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Basta ping pong di accuse. Per ripartire serve un pensiero

Tomaso Greco venerdì 10 Aprile 2020
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di Tomaso Greco

 

Com’è noto la pandemia ha congelato i campionati e persino le olimpiadi. Ma gli amici sportivi non disperino: un torneo continua nonostante i decreti e i provvedimenti regionali. Anzi, in parte, si può dire che è alimentato da essi.

È il torneo di ping-pong tra gli amministratori pubblici ai più vari livelli, dove vince chi riesce a buttare nella porzione di tavolo avversaria una parte delle responsabilità.

Perché a sentire gli uni è colpa di quegli altri, che a loro dire sono notoriamente incapaci e anche un po’ in mala fede. E uno fa a tempo a convincersi che sì, a conti è fatti è proprio così. Fino a quando non ascolta la versione di quegli altri e si convince del contrario. E così più volte al giorno. Del resto la coppa è ambita e sono le amministrative del prossimo anno.

Il dibattito politico prova a sostituirsi ora alla magistratura inquirente ora al giornalismo di inchiesta. È il bello (o il brutto) del pensiero debole.

Ci si distingue dall’avversario non per una visione del Paese (o della regione o del comune), quanto per la capacità, beninteso sedicente, di esprimere amministratori capaci e onesti. Siccome poi capacità e onestà sono doti individuali, capita che la loro distribuzione sia bipartisan. Stessa cosa vale, ahinoi, per cialtroneria e malaffare.

Insomma il problema non sembrano essere le persone, che potrebbero essere migliori o peggiori, ma le idee. Se è vero che di fronte alla più grande tragedia sanitaria e civile la politica non è in grado di stare al suo posto, vale a dire a indicare al Paese vie d’uscita e di ripartenza anche ferocemente tra di loro contrapposte.

Chi sperava in una moratoria della polemica, magari in nome del bon ton, evidentemente non aveva fatto fino in fondo i conti con il ”vale tutto” del dibattito social. Il problema di questa querelle non è il suo essere, di fondo, fuori luogo, irrispettosa e anche un po’ macabra. Ma è il suo essere fuori tempo: giova solo a chi la fa. E forse neanche a loro.

L’Italia dei buoni amministratori può eventualmente essere attrezzata per una campagna elettorale continua – del resto è la storia della seconda e della terza repubblica -, ma non per disegnare un futuro da qui ai prossimi due, cinque, dieci anni.

C’è da riscrivere il rapporto tra Europa e stati membri, ripensare la fisionomia produttiva e industriale, dare risposte alle grandi sfide globali, oggi il coronavirus, domani l’emergenza ambientale.

Solo per dire i primi temi che vengono in mente tra un set e l’altro dell’agguerritissimo match di ping-pong. E se dopo si voltasse, finalmente, pagina?

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