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Immigrazione, l’abbaglio di Sunak e Meloni (e la rivincita del Labour)

Marco Leonardi martedì 19 Dicembre 2023
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di Marco Leonardi

A Londra non c’è più nessuno disposto a credere al successo della politica di Sunak sul Ruanda: l’idea di trasferire i migranti in quel paese è stata sonoramente bocciata dalla Corte Suprema. Il primo ministro inglese tira diritto solo per tenere insieme un partito conservatore ormai allo sbando ma sa benissimo che verranno prima le elezioni di un eventuale trasferimento di un solo migrante in Ruanda. Anzi, anche dentro il partito conservatore, molti credono che Sunak avrebbe fatto meglio a cogliere una delle mille occasioni per abbandonare un’idea così sfortunata dalla nascita. Rischia perfino di lasciarci la poltrona e senza nemmeno una valida ragione visto che il numero dei migranti è già sceso per altre ragioni e per le politiche di contrasto alle partenze, le uniche che funzionano.

L’apparizione di Sunak a Roma si spiega con la disperazione di trovare qualcuno lontano da casa a cui l’idea del Ruanda possa piacere. Non può funzionare per molte ragioni giuridiche e politiche e in una sola parola, in fondo sa molto di neocolonialismo. Anche la Meloni spera che la sua politica di outsourcing del problema migratorio verso l’Albania possa funzionare. In verità, se va bene, farà probabilmente la stessa fine della politica sul Ruanda: per ora sono stati pagati 240milioni di sterline senza che un solo migrante abbia attraversato il mare, e comunque se anche lo attraversasse, il costo procapite sarebbe proibitivo.

Anche la Meloni si rivolge a Sunak per reazione all’essere fuori dal gruppo di trazione dell’Europa. Se Meloni avesse intenzione di prendere Londra come esempio, si ricordi che in UK quando vogliono cautelarsi dalla possibilità del declino economico e politico guardano proprio all’esempio negativo dell’Italia. In ambito economico è stato appena pubblicato il rapporto sulla competitività in UK (The Economy 2030 Inquiry) di cui hanno parlato su questo giornale Capone e Codogno e Galli: temendo il declino della produttività si guarda con timore all’esempio negativo dell’Italia negli ultimi 30 anni dal 1995 in poi.

Si ricordi anche che L’Italia malgrado tutti gli sforzi non ha la proiezione internazionale di UK. Londra ha certamente pagato un prezzo ma per ora si può dire che ha superato lo shock di Brexit (molto meglio di UK in generale). È vero che parte della finanza europea ha traslocato a Parigi e Francoforte, ma rimane saldamente un hub della finanza mondiale.  La città, che nonostante tutto rimane più accogliente e meno segregata di tante megalopoli, ha superato lo shock grazie agli investimenti diretti esteri e all’export di servizi (+47% dal 2016 a oggi) e tecnologie (più che della manifattura tradizionale). Londra è un esempio di come funzionano le economie di agglomerazione e attrazione: anche grazie all’insostituibile importanza della lingua inglese, si è largamente salvata rivolgendosi al resto del mondo invece che all’Europa, e paradossalmente (per chi è contro l’immigrazione) l’origine indiana del primo ministro ne è la dimostrazione plastica.

In ambito politico si dice che UK stia diventando come l’Italia, 5 primi ministri in 7 anni e numerosi rimpasti di governo dopo Brexit. Ma c’è una differenza fondamentale: ora in UK c’è un’opposizione pronta a prendere il governo.  Ci ha messo più di10 anni (e 4 sconfitte elettorali 2010, 2015, 2017, 2019) ma ora è talmente in vantaggio che può perfino permettersi di essere vaga su quello che vuol fare.

Il Labour di Starmer parte da un cuore di proposte progressiste – l’aumento del 5% dell’aliquota sui redditi più alti, il potenziamento della sanità pubblica, l’abolizione delle leggi restrittive degli scioperi, l’abolizione della Camera dei Lords, l’abolizione dei cavilli fiscali che consentono una tassazione di favore per i fondi di private equity – corredate da altre misure che richiamano il New Labour blairiano: politiche a sostegno della crescita e delle aziende, conti pubblici in ordine, una politica estera a favore della Nato e di Israele (anche se su questo tema ci vuole prudenza e 50 deputati Labour si sono appena ribellati alla linea di Starmer). Sull’Europa silenzio, non si torna indietro, si cerca piuttosto la semplificazione di tutte le procedure di convivenza economica che si sono così complicate con Brexit.

Per tornare a governare due sono stati i cambiamenti di posizione in questi anni. Il primo verso tolleranza zero contro il crimine (rievocando il celebre slogan ‘tough on crime, tough on the causes of crime’, duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine). Il secondo è il posizionamento sul tema dell’immigrazione che sta diventando sempre più restrittivo (anche se lontano anni luce dai Tories e dalle proposte illegali e reazionarie del premier Sunak e dell’ex ministra degli interni Priti Patel, appena defenestrata).

Si vede che il tema dell’immigrazione è proprio uno dei temi fondamentali dei nostri tempi, ma pur sempre gli elettori sono capaci di distinguere tra la propaganda e le misure realistiche: per questo lo slogan (che è poco più di uno slogan) del Ruanda (e dell’Albania) non funzioneranno.

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