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Due letture possibili del commissariamento dell’Anpal

Pietro Ichino martedì 18 Maggio 2021
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di Pietro Ichino

Se è il passaggio necessario per porre fine alla disastrosa presidenza Parisi, bene; il discorso sarebbe diverso se fosse anche il passaggio necessario per riassorbire la struttura all’interno dell’amministrazione ministeriale.

Se il commissariamento dell’Anpal – Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, ndr – da parte del ministro del Lavoro è il passaggio necessario per interrompere prima del termine la disastrosa presidenza Parisi, ben venga. Il dubbio, però, è che il ministro stesso lo consideri invece come il passaggio necessario per riassorbire questa struttura all’interno del dicastero, ritrasformandola nella originaria “Direzione generale per le Politiche attive del Lavoro”: questa sarebbe una misura decisamente regressiva, un ritorno al punto di partenza, l’abdicazione allo sviluppo delle politiche attive del lavoro nel nostro Paese.

Certo, fin qui l’Anpal non ha svolto la propria funzione; ma c’è motivo di dubitare che una rediviva “Direzione generale per le Politiche attive” integrata nella struttura del ministero sarebbe capace di far meglio, su questo terreno. Tant’è vero che in tutti i maggiori Paesi europei si è affidata questa funzione a una struttura autonoma più agile di quanto sappia essere l’amministrazione statale.

Come rilanciare l’Anpal e la sua missione?

Innanzitutto istituendo – semmai – un suo stretto coordinamento con l’Inps, cui compete la gestione delle politiche passive del lavoro, cioè della NASpI e della CIG. Perché proprio da questo coordinamento potrebbero scaturire potentissimi incentivi economici al buon funzionamento delle politiche attive: basti pensare agli effetti che potrebbe produrre la destinazione all’Anpal e ai suoi dipendenti anche soltanto dell’uno per mille di quanto essa riuscisse a far risparmiare all’Inps col ricollocare efficacemente i disoccupati. Inoltre occorrerebbe realizzare un regime efficiente di sussidiarietà, che vedesse l’Anpal intervenire operativamente in tutte le situazioni – e sono molte – nelle quali le Regioni non riescono a svolgere correttamente la propria funzione nel campo dei servizi al mercato del lavoro.

Un progetto ambizioso? Forse. Ma qualcuno davvero è convinto che una rediviva “Direzione generale delle Politiche attive” ministeriale offra qualche chance di un risultato migliore?

Pubblicato su pietroichino.it il 17 maggio 2021

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