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di Andrea Ferrazzi

Discorso al Senato in occasione del dibattito sul Recovery Fund

 

Signora Presidente,

Questa Maggioranza e il Governo sono andati a prendersi i soldi in Europa, modificando il nostro destino e forse il destino dell’Unione. Vi immaginate cosa sarebbe successo al nostro Paese se l’Europa fosse deflagrata, come volevano i sovranisti in salsa nazionale? Vi ricordate le magliette “no euro”, i palchi contro l’Europa, le manifestazioni tanto scoppiettanti quanto deliranti per l’isolamento del nostro Paese? E invece la politica di segno opposto di questo Governo ha salvato l’Italia e può modificare i destini comunitari.

Signora Presidente, la crisi da Covid ha determinato una caduta del Prodotto interno lordo unica nella storia della nostra Repubblica. Ebbene, i 100 miliardi messi a disposizione attraverso i Decreti che prontamente questo Parlamento ha votato in questi pochi mesi hanno compensato esattamente tale drammatica caduta di Pil. Ciò è stato possibile attraverso l’acquisto dei Titoli di debito pubblico da parte della Banca centrale europea che ha in tal modo salvato la nostra economia. Signora Presidente, questa è la plastica dimostrazione di ciò che andiamo dicendo da tempo: mentre i sovranisti sono stati sconfitti su tutta la linea, noi abbiamo dimostrato con i fatti che i patrioti sono gli europeisti.

Ma questo, Signora Presidente, non è altro che il primo tempo della nostra battaglia, tempo determinante ma non ancora decisivo: ora è il momento dei grandi investimenti strutturali, che devono essere guidati da una visione profondamente riformatrice. E la stella polare è questa: pensare alle future generazioni. Se così non dovesse essere infatti compiremmo un duplice atto imperdonabile: da un lato un atto di profonda ingiustizia generazionale, dall’altro un grandissimo errore strategico. Se i miliardi che siamo stati capaci di procurarci in Europa (L’Italia è di gran lunga il paese con i finanziamenti netti maggiori tra i 27 dell’Unione Europea) fossero persi in rivoli e mance a garanzia dello status quo e dei soliti garantiti, compiremmo un errore imperdonabile nella logica della giustizia sociale e dello sviluppo.

La questione è molto semplice: nel prossimo settennato avremo tre grandi fonti di finanziamento: Il Bilancio ordinario dello Stato, i Fondi strutturali europei, il Recovery fund. Tre fonti grosso modo di pari consistenza, 30 miliardi anno ciascuna per un totale di circa 90 miliardi annuali. Ebbene: il Recovery fund e gli altri fondi europei connessi alla ripresa non dovranno essere un mero raddoppio dei fondi ordinari, ma, guidati da un salto concettuale, dovranno essere quel “turbo” capace di trasformare radicalmente il nostro Paese rendendolo stabile nella crescita sostenibile e qualitativa, per farci competere con i migliori sistemi mondiali nel garantire pace sociale, benessere, giustizia e ricchezza.

Signora Presidente, che la Transizione Green debba essere l’asse portante di questo piano sta finalmente emergendo con la giusta evidenza.

L’Unione Europea nelle sue diverse articolazioni, ha definito che il 37% dei fondi vada ad esso destinato. L’evidenza dei disastri ambientali causati dei mutamenti climatici esige risolutezza e interventi immediati ed esige che lo capiamo tutti: mai più errori imperdonabili come il voto della scorsa settimana nel Parlamento europeo durante il quale i sovranisti di diversa estrazione hanno votato contro la diminuzione delle emissioni nocive del 60% entro il 2030!!!

Ma non è solo l’evidenza dei disastri e degli incalcolabili costi ambientali, sociali ed economici che ci deve impegnare: é anche il fascino che la Transizione Green apre attraverso un sapiente utilizzo della tecnica e della tecnologia, della ricerca di base e della ricerca applicata. Pensiamo ai nuovi scenari che si vanno aprendo nella Rigenerazione urbana delle nostre città, nella ricerca di nuovi materiali, nei materiali bidimensionali che possono portarci all’obiettivo zero Waste.

Pensiamo ai biocarburanti e alle Bío plastiche di derivazione non carbonica, pensiamo alle straordinarie opportunità che si vanno aprendo con le politiche energetiche basate sull’idrogeno (Francia e Germania hanno sottoscritto non più tardi di tre settimane fa un patto che prevede un investimento di 15 miliardi di euro: è una grande priorità e occasione anche per il nostro Paese). Pensiamo alla mobilità sostenibile. Pensiamo al riciclo meccanico e alla necessaria politica impiantistica industriale per far fronte all’emergenza ormai strutturale legata ai rifiuti, e pensiamo al riciclo chimico delle plastiche, capace di scomporle nelle molecole primigenie. E pensiamo alla possibilità di produrre finalmente anche nel nostro paese bottiglia di plastica riciclata al 100% (rPet), obiettivo appena raggiunto nel Decreto Agosto grazie alla volontà di questa maggioranza ma anche all’appoggio di tutte le opposizioni presenti in quest’Aula.

Un’ultima riflessione Presidente. I grandi passi in avanti delle diverse civiltà sono stati compiuti quando la “tecnica“, nelle diverse declinazioni, é stata al servizio di una grande visione, di una grande idea di progresso collettivo, di tutti e di ciascuno. Così come il Piano Marshall ebbe tra i propri obiettivi quello di costruire l’unità europea dopo decenni di inenarrabili devastazioni, così questa nuova stagione deve essere per noi l’inizio di una nuova idea di Europa che la renda unita, forte, competitiva, determinante sia nello scenario interno degli stati membri, sia nella geopolitica mondiale. Solo in una visione forte di questo tipo potremmo parlare per noi e per i nostri figli di Recovery and resilience plan, Ripresa e resilienza, non come occasione persa, ma come un nuovo inizio.

Grazie Presidente.

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