Il Presidente della BCE, Mario Draghi, nel corso del recente European Banking Congress a Francoforte, intervenendo sullo stato dell’economia e del sistema bancario è stato molto chiaro: “è venuto il momento di finalizzare l’agenda dei regolatori e di entrare in un periodo di stabilità”. “Il focus – sempre secondo Draghi – dovrebbe essere sull’attuazione e non su nuove misure” aggiungendo che “le misure di regolamentazione dovrebbero essere applicate in modo equilibrato così da assicurare regole uguali per tutti a livello globale e anche se sono possibili aggiustamenti marginali, non si dovrebbe tornare indietro su quanto si è già deciso”. I progressi compiuti dal settore bancario, ha concluso Draghi, “sono andati di pari passo con il consolidamento della ripresa economica. Una maggiore resilienza del comparto ha contribuito a proteggere la ripresa dagli shock esterni e a sostenere lo slancio della crescita all’interno”.
L’autorevole intervento di Draghi è soltanto l’ultimo di una sempre più generale e giustificata preoccupazione che il Comitato sulla Supervisione Bancaria di Basilea riscriva, di nuovo, le regole prudenziali sul credito rendendole ancora più rigide di quello che già sono. La posizione di Draghi sembra quanto mai netta e chiara. Il suo è un “no” a rimettere in discussione le regole in vigore, come forse vorrebbe il nuovo corso statunitense del futuro Presidente Donald Trump, ma è un “no” anche a nuove e più restrittive regole. Quello che teme, e non è il solo, è un intervento che, soprattutto in Europa, rappresenterebbe l’ennesima rivoluzione normativa degli ultimi 10 anni dopo Basilea 2 e 3, Vigilanza unica, sistema di risoluzione delle crisi e bail-in, disposizioni in tema di governance e quelle sulla trasparenza dei servizi finanziari. Il Comitato di Basilea, infatti, malgrado le autorevoli e sempre maggiori posizioni contrarie, sembra intenzionato, a fine mese a Santiago del Cile, a varare un nuovo modello di rischio standardizzato da utilizzare per valutare l’affidabilità di ogni cliente nel momento in cui questo chiede un finanziamento che vieterebbe il ricorso a sistemi flessibili in grado di determinare ed apprezzare le caratteristiche particolari del mercato di riferimento e quelle dell’affidabilità del cliente. Un sistema che, come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte, è un sistema lontano e avulso da qualsiasi contesto soggettivo e di mercato, esclusivamente teorico. Una sofisticazione matematico-statistica estrema che, paradossalmente, non può portare neanche ad un controllo del rischio credito effettivo e ottimale.
Le conseguenze del modello in discussione – di questo sembra essere giustamente preoccupato Draghi – sarebbero negative per l’intero sistema economico, andando a colpire soprattutto le Piccole e Medie Imprese, in particolare quelle senza rating, alle quali l’accesso al credito sarebbe, di fatto, precluso. Regole più stringenti sulla ponderazione del rischio di credito, infatti, avrebbero l’effetto che, per erogare un prestito a una piccola o media impresa, sopratutto se di nuova costituzione, la banca sarebbe costretta ad accantonamenti ancora più elevati con la diretta conseguenza della contrazione dell’operatività della banca stessa e quindi del numero delle operazioni di finanziamento. Gli istituti bancari, per contrastare la risoluzione delle proprie attività nonché gli effetti degli stress test negativi dovrebbero deliberare nuovi aumenti di capitale ovvero l’emissione sul mercato di altri strumenti finanziari. Una vera e propria spirale negativa i cui effetti deleteri ricadrebbero prima di tutto sull’economia reale producendone ancora contrazione proprio ora che le condizioni del credito sono migliorate soprattutto per le piccole e medie imprese – sempre secondo Draghi – grazie alla politica dei bassi tassi d’interesse della Bce e alle “nuove” regole, quelle già esistenti, che hanno reso il settore bancario più robusto in termini di capitale, di leva finanziaria, di raccolta e di capacità di assumere rischi.
Sottolineare, come ha fatto il Presidente della Bce, lo stretto rapporto tra la ripresa dell’economia e lo stato del sistema bancario e come quest’ultimo abbia svolto un ruolo nel sostenerlo e proteggerlo, è una importante e opportuna operazione di verità. Sarebbe, ora, molto importante che l’intervento di Draghi, insieme alla recente presa di posizione del Parlamento europeo, riuscisse a bloccare Basilea 4 perché il “problema oggi – sempre citando Draghi – è più legato alla redditività che alla robustezza dei bilanci dato che la copertura degli Npl con accantonamenti è vicina al 50% e ci sono garanzie reali sulla maggior parte del resto”. Non basta ancora?
Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari