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La lezione del NO al referendum: non solo buone idee, servono alleanze

Redazione venerdì 16 Febbraio 2018
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di Fedra Negri ed Elisa Rebessi

 

 

Il NO al referendum è motivato da euristiche semplificate di scelta (economic voting e partisan attachments), non dal contenuto della riforma costituzionale. Questo ci ricorda che per modificare le regole fondative della vita politica e varare riforme strutturali occorre costruire reti di consenso e stringere alleanze strategiche.    

 

Il fallimento del referendum costituzionale è stato un boccone amaro per buona parte dei riformisti. Sul piano della competizione partitica, ha determinato la fine del Governo Renzi, la messa in discussione della sua leadership nel PD e l’abbandono del partito da parte della sinistra interna. Nella sostanza, quel NO ha rimandato ancora una volta il superamento del meccanismo della doppia fiducia del Parlamento al Governo (sul contenuto della riforma: Stefano Ceccanti, Il bicameralismo che cambia).

 

Abbiamo indagato le ragioni del SI e del NO in un recente articolo scientifico pubblicato dall’Italian Political Science Review e abbiamo scoperto che non tutto è da buttare.

 

Coloro che hanno votato SI lo hanno fatto perché genuinamente convinti della necessità di riformare i rapporti fra parlamento e governo e perché soddisfatti dell’operato del governo Renzi. L’impatto positivo della condivisione della riforma sul votare SI permane anche ‘controllando per’ la vicinanza ideologica al PD: c’è quindi un bacino potenziale di elettori riformisti a cui fare appello in questa campagna elettorale (in voti assoluti, il SI ha raccolto circa 13.500.000 preferenze; mentre il PD circa 8.700.000 voti alle elezioni politiche 2013 e circa 11.200.000 alle elezioni Europee 2014).

 

Al contrario, coloro che hanno votato NO non sono stati per nulla orientati dal contenuto della riforma. Questi elettori hanno fatto ricorso principalmente a due potenti euristiche (meccanismi semplificati di scelta): la valutazione dell’andamento dell’economia (economic voting) e le indicazioni ricevute dai partiti di riferimento (parties’ cues e partisan attachments).

 

E qui la Morettiana lezione: le euristiche sono importanti! Forse peccando un po’ di superbia, lo stesso Renzi aveva cercato di fare ricorso all’euristica della leadership: ‘Se perdo, mi dimetto’. Inutile dire che in condizione di crisi occupazionale, l’economic voting ha largamente prevalso sulla valutazione dell’incumbent, il governo in carica guidato da Renzi.     

 

Infine, i partisan attachments hanno giocato un ruolo chiave: se gli elettori del PD si sono dimostrati più propensi a votare SI e meno propensi a votare NO, speculari ad essi si sono rivelati gli elettori vicini a FI e M5S, meno propensi a votare SI e più propensi a votare NO. Insomma, le indicazioni dei partiti hanno orientato il voto, peccato che sul fronte del SI fosse rimasto un partito solo.

 

L’analisi delle ragioni del SI e del NO al referendum costituzionale 2016 suggerisce che, quando la posta in gioco riguarda le regole fondative della vita politica e/o ampie riforme strutturali, i decision makers non possono prescindere dal formulare strategie ragionevolmente consensuali e dallo stringere accordi strategici. Tale constatazione non vuole essere un generico monito normativo, bensì trova ragione nell’evidenza empirica. La leadership individuale non basta. Non basta nemmeno la forza delle buone idee perché ci sono forti euristiche ad orientare le scelte di voto. Da questo punto di vista, la rottura del c.d. ‘Patto del Nazareno’ con Berlusconi è stata forse persino più grave della rottura con la sinistra interna. 

 

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Fedra Negri (Ph.D. nel 2016) è Assegnista di Ricerca Post Dottorato in Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Milano. Si occupa di politica comparata, populismo, analisi e valutazione delle politiche pubbliche. Le sue pubblicazioni includono articoli in riviste scientifiche internazionali quali West European Politics, South European Politics and Society, Party Politics e Government and Opposition. E-mail: fedra.negri@unimi.it

 

Elisa Rebessi (Ph.D. nel 2016) è Assegnista di Ricerca Post Dottorato in Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Milano. I suoi interessi di ricerca riguardano il ruolo delle corti nei processi di policy-making, con particolare attenzione alle relazioni tra corti costituzionali, corti amministrative e potere esecutivo. E-mail: elisa.rebessi@unimi.it

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