice in unico grado, per i provvedimenti amministrativi in materia di Acque Pubbliche, con attribuzione ai TAR.

Vi sono, poi, alcune misure “non processuali” che potrebbero essere prese per il migliore funzionamento dell’apparato amministrativo.
7 – L’Organizzazione degli Uffici di TAR e Consiglio di Stato, così come quella delle altre Corti, dovrebbe appartenere al Ministero della Giustizia, in modo che il personale amministrativo sia inserito in un unico Ruolo e possa essere al meglio utilizzato.
8 – Ruolo Unico degli avvocati pubblici, al fine di valorizzare tale componente della Giustizia Amministrativa anche a garanzia dell’azione amministrativa per la composizione delle controversie come anche della esecuzione delle sentenze.
9 – Revisione della disciplina del Contributo Unificato. L’intento deflattivo del recente aumento è sicuramente meritevole, ma qualche aggiustamento pare d’obbligo per la sproporzione della tassazione, specie guardando al contenzioso civile ed al fatto che per il ricorso alternativo al Presidente della Repubblica si ha una minore spesa di ingresso, con una evidente disparità. Si potrebbe pensare ad una diversa modulazione degli importi, in senso diciamo così “premiale”, sulla base dell’anticipato abbandono del contenzioso, ad es.

Se le misure sopra indicate potrebbero essere immediatamente, la riforma del futuro che potrebbe mutare la Giustizia Amministrativa consiste invece nella seguente:
10 –Istituzione del Consiglio di Stato in sezioni macroregionali e conseguente sezione speciale della Corte di Cassazione (come accade per il tributario). Tale soluzione porterebbe ad una accelerazione dei tempi di decisione, perché territorialmente più accessibile, oltrechè ad una migliore calendarizzazione che tenga conto delle esigenze territoriali su opere ed interventi.
Il Giudice Amministrativo verrebbe ad essere Giudice del Territorio – come tutti gli altri Giudici – e non più semplicemente “Giudice del Potere Pubblico”, portando a termine quel processo di trasformazione della Giustizia Amministrativa che inizia con l’Unità di Italia.

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