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Europa, serve una difesa comune

Rosario Sapienza giovedì 16 Settembre 2021
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di Rosario Sapienza

 

È successo tutto nello spazio di cinque giorni, da venerdì 10 settembre a mercoledì 15.  E tutto a Strasburgo, tra la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha inaugurato in presenza e in ritardo il proprio anno giudiziario e il Parlamento europeo, davanti al quale la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha tenuto il proprio discorso sullo Stato dell’Unione.

Strasburgo, dunque, e ancora una volta, si conferma una delle capitali di questa Europa che cerca, che non smette di cercare, una propria identità comune.

Tutto dunque è successo a Strasburgo e, per quanto le due occasioni fossero certamente differenti per pubblico e risonanza mediatica, il confronto nasce inevitabile.

Concreto e diretto, pur nel doveroso comprensibile understatement diplomatico, è apparso il discorso del giovanissimo (non ancora cinquantenne) presidente della Corte europea, tutto volto a ribadire l’attaccamento della Corte alla rule of law e, più in generale, alla tutela internazionale  dei diritti umani in una società europea che la vede costantemente in pericolo, sia per i sempre risorgenti sovranismi, sia per le nuove minacce della società digitale (alle quali è stato dedicato nella stessa giornata un apposito convegno).

Visionario, a tratti sentimentale, alla ricerca dell’anima (perduta?) dell’Europa, è stato invece il discorso della presidente della Commissione europea von der Leyen, tra citazioni di Schuman (è suo il riferimento all’anima dell’Europa) e Delors, e la celebrazione di Bebe Vio, presente in aula, a incarnare il modello di una Europa giovane e indomita, capace di guardare al futuro e di costruirlo. Suo è lo slogan che la presidente ha citato in chiusura del suo intervento, e lo ha detto proprio in italiano, “se sembra impossibile, allora si può fare”.

Tuttavia, al momento di scendere alla concretezza delle scelte quotidiane, la presidente si è attardata nella celebrazione dei risultati (innegabili, ma ancora tutti da cogliere appieno) nella lotta alla pandemia e nel rilancio dell’economia europea.

Riferimenti tanti: al nuovo programma HERA, per una sanità europea, al Next Generation EU, al Nuovo Patto Europeo per le Migrazioni. Tutte cose, però, ancora da vedere all’opera.

Unica novità, importante certo, ma anche questa ancora da realizzare, il riferimento alla necessità di una Unione europea della difesa. Tema attualissimo, alla luce delle tante novità sullo scenario internazionale, ma all’ordine del giorno praticamente da sempre, e da sempre occasione di divisioni e polemiche.

Nulla invece su alcune tematiche di rifondazione dell’Europa, su un nuovo assetto costituzionale che valorizzi la democrazia dal basso (come ha notato polemicamente il presidente del Comitato delle Regioni Tzitzikostas). Poco o nulla, aggiungeremmo, sulla Conferenza per il Futuro dell’Europa.

Si dirà che ognuno ha la sua personalità e che, lo riconosciamo anche noi, differenti erano i contesti.

Resta però l’impressione di una Europa del diritto che avanza, pur tra mille difficoltà, e di una Europa della politica avvitata nelle diatribe e nelle controversie tra gli Stati membri, in definitiva i suoi unici azionisti, e sempre più lontana dai sogni della gente comune.

Due Europe, dunque? Forse. A Strasburgo, però, c’erano entrambe. E questo, tutto sommato, è ciò che conta.

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