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Strategie monetarie e fiscali: lo scenario economico futuro

Amedeo Lepore mercoledì 12 Ottobre 2022
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di Amedeo Lepore

 

Lo scenario prossimo venturo dell’economia delineato dalle analisi più recenti induce a serie preoccupazioni e a una maggiore consapevolezza degli interventi di fondo necessari. Il contesto odierno è caratterizzato da un insieme di focolai di crisi, che vanno dall’impennata dei prezzi dell’energia, alla scarsità di molte materie prime e al rincaro smisurato del carrello della spesa e delle bollette. Il combinato disposto di queste circostanze annuncia l’avvento di un anno tormentato, segnato, con ogni probabilità, da una recessione di non breve durata, a meno di un cambiamento significativo dello scenario generale.

Il Rapporto del Centro Studi di Confindustria, pur mostrando finora un ottimo andamento delle esportazioni (con un aumento del 7,9% a prezzi costanti, rispetto alla media dello scorso anno) e un recupero più accentuato dell’economia italiana in confronto a quella degli altri Paesi europei (con una crescita acquisita del Pil pari al 3,6% per il 2022, contro il 3,2% dell’eurozona), prevede una “crescita zero” per il 2023. L’Italia, quindi, si troverà al centro di un’elevata inflazione e una dolorosa stagnazione produttiva.

Per Christophe Morel, capo economista di Groupama Asset Management, nei Paesi sviluppati non si tratterebbe di una stagflazione, poiché la riattivazione delle attività economiche ai livelli precedenti al Covid-19 sembra rendere la condizione attuale simile a un fenomeno di reflazione. Inoltre, sta prendendo piede una pratica di cosiddetta “shrinkflation” da parte delle multinazionali, che riducono la quantità di prodotto contenuta nelle confezioni, senza diminuire i prezzi al pubblico, creando, in questo modo, un’inflazione occulta.

Dal canto suo, in un articolo sulla “grande stagflazione” in arrivo, un economista come Nouriel Roubini ha colto il pericolo di una recessione “grave e prolungata, con diffuse difficoltà finanziarie e crisi del debito”, che non permette affatto un atterraggio morbido e rischia di provocare addirittura un crollo dell’economia.

Il Fondo Monetario Internazionale ha nuovamente rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita, ipotizzando che un terzo dell’economia mondiale entrerà in recessione tra il 2022 e il 2023.

Il “Global economic outlook” per il quarto trimestre 2022, predisposto dall’Economist Intelligence Unit, descrive un’economia mondiale in preda a “forti venti contrari”, a causa del conflitto in Ucraina, dell’inasprimento monetario globale e del rallentamento della crescita cinese. Questo frangente dovrebbe proseguire per il prossimo anno, con perduranti interruzioni delle catene di fornitura e innalzamenti dei prezzi dell’energia, accompagnati da un’intensificazione degli sforzi delle principali banche centrali per mettere sotto controllo l’inflazione. Secondo l’EIU, il razionamento del gas e l’ulteriore rialzo dei prezzi dell’elettricità porteranno l’eurozona a patire una recessione per l’intero 2023. Insieme a Germania e Austria, che dipendono decisamente dal gas russo e non hanno fonti di approvvigionamento alternative, anche l’Italia sarà duramente colpita dalla crisi energetica. La stima di crescita per l’anno venturo, in questo documento, è negativa per Francia (-0,3%), Germania (-1%) e Italia (-1,3%). Completano il quadro europeo, standard ancora elevati di inflazione, cali di fiducia nelle possibilità di ripresa e riduzioni del commercio estero, che contribuiscono all’estrema debolezza della performance economica globale nel 2023.

The Economist, a sua volta, ha pubblicato un rapporto speciale sull’economia mondiale, nel quale indica le sfide da sostenere nel breve e nel lungo termine. Nel periodo più immediato, l’entità straordinaria della spesa pubblica per contrastare gli effetti della pandemia, della guerra e della stangata energetica complicherà il perseguimento dell’obiettivo di un’inflazione al 2%, ponendo un arduo problema alle banche centrali e ai governi. In un arco di tempo più vasto, l’intento sarà quello di scongiurare le crisi fiscali, cercando di affrontare il dilemma dell’invecchiamento della popolazione, che comporta un incremento degli interventi per l’assistenza sanitaria e le pensioni. Il rapporto, pur rimarcando le differenze tra le scelte seguite alla crisi finanziaria globale del 2007-2009 e quelle successive agli eventi imponderabili del 2020, evidenzia una notevole inversione di tendenza nei Paesi avanzati, il cui esito potrebbe essere una contrapposizione tra le strategie monetarie molto restrittive di banche centrali aggressive e le politiche fiscali ampiamente espansive di governi prodighi, ostacolando la lotta all’inflazione e indebolendo i propositi di ripresa.

Da queste valutazioni, dunque, scaturisce l’esigenza di fare “lavorare in tandem” le opzioni in campo monetario e fiscale, provando a regolare le diverse intensità dei tassi di interesse, dei sostegni alle imprese e degli stimoli agli investimenti produttivi in maniera articolata, in base alla tendenza dei principali indicatori macroeconomici. Così, una situazione complessa e sfavorevole potrebbe, paradossalmente, fornire strumenti efficaci per una politica economica inedita, accorta e vantaggiosa al tempo stesso. Non è certamente un compito agevole, soprattutto in questo momento.

L’Europa, se vuole continuare a dare la buona prova di cui è stata capace dopo la pandemia, deve intessere con grande avvedutezza la tela di una strategia coraggiosa e condivisa, superando ogni tentazione alla frammentazione e all’inseguimento di fragili interessi unilaterali.

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