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Matteo Renzi vs i poteri deboli

Marco Martorelli mercoledì 20 Maggio 2015
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Matteo-RenziLa vera opposizione a Matteo Renzi la fanno i “poteri deboli” di cui lo stato e la società italiane sono tradizionalmente intrisi e che, nella recente sentenza della Corte costituzionale in tema di pensioni e nelle agitazioni contro la riforma della scuola, hanno manifestato tutta la propria capacità di interdizione.

La legislatura si trova in una curva decisiva, le elezioni regionali si avvicinano e i rivali più agguerriti del presidente del Consiglio Matteo Renzi si trovano fuori dal Parlamento.
La vera opposizione a Matteo Renzi non la fa Pippo Civati – la cui uscita del Partito democratico è stata scontata quanto solitaria – né Pier Luigi Bersani e co. – la cui permanenza nel Pd è scontata quanto minoritaria – né i grillini (ancora non pervenuti) né il centrodestra (polverizzato). Per rassegnazione, velocità di adattamento o convenienza che sia, la classe politica ha metabolizzato la novità rappresentata da Renzi e ha compreso che nel medio periodo nessuno sarà in grado di affermarsi come alternativa concorrenziale al premier.
L’opposizione a Matteo Renzi non la fanno nemmeno i fantomatici “poteri forti” che – a dispetto di quanto la (assenza di) linea editoriale dei grandi quotidiani italiani farebbe pensare – semplicemente non esistono, né l’ipotetica “coalizione sociale” che il pragmatico Maurizio Landini sta mobilitando alla ricerca di sponde esterne al sindacato nella corsa alla successione a Susanna Camusso, alla guida della Cgil.
La vera opposizione a Matteo Renzi la fanno invece i “poteri deboli” di cui lo stato e la società italiane sono tradizionalmente intrisi e che, nella recente sentenza della Corte costituzionale in tema di pensioni e nelle agitazioni contro la riforma della scuola, hanno manifestato tutta la propria capacità di interdizione.
La risicata maggioranza dei giudici costituzionali e la diffusa minoranza degli operatori scolastici hanno utilizzato i diversi strumenti a propria disposizione per mandare al governo un segnale di forza, in nome dei cosiddetti “diritti acquisiti”, ossia la più classica giustificazione delle rendite di posizione e del “c’ero prima io”.
(Sia chiaro, una volta per tutte: di solito chi rivendica un proprio diritto come “acquisito” lo fa da una posizione di forza per garantire il proprio status a discapito della tutela dei diritti altrui. Non è una cosa proprio bella e –di sicuro – non di sinistra).
Ma i veri oppositori di Renzi, se si sono rivelati in grado di presidiare con finalità conservative alcune articolazioni vitali dello Stato – e quindi in quanto tali “poteri” – hanno mostrato la propria debolezza nella patente insostenibilità delle proprie tesi: se il governo avesse voluto rispettare alla lettera la sentenza n.70/2015 della Corte costituzionale, i conti pubblici sarebbero irrimediabilmente saltati, così come la somma delle rivendicazioni dei professori in assetto da protesta permanente condurrebbe la scuola verso un crack educativo ed economico.
Faccia attenzione, Matteo Renzi, perché – per deboli e residuali che siano – questi poteri sono espressione di ambienti classicamente presenti nell’elettorato del Partito democratico e la cui eventuale opposizione va gestita con un sapiente mix di ascolto ed intransigenza e –soprattutto – con un’accurata gestione dei tempi, come la tempestività del decreto a seguito della sentenza sulle pensioni e l’approfondimento del confronto sulla scuola lasciano intravedere.