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Facebook, social media e democrazia. Zuckerberg a Bruxelles

Carlo Fusaro lunedì 17 Febbraio 2020
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di Carlo Fusaro

 

Da almeno due anni cerco di sollevare – sostanzialmente invano, in Italia – la questione di come le grandi piattaforme e i social media (a partire da Facebook) costituiscano una sfida per le nostre democrazie liberali e un moltiplicatore difficilmente contenibile di interferenze esterne (Russia, Iran, etc.) e soprattutto del linguaggio d’odio e delle parole d’ordine sovraniste ipersemplificate. Trovo invariabilmente il grillo parlante che mi spiega che internet non si può limitare, che la libertà di pensiero va tutelata, che le fake e il linguaggio d’odio si combattono con più informazione ed educazione ai media (vero, ma non basta), e che si possono sempre applicare le regole del codice penale (il che mi pare una vera presa per i fondelli).

All’estero invece ci si preoccupa eccome, a partire da Regno Unito (perfino i conservatori), Germania, Francia: ciascun grande paese cerca di trovare la sua strada (a parte l’Italia grillina). Chiaro che ricette facili e bilanciate non ce ne sono. Io insisto perché credo nelle cose semplici e non nelle astrazioni dottrinali: se ci pensiamo bene, tutti i media che oggi consideriamo tradizionali (dalla stampa alla radiotelevisione) hanno prima o poi trovato e imposto una regolazione.

Per fortuna a livello europeo (UE) ci se ne occupa, eccome. Riporto a titolo di esempio la traduzione di alcuni paragrafi dal “Playbook” di “Politico” di oggi a cura di Florian Eder e Shoya Sheftalovich.

«Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg sta affrontando crescenti sollecitazioni ad aprire il suo scrigno del tesoro e rendere trasparente il funzionamento degli algoritmi della sua azienda, per evitare di essere prima o poi obbligato a farlo. “L’Europa ha bisogno di tracciare alcune chiare linee rosse di regolamentazione per proteggere i nostri cittadini dai potenziali impatti negativi degli algoritmi”, ha detto a Playbook Manfred Weber, presidente del gruppo PPE [PPE! NdT] al Parlamento Europeo, quando gli è stato chiesto cosa ha ricavato da una conversazione privata con Zuckerberg questo fine settimana ai margini della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera.

Zuckerberg “non ne è pienamente consapevole”: la riunione non è andata così bene, sembrerebbe, nonostante l’ambiente accogliente… Weber ha riconosciuto che “Facebook ha fatto dei piccoli passi” nella giusta direzione, ma ha detto “è preoccupante sentire che non sono pienamente consapevoli delle sfide che le loro aziende stanno creando per la democrazia come la conosciamo noi”.

Weber ha scritto a Zuckerberg una lettera, che “Playbook” ha avuto e cita, proprio in vista del loro incontro che, alla luce di quanto sopra, non sembra aver avuto tanto successo… Weber ha usato la crisi del coronavirus come esempio per illustrare che “i post sui social media sono amplificati da algoritmi poco trasparenti… La disinformazione si sta diffondendo rapidamente e così il panico tra i nostri cittadini”. Ha aggiunto che i social network “fungono da servizi di amplificazione per siti web che altrimenti avrebbero ricevuto poca attenzione”.

Weber ha detto a Zuckerberg nella lettera che “è giunto il momento per voi di mostrare maggiore trasparenza su come il vostro algoritmo è stato progettato, su come la libera espressione è rispettata sulle vostre piattaforme, su come viene innescato l’estremismo, su come prevenire gli abusi sulle vostre piattaforme e di spiegare le implicazioni della vostra nuova metrica chiamata Click-Gap e di fare in modo che gli algoritmi siano resi verificabili”. “Vorrei invitarvi ad avviare un dialogo con l’UE per individuare nuovi approcci che possano affrontare adeguatamente la portata dei problemi – altrimenti l’opzione definitiva sarebbe quella di una regolamentazione rigorosa, anche in materia di responsabilità”, si legge nella lettera.

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