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L’egemonia politica nell’epoca dei social media

Antonio Preiti martedì 4 Giugno 2019
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di Antonio Preiti

 

Come si costruisce l’egemonia politica, cioè quell’insieme di pensieri automatici, di assunzioni date per scontate, e perciò neppure discusse, di “verità” che scavano nel profondo, nell’epoca dei social media?

Un’indagine realizzata da Sociometrica e Aida Monitoring, che procede quasi come un bisturi, analizzando la campagna elettorale europea, lo mostra con chiarezza https://www.sociometrica.it/works/i-social-e-l%E2%80%99invenzione-dello-spazio-politico.

Sono stati analizzati quasi tre milioni di twitter relativi agli ultimi dieci giorni della campagna elettorale. È un flusso incessante di opinioni, discussioni, combattimenti virtuali, ma non per questo meno pesanti o meno importanti.

 

Salvini in testa

Cominciamo da alcuni dati, per poi azzardare qualche interpretazione. Salvini è in testa come nome più citato negli hashtag o negli altri ranking di questo tipo. Non è naturalmente una sorpresa, ma forse lo è la distanza che lo separa dagli altri, almeno cinque volte di più; con Di Maio la distanza è addirittura di uno a dieci. Quel che, invece, è piuttosto sorprendente è che anche i messaggi di maggior successo dei suoi contendenti sono per due/terzi “risposte” a Salvini stesso. Questo significa che si vince occupando lo spazio centrale della comunicazione social, perché costringe gli altri ad adeguarsi, a connettersi con il topic trend, che in questo caso è stato uno solo.

Se si osservano non tanto le graduatorie, che sono reversibili e fatue quanto si vuole, ma le connessioni tra hashtag, cioè il formarsi di un procedere compatto di argomenti, aggettivazioni, riferimenti al leader, allora la situazione appare molto più strutturata. Vediamo allora con maggiore dettaglio.

 

Il cluster SeaWatch

L’argomento che ha più colpito gli elettori (o almeno quelli che scrivono/leggono sui social media, e che comunque superano abbondantemente la metà della popolazione) è la vicenda della nave SeaWatch. Il “cluster”, cioè il grappolo di parole chiave (cioè ampiamente in stretta relazione tra loro) che prevale mette insieme “SeaWatch”, ”Soros”, “immigrazione”, “criminalità”, “Decreto sicurezza” e poi, naturalmente, “Salvini”, “Lega” e “DomenicaVotoLega”.

Nel medesimo “grappolo” ci sono, ad esempio, altre connessioni strette sullo stesso tema, ad esempio, “Bonino”, “porti aperti”, “Europa”, “UE”, che ipotizzano un’altra narrazione, del tutto opposta, sullo stesso argomento. Adesso sappiamo che non c’è nessuna decisione del Parlamento europeo e neppure della Commissione Europea che affermi la volontà di avere porti aperti o cose analoghe, ma le connessioni sono queste. Non sono connessioni logiche, ma connessioni di pensiero, automatiche, che naturalmente non partono dal nulla (effettivamente Emma Bonino si è sempre dichiarata per l’accoglienza degli immigrati), ma non certo nei termini che i sillogismi automatici fanno pensare.

 

Le vicissitudini del governo

Il secondo cluster che aggrega argomenti, persone e partiti gira intorno al governo. Curiosamente non c’è un ruolo preminente di Salvini, che appartiene al primo cluster (immigrazione-sicurezza-difesa della tradizione religiosa) e non al secondo, dove sono inclusi abbondantemente gli esponenti del movimento 5 stelle. Se si scorrono gli argomenti e le parole chiave di questo cluster si capisce che non c’è grande legame con le cose che accadono, con la realtà insomma, ma sono tutte interne alle vicissitudini del governo medesimo. È come una bolla autoreferente tutta dentro il Palazzo, si sarebbe detto in altri tempi.

 

I lenzuoli anti-Salvini

Il terzo cluster, di dimensione inferiore ai primi due, possiamo definirlo il cluster dell’opposizione. Su questo dominano gli striscioni e i lenzuoli anti-Salvini, e in generale le critiche e le “risposte” a Salvini. Nell’insieme pesano per circa i due terzi del volume delle conversazioni, mentre l’un terzo che rimane è dedicato all’Europa. Non c’è spazio per molto altro.

C’è poi un quarto cluster, più piccolo ma significativo, che è totalmente incentrato su Salvini in quanto protagonista personale della campagna elettorale. Si vede proprio graficamente che esiste un solo punto da cui si diramano gli argomenti.

Prendere il centro della scena ha un vantaggio e uno svantaggio: costringe gli altri a “rispondere”, perciò si guida l’agenda, si scelgono gli argomenti, si fa sempre la prima mossa. Naturalmente lo svantaggio è che se prevalgono le critiche, serve a poco fare la prima mossa. Nel caso di Salvini però le mosse sono “guidate” dal combinato disposto della percezione popolare delle connessioni prevalenti tra causa ed effetto (aumento immigrazione = aumento della criminalità = perdita dell’identità nazionale fondata sulla religione).

E qui non si può non aggiungere che tra pensiero e razionalità vince sempre il pensiero. Non sarà una statistica sull’andamento dei furti a far cambiare idea su un fenomeno che colpisce il vissuto delle persone. E naturalmente propone questioni inevase da chi si oppone a Salvini, che riguardano l’affermazione del multiculturalismo, dell’identità collettiva e altri argomenti ancora di grande portata emotiva.

 

I social media sono predittivi

Le due conclusioni più importanti sono una di metodo e l’altra di merito. Quella di metodo indica che i social media sono predittivi, cioè permettono di vedere in anticipo quello che passa per la mente della gente (sia pure con le cautele metodologiche di saper dirimere la comunicazione organica, cioè autentica, dal resto) e di vederlo in tempo reale. Si possono cogliere immediatamente i cambiamenti di umore, di prospettiva e di emozioni che i sondaggi hanno maggiore difficoltà a cogliere (nei sondaggi le domande le propone l’intervistatore, sui social la spinta a scrivere è spontanea, perciò la selezione degli argomenti è più autentica).

 

Se vince l’emozione

L’altra conclusione indica che le forme attraverso cui si crea l’egemonia politica oggi sono completamente diverse rispetto anche al passato più recente. Mentre prima erano gli editoriali a creare opinione, cioè lo svolgimento logico, coerente, razionale delle tesi con conseguente proposta politica, cioè attraverso un meccanismo sostanzialmente deduttivo; adesso la politica, nel senso della proposta politica, nasce e si nutre dal turbinio degli avvenimenti, dalla capacità di utilizzarli e di guidarli, dall’arte combinatoria di fatti, emozioni e opinioni; il meccanismo è sostanzialmente induttivo. Meno che mai pedagogico.

Si tratta di cose modernissime, ma anche antiche, se vogliamo, visto che Gramsci, parlando proprio di egemonia, ha ampiamente descritto come la “zavorra”, pur non esprimendosi in maniera compiuta ed esplicita comunque determina il corso della nave. Oggi la “zavorra” non ha meno dignità dei timonieri (con alcune eccezioni, naturalmente) e si esprime compiutamente. Farci i conti non è facile, ma è inesorabile.

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2 Commenti

  1. Claudio Petruccioli martedì 4 Giugno 2019

    “Si tratta di cose modernissime ma anche antiche” Giusto, anche senza scomodare Gramsci Ricordo che nel Pci (ma credo non fosse diverso negli altri partiti quando erano padroni della politica in Italia) nel corso delle abituali riunioni che si facevano nel corso delle campagne elettorali la prima cosa da cui si partiva era: ma parlano di noi? Mi sembra che si parli poco di noi… e così via

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  2. Antonio Preiti giovedì 6 Giugno 2019

    Sì, proprio così, se vogliamo semplificare, in questa campagna è risuonato maggiormente di Salvini, in buona parte a sostegno è una notte contro; è risuonato anche Di Maio, insieme ai Cinquestelle, ma quasi sempre in termini negativi; per il Pd sono stati pochi gli echi negativi, ma non ha determinato i toni e i contenuti del dibattito politico. I risultati rispecchiano questa situazione.

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