LibertàEguale

Digita parola chiave

Renzi, la Leopolda, l’orgoglio dei riformisti

Umberto Minopoli martedì 11 Settembre 2018
Condividi

di Umberto Minopoli

 

Ho ascoltato in streaming Renzi alla Festa di Firenze. Credo abbia toccato la chiave giusta. Per delineare la collocazione, attuale e futura, del Pd. E anche l’identità congressuale della sua posizione.

Ha detto due cose importanti, inedite e diverse da quelle che sostengono tutti gli altri dirigenti del Pd. A cominciare da Zingaretti. Che parla solo di formule generiche e parla del passato.

 

La Leopolda dei Sì

La prima è che la Leopolda sarà un evento in cui si parlerà dei Si. In un’Italia dove i gialloverdi hanno imposto il regime dei No (alle opere, alla Tav, al Tap, alla Gronda a Genova, all’Ilva, al lavoro flessibile, ecc.), la Leopolda sarà l’evento dei Si, del fare, delle idee per la ripresa del paese. Delle riforme possibili per uscire dalla stagnazione e dall’ideologia stagnazionista e di decrescita del paese. Finalmente si torna al riformismo. E si abbandonano le prediche legnose (Veltroni).

 

Prendere di petto il populismo

La seconda cosa detta da Renzi è ancora più importante. Direi strategica. Renzi, invita a non aver paura di battaglie controcorrente. E a prendere di petto la contrapposizione al populismo (altro che intese con esso). Il populismo non è solo, come sostiene una parte della sinistra, un segnale di protesta sociale, una manifestazione di malessere, di paura di impoverimento. Da comprendere e accarezzare, come fanno le sinistre che si richiamano al modello di Corbyn. No. Il populismo non è un sintomo. E’ la malattia.

E’ la degenerazione di una società in cui prevalgono disgregazione, demagogia e l’irresponsabilità dei governanti, il ‘promessismo’ di tutto da parte di tutti, il saccheggio dello Stato, l’esaltazione dell’assistenzialismo, del sussidio senza lavoro, dell’egoismo.

E’ l’ideologia – che la sinistra e il sindacato di sinistra hanno per prima generato e poi alimentato chiamandola “cultura dei diritti” – del rivendicazionismo esasperato, delle pretese senza corrispettivo, della protezione (che non protegge). Sempre e solo “diritti” è la fine del civismo.

 

Una cultura della responsabilità

Ecco il populismo. Occorre all’opposto, finalmente, una cultura della responsabilità e dei “doveri”. Renzi, unico e diverso da ogni altro leader e candidato del Pd, sceglie di indicare non l’appeasement con il populismo del “dirittismo” ma la contrapposizione frontale: una battaglia etica, politica, culturale per la centralità dei “doveri”. E senza paura che appaia, oggi, una lotta di minoranza. Deve tornare l’ottimismo: opporsi al populismo si può. L’Italia e l’Europa, non possono tollerare le ricette populiste. Sono inapplicabili. I governanti populisti mostrano la loro faccia: bulli e sfacciati ma inconcludenti e pericolosi. Tornerà, dice Renzi, la centralità della politica, della responsabilità, dei “doveri”. L’Italia aprirà gli occhi. Facciamola questa battaglia. Etica, di idee, di responsabilità. Di un’altra Italia.

 

Il ritorno del riformismo

E al diavolo chi si è, politicamente, culturalmente e moralmente, arreso al populismo. A me questa battaglia frontale al populismo piace più della disputa sui candidati al congresso del Pd. Renzi, finalmente, recupera il renzismo: il riformismo positivo e ottimista dei suoi 5 anni, della battaglia del Si. Una boccata d’aria. E, con dentro, più Einaudi, più Italia liberale e dei doveri che Corbyn e la sua cupa piattaforma para populista. Non so voi ma io con un Renzi così mi ritrovo.

Tags:

Lascia un commento

L'indirizzo mail non verrà reso pubblico. I campi richiesti sono segnati con *