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Il Recovery Plan per il Sud dell’Europa

Rosaria Caltabiano sabato 20 Febbraio 2021
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di Rosaria Caltabiano

Fatto il Governo è il momento di decidere adesso con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , specie per il Sud. La filosofia di successo è far tornare il Sud protagonista del dibattito nazionale perché il Sud ne ha ottimi titoli di merito. È tempo di smettere di ragionare e di cercare aiuti, ma invertire la prospettiva e chiedersi cosa può dare il Sud, non quello che deve ricevere.

L’approccio è un nuovo protagonismo del Sud di questo Paese, che è il Sud dell’Europa, ma è anche il centro del Mediterraneo, elaborando dunque una prospettiva utile per il Paese e per l’intero continente europeo. La pandemia ci ha dimostrato in maniera netta quanto la Comunità Europea è luogo di inclusione sociale, di protezione.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è lo strumento per cogliere la grande occasione del Next Generation EU e rendere l’Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa. Un insieme di azioni e interventi disegnati per superare l’impatto economico e sociale della pandemia e costruire un’Italia nuova.

L’azione di rilancio è connessa a tre priorità strategiche cruciali per il nostro Paese e concordate a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale.
Allo stesso tempo, gli interventi del Piano saranno delineati in modo da massimizzare il loro impatto positivo su tre temi sui quali si concentrano le maggiori disuguaglianze di lungo corso: la parità di genere, la questione giovanile e quella meridionale.

Il PNRR interviene su questi nodi fondamentali attraverso un approccio integrato e orizzontale, che mira all’empowerment femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani e allo sviluppo del Mezzogiorno.

Quindi la sfida è sviluppare un nuovo protagonismo meridionale, una nuova identità geopolitica.
Perché ciò si concretizzi, occorre anche che si realizzino luoghi di riflessione e di analisi tra individui che ragionino in termini di comunità, per compensare “assenze” della classe politica.
Il Paese reale, quello del terzo settore, sembra migliore del Paese di rappresentanza politica. Ci sono interessanti movimenti dal basso, dai territori.

Lo stesso Draghi ha già detto che il Sud dev’essere centrale per lo sviluppo complessivo del Paese, quindi non sussidi, ma progetti produttivi. Il treno passa nel prossimo mese di aprile: bisogna non perderlo. C’è l’opportunità di un grosso piano di investimenti, così come li chiede l’Europa, che interpreti le capacità istituzionali e l’innovazione anche nella Pubblica Amministrazione.

I territori del Sud dovranno saper immaginare i futuri fondi in parallelo alla gestione ordinaria, non da destinare alle spese straordinarie: i fondi devono essere investimento produttivo di programmazione.

E perché siano ben investiti, i fondi devono essere investiti su progetti pensati da “cervelli” e il Sud deve porsi il tema della “fuga dei suoi cervelli” assenza che ha indebolito la prospettica di una presente e futura classe dirigente. È dovere dunque catalizzare e tenere al Sud le energie giovani.

Resilienza o meglio Antifragilità concetto coniato da Nassin N.Taleb, è ciò che va applicato al Sud: non tutela passiva dell’esistente, ma superamento attivo di ogni choc per ricostruire. Non continuare a difendere o addirittura ricostruire un passato ormai dissolto. Il futuro va inventato, non raccontato, basandosi su principi quali comunità, educazione, comunicazione, tutti termini di declinazione femminile. Dobbiamo chiedere e proporre cambiamenti radicali, di obiettivi e di metodi e ricette nuove, strumenti e sostegni per scenari in gran parte da immaginare e di cui orientarne la costruzione.

L’esperienza pandemica ha riportato al Sud energie giovani che tornando hanno anche deciso di restare. Ora bisogna sostenere queste energie, fare emergere un nuovo protagonismo, non quello esclusivo di pochi, ma con il coinvolgimento di tutti i cittadini. Elaborare una visione che faccia perno sulle grandi energie del Meridione.

Non più raccontare la storia raccontata da altri, ma costruirne una nuova. 210 miliardi di euro: questa è la cifra destinata all’Italia dai fondi europei. Non è un regalo, di fatto sono debiti, tranne che non diventino attività produttive che ripagano il debito e lasciano risorse. Il Sud, il mediterraneo può diventare un hub di approdo, ma anche un luogo identitario di cultura e formazione per il mediterraneo. Per dirla spietata: non un modello lombardo applicato in Sicilia, ma modello mediterraneo per il mediterraneo.

Il Recovery Found è un richiamo continuo allo sviluppo ecologico, all’agricoltura, ai borghi minori, al green, alle fonti rinnovabili. In altri termini contrasto al gigantismo finanziario. È tempo di costruire con saggezza e sacrificio, come si è fatto nel dopoguerra; è un modello difficile, che si tende a rifiutare, ma necessario.

È una responsabilità intergenerazionale, come ha detto Papa Francesco in enciclica. Occorre avere una visione che superi l’oggi, che progetti il futuro. Non è più tempo di vivere schiacciati sul presente. Il Recovery Plan dà l’opportunità di progettare il futuro. E dunque, riflettere e caratterizzare i concetti di resilienza e antifragilità: l’antifragilità è una forza che davanti ad uno choc fa rimettere in gioco per cambiare. È una sorta di selezione naturale: la possiede e ne fa strumento chi non si tutela passivamente, ma chi si protegge per andare avanti.

Il Sud partecipi come protagonista anche per il superamento delle diseguaglianze, consapevoli delle risorse e dell’identità per costruire la nuova Europa. No ai singoli messia che da soli pensano si salvare le sorti di tutti. Comunità, partecipazione, comunicazione. Lavorare insieme e per gli altri per fare comunità di protagonisti.

 

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