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Il Primo Maggio non è ancora una festa di tutti gli italiani

Pietro Ichino domenica 1 Maggio 2022
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di Pietro Ichino

 

Sarà davvero la festa di tutti quando il sistema dell’educazione, quello dell’orientamento e (soprattutto) quello della formazione professionale saranno più capaci di prendere per mano i più deboli e guidarli sui percorsi giusti verso una domanda di lavoro che resta in gran parte insoddisfatta

 

Nell’ultimo rapporto BES, sul “benessere equo e sostenibile” degli italiani, l’Istat ci avverte che le cose non vanno bene. Per le nuove generazioni si registra un netto peggioramento rispetto a prima della pandemia: si è bloccata la crescita dei diplomati; nella fascia di età fra i 30 e i 34 anni si è addirittura ridotta la percentuale dei laureati, che ora è del 26,8 per cento contro la media Ue di 41; più in generale, l’Italia resta uno dei Paesi europei con il più alto tasso di sottoutilizzo della forza-lavoro, ovvero di impiego delle persone in mansioni non corrispondenti al livello della loro istruzione o formazione professionale.

Ma quel che è peggio è che il tasso di occupazione italiano è ancora al 63 per cento, dieci punti sotto quello della media UE. Questo significa che la Festa del Lavoro è ancora la festa di 23 milioni soltanto di italiani, quelli che un lavoro retribuito bene o male lo hanno; ma se il nostro tasso di occupazione fosse allineato alla media UE sarebbero tre milioni e mezzo in più. Se, poi, il nostro mercato del lavoro funzionasse come in Gran Bretagna, sarebbero cinque milioni di più; se funzionasse come quello dei Paesi scandinavi, otto milioni di più.

 

Tasso di abbandono scolastico nella fascia di età 18-24 – Fonte: Eurobarometro

 

Un grosso problema è che funzionano male i servizi all’incontro fra domanda e offerta. Mentre i giovani stentano a trovare l’occupazione cui aspirano, nello stesso tempo in Italia si registrano più di mezzo milione di situazioni di skill shortage: posti di lavoro che restano permanentemente scoperti perché non si trova chi abbia le capacità necessarie per occuparli. E le persone che cercano un lavoro o vogliono migliorare la propria posizione professionale non hanno chi le indirizzi sui percorsi giusti per poter sfruttare le opportunità che pure esistono. La rete dei Centri per l’Impiego svolge ancora quasi esclusivamente una funzione burocratica e non di servizio all’incontro fra domanda e offerta; e l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, istituita nel 2015 per costituire il motore delle politiche stesse, è rimasta per due anni paralizzata da un presidente che pretendeva di svolgere la sua funzione dal Mississippi, poi è stata reincorporata nel ministero del Lavoro (come se questa misura fosse coerente con l’obiettivo di sburocratizzarla, incrementarne l’agilità operativa, stimolarne la capacità di iniziativa).

Il nostro complesso sistema delle protezioni, bene o male, funziona per chi nel mercato del lavoro c’è già, o riesce a entrarci da solo. Ma milioni di persone, che da sole non ci riescono, sono ancora in attesa di qualcuno che le aiuti efficacemente a trovare la strada per la buona occupazione. Il Primo Maggio sarà anche la loro festa quando il sistema dell’educazione, quello dell’orientamento e (soprattutto) quello della formazione professionale saranno più capaci di prenderle per mano e guidarle sui percorsi giusti. E al contempo più capaci di rispondere alle esigenze nuove del tessuto produttivo.

 

Articolo di fondo pubblicato dalla Gazzetta di Parma il 1° maggio 2022 – V. anche il commento dell’anno scorso alla Festa del Lavoro: Il Primo Maggio nell’era del Recovery Plan

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