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Incentivi e sviluppo: prendere sul serio il Sud

Marco Leonardi martedì 11 Settembre 2018
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di Marco Leonardi

 

Il successo del M5S

1) La battaglia politica al Sud ha cambiato pelle: la promessa del reddito cittadinanza e la capacità di intercettare i voti di chi più ha pagato la crisi economica hanno consegnato al Movimento il successo alle politiche 2018. Il 99% dei voti aggiuntivi ottenuti dai 5Stelle, rispetto al 2013, vengono dal Sud (2.010 su 2.035 milioni) e in futuro c’è il rischio che l’aspettativa di un reddito di cittadinanza possa garantire ai 5 Stelle un ruolo almeno da partito regionale del Sud.

 

Reddito di cittadinanza = assistenzialismo

2) Il reddito di cittadinanza rappresenta la resa della politica. Stiamo assistendo a una sfida finale, tra una strategia di politica economica basata sul reddito cittadinanza e una basata sullo sviluppo. Il reddito di cittadinanza è un messaggio politico, culturale, sociale ed economico devastante. Dopo aver tentato per un secolo di convincere il Sud che il nostro obiettivo era dare lavoro ai giovani e alle famiglie, oggi ci troviamo di fronte al successo di chi promette di dare un reddito senza lavoro. Assistenzialismo vs. opportunità.

 

Perché il Pd ha perso al Sud

3) Dobbiamo capire perché il PD ha perso voti al Sud. Per ragioni di tempo parlo solo di economia e non di partito locale e di legalità che pure sono questioni essenziali.

Sul fronte imprese, la strategia messa in campo per consentire ai privati di mettere in moto occupazione e investimenti era quella giusta, ma non siamo riusciti a “monetizzarla”. Abbiamo raddoppiato le decontribuzioni per le assunzioni e i crediti di imposta, abbiamo lanciato il programma “Resto al Sud” per il lavoro autonomo, ma abbiamo avviato troppo tardi l’istituzione delle zone economiche speciali e solo l’ultimo anno abbiamo designato un Ministro per il Sud.

Non abbiamo dato l’idea che il sud fosse al centro dei nostri pensieri.
Purtroppo abbiamo perso voti tra i dipendenti pubblici gran parte dei quali vive al Sud: con la Buona scuola, abbiamo tentato di convincerli che per avere una scuola attenta agli studenti, moderna ed efficiente i presidi dovevano poter “scegliere” gli insegnanti; con la Riforma della P.A., abbiamo provato a convincerli che le norme sul licenziamento sarebbero state le stesse nel pubblico e nel privato. Sappiamo che non era così in entrambi i casi ma abbiamo dato quell’idea sbagliata e purtroppo non abbiamo completato il lavoro, riuscendo ad allontanare le persone e il loro voto da noi.

 

Una strategia coerente

4) Ciò detto ora pensiamo a cosa fare. Per sconfiggere la cultura del reddito di cittadinanza, ci vuole una strategia coerente che guardi al futuro.

Partiamo dal settore pubblico. Grazie ai nostri governi è stato ottenuto lo sblocco del rinnovo dei contratti ed è assurdo che il merito se lo prendano altri. A fronte dell’annuncio di nuove assunzioni per 450mila nuovi dipendenti pubblici, dobbiamo ribadire che il punto non è “quanto assumi”, ma “come assumi”. La proposta del Governo è folle perché implica occupare una sola generazione di giovani, invece di spalmare i benefici dello sblocco del turnover lungo un arco temporale più lungo in modo da inserire nella PA professionalità con competenze sempre più aggiornate. Dobbiamo dire senza paura che 450mila persone oggi vuol dire che il prossimo concorso pubblico sarà bandito tra 20 anni. Inutile sperarci.

Dobbiamo dire che le promesse di intervento pubblico possono essere deleterie se non coordinate e, peraltro, mostrano presto la corda, come si è visto già nei casi di ILVA e di Autostrade: dopo i roboanti annunci, le promesse nazionalizzazioni sono state seguite da una rapida marcia indietro.

Dobbiamo dire che il Sud ha bisogno urgente di una legge di bilancio centrata su investimenti in infrastrutture e che l’Agenzia di Coesione non può avere solo potere di moral suasion.

Di questo ha bisogno il Sud e di rafforzare gli incentivi per imprese e i sussidi di povertà. Non ha bisogno di un reddito di cittadinanza su cui pur molti ci spingono a trovare un accordo con il M5S.

PS: Ravenna non è il posto giusto per “romanizzare i barbari”: Ravenna è la città di Teodorico, un Barbaro romanizzato che alla prima occasione fece fuori i romani e governò per 30 anni. Ma dopo di lui arrivò il Medioevo e la città che è ancora famosa per i mosaici blu, interrò il porto e divenne un pascolo di pecore (come il resto dell’Italia).

 

 

Sintesi dell’intervento – pronunciato nel corso della Festa dell’Unità di Ravenna – al panel sul Mezzogiorno con Vincenzo De Luca, Teresa Bellanova e tanti altri. 

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