LibertàEguale

Digita parola chiave

I meandri burocratici del bicameralismo perfetto

Andrea Danielli mercoledì 2 Novembre 2016
Condividi

untitled

Non sempre il dibattito sul Referendum è in grado di essere comprensibile: si fatica ad afferrare il senso della fine del bicameralismo, si cercano numeri che hanno molte interpretazioni, si entra in tecnicismi sulle competenze reciproche delle nuove camere, si rimane sovente su un piano astratto. In questo articolo mi sono dedicato a raccogliere la triste storia di una legge estremamente utile, che riguarda un tema che impatta molto sulla nostra società come l’indebitamento eccessivo, e che è arrivata tardi. Magari così capiremo che una Riforma che migliori l’efficienza legislativa può davvero servire a tutti no

Non sono pochi i sostenitori del NO che, dati alla mano, sottolineano la prolificità del nostro Parlamento, competitivo con i parlamenti di altri paesi. La sola quantità è però quantomeno un esercizio truffaldino, per fortuna Open Polis mette a disposizione un’analisi molto approfondita che spiega origine e storia delle leggi:

Occorre infatti sapere che “delle oltre 565 leggi approvate nelle ultime due legislature, ben 440 sono state presentate dai vari esecutivi che si sono succeduti”. Ed è utile aggiungere in merito alla tipologia delle leggi che “a fare da padrone sono le ratifiche dei trattati internazionali, che rappresentano il 36,28% della produzione legislativa delle ultime due legislature.”

Solo il 20% delle leggi sono di origine parlamentare e hanno tempi di approvazione estremamente lenti: “se in media l’esecutivo impiega 133 giorni a trasformare una proposta in legge (poco più di 4 mesi), i membri del parlamento ce ne impiegano 408 (oltre 1 anno).”

Produrre leggi in ritardo in un mondo che cambia velocemente non è un valore. In alcuni settori le modifiche devono essere puntuali, uno di questi è quello di cui mi occupo per lavoro, il diritto bancario. Provate solo a riflettere sulle innovazioni tecnologiche degli ultimi anni in materia di sistemi di pagamento, prestito tra pari, criptovalute: meglio normarle il prima possibile per evitare abusi e salvaguardare migliaia di utenti.

Provate poi a pensare alla crisi nata negli Stati Uniti a causa dei mutui subprime, che si è trasferita in Europa colpendo le banche e i debiti sovrani, strozzando il credito e portando al fallimento migliaia di imprese esposte. Ha toccato il culmine mondiale nel 2009, Lehman è fallita a settembre 2008, in Italia è durata fino al 2014, salvo un piccolo rimbalzo 2010-11, presto cancellato dall’enorme tensione sul debito pubblico che portò alla fine del Governo Berlusconi.

Una delle tremende conseguenze della crisi è stata la perdita di lavoro per milioni di persone, che, per sopravvivere, in molti casi sono state costrette a indebitarsi. Le statistiche, tratte da un report Eurispes sul fenomeno dell’usura sono piuttosto eloquenti:

“[…] il 32,5% [del campione] ha avuto necessità di ricorrere ad un prestito bancario nell’ultimo triennio. Il 24,9% ha chiesto ed ottenuto il prestito, al 7,6% è stato invece negato. Tra chi ha chiesto un prestito in banca negli ultimi tre anni, il motivo più frequente risulta essere il mutuo per l’acquisto della casa (il 42,6%). Seguono poi la necessità di pagare debiti accumulati (36,3%), saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (29,7%), affrontare le spese per cerimonie (matrimonio, cresime, battesimi o altro) (18,4%) e per cure mediche (19,8%). Infine il 5,2% ha chiesto un prestito in banca per poter pagare le vacanze.”

Se vi domandate che cosa succede a quel 7,6% che non riceve il prestito, leggete per intero il report Eurispes. Vi anticipo che, molto probabilmente, finiranno per rivolgersi a degli usurai, magari vicini di quartiere che hanno qualche risparmio da parte, pensionati che sanno gestire i soldi o, peggio, criminalità organizzata che trova un modo produttivo di riciclare i suoi ingenti guadagni. Insomma, c’è un discreto problema di legalità, ma chiunque lavora con gli indebitati, come il sottoscritto, sa perfettamente che ci sono problemi di varia natura: psicologica (pressioni per il recupero del credito, sentimento di fallimento), familiare (tensioni nella coppia), medica (lo stress produce diverse sindromi), sociale (le difficoltà di salute rendono più difficile rientrare nel mondo del lavoro).

Per tutte queste ragioni ho deciso di raccontarvi la storia della legge 3/2012, legge che introduce in Italia una procedura per ridurre il sovraindebitamento di chi non può fallire: essenzialmente consumatori e micro-imprese. Consiste in una procedura presso il tribunale: il consumatore propone ai creditori, attraverso l’assistenza di un Organismo di Composizione delle Crisi, un piano per restituire i debiti, sovente diminuendone l’importo totale.

Purtroppo questa legge è arrivata in ritardo rispetto alla crisi economica, e la colpa è in parte dovuta al sistema bicamerale.

Trovo molto chiare le parole del sito JusDem: “Il legislatore nazionale, in realtà, si è dimostrato poco sensibile al problema del sovraindebitamento e restio nel darne regolamentazione, nonostante sollecitato sin dal 2009 con la Proposta Centaro, rubricata ‘Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovra indebitamento’, persa nei meandri burocratici della Camera dopo essere stata approvata dal Senato .

Soltanto nel 27 gennaio 2012 la problematica del sovra indebitamento viene vestita di dignità normativa con la legge n. 3 che sconta, però, una sorta di mutilazione sul piano rimediale, tanto evidente quanto immediato è il raffronto in negativo con il decreto legge del 22 dicembre 2011 n. 212, più corposo nella sostanza ma debole nello spirito, proprio perché irrazionalmente contenuto in una decretazione d’urgenza”.

Ulteriori approfondimenti sono presenti nel libro “La crisi del soggetto non fallibile”, a cura di Andrea Pisani Massamormile. Una nota, sempre di JusDem, ci consente di apprezzare un altro aspetto sempre centrato sulla Riforma; leggete: “In realtà, la preistoria del sovraindebitamento risale al 2001, quando l’Adiconsum deposita presso il CNEL un progetto di legge finalizzato alla predisposizione di un meccanismo di gestione concorsuale della crisi del debitore non fallibile, che ha successivamente interessato anche le discussioni in sede di riforma della legge fallimentare, senza però mai tradursi in un provvedimento normativo. Cfr. Dir. fall., 2003, I, 2064 ss. e Dir. fall., 2004, I, 845 ss.”

Il CNEL di cui si chiede l’abolizione, visto che si è rivelato inutile e costoso. Il Parlamento è intervenuto, impiegando però più di 3 anni (a distanza di 7 dalla proposta Adiconsum), e agendo in conflitto con un decreto governativo – i decreti su cui la Riforma vuole intervenire, diminuendone il ricorso ed escludendone l’abuso (non saranno più possibili decreti eterogenei su materie non urgenti).

Direte, tutto bene quel che finisce bene? Poteva finire meglio. La legge 3/2012 prevede la costituzione di un elenco per gli Organismi di Composizione delle Crisi. Indovinate quando è stato istituito l’elenco? “Lo scorso 27 Gennaio 2015 nella Gazzetta Ufficiale n. 21 è stato pubblicato il tanto atteso Decreto Ministeriale n. 202 del 24 settembre 2014. Il Regolamento giunge con quasi tre anni di ritardo rispetto a quanto previsto nell’art. 15 comma 3 della Legge n. 3 del 2012 e detta le norme fondamentali riguardanti i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovra indebitamento, oltre a definire i compensi ed i rimborsi spese spettanti agli organismi. Il provvedimento è entrato in vigore lo scorso 28 Gennaio 2015.”

Ho tenuto a raccontare qui un caso particolare ma, si scopre con poche ricerche in rete, non sono poche le leggi bloccate nella spola tra le camere. E tra tante ragioni possibili, temo che la tattica politica ricopra un ruolo rilevante: si sblocca una legge alla Camera, dove i numeri sono più solidi, se l“avversario” dà un aiuto in Senato, dove la maggioranza è più risicata. Un modo di mercanteggiare che potremo eliminare con la Riforma.

Un ultimo aspetto poco considerato della Riforma è la modifica delle leggi di iniziativa popolare: il nuovo art. 71 prevede un aumento del numero di firme da raccogliere, 150.000, ma in cambio garantisce che la legge venga discussa in Parlamento con tempi certi. Un cambio che potrebbe migliorare il destino di queste iniziative: dal 1979 a oggi, su 260 solo tre sono diventate legge, l€’ultima nel 2000; 137 non sono mai state discusse (dal Fatto Quotidiano).

Invece che perdere tempo con un inutile passaggio al CNEL, avremmo potuto raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare sul sovraindebitamento con il lavoro congiunto delle associazioni dei consumatori, e di chi ha cuore la legalità. Basta un sì per avere questa opzione in futuro: i temi su cui è urgente agire sono ancora numerosi.

 

 

 

Nota: Il contenuto di questo articolo riflette esclusivamente le opinioni dell’autore e non impegna la responsabilità della Banca d’Italia.

Tags: