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L’epidemia cambia il mondo del lavoro. Prepariamo fin d’ora la ricostruzione

Michele Faioli venerdì 20 Marzo 2020
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di Michele Faioli

 

Quando rialzeremo le saracinesche il 50% delle imprese potrebbe non esserci più e il mercato del lavoro non sarà più lo stesso.

 

La vera sfida che abbiamo davanti è quella di ricostruire. Sono importanti le misure per affrontare questo momento difficile, ma dobbiamo pensare a quando rialzeremo le saracinesche. Bisogna scegliere con convinzione la fatica del pensiero lungo per superare lo tsunami generato dal Coronavirus. I 750 miliardi messi in campo dalla Bce sono una somma formidabile, che guarda lontano. Sta a tutti noi interagire con questo profondo cambiamento. Il diritto del lavoro, i sindacati e le organizzazioni datoriali vogliono rimanere ancorati a categorie anni ’80 o concentrarsi su nuovi modelli? Il diritto del lavoro può essere utile per impostare riforme per il post-crisi da Covid-19?

Tra 90 giorni il 50% delle imprese potrebbe non esserci più e con questo mi riferisco a ogni settore e a ogni relativa catena del valore: manifattura, logistica, terziario, alimentare, chimici… Nessuno di noi sa cosa ci sarà dopo, perché il sostegno al reddito non garantisce il mercato, ma il reddito dei lavoratori. E ciò non è sufficiente in una dinamica di medio-lungo periodo. Come sarà il mercato del lavoro non lo sappiamo. Chi era già sul precipizio sarà spazzato via e il sistema imprenditoriale non sarà più lo stesso. Una parte dell’economia, come il terziario e il turismo, ci metterà tanto a rialzarsi: non è facile riprendere dopo la chiusura di alberghi e ristoranti, cambiano anche le abitudini dei clienti: chi di noi sta programmando le vacanze? A chi verrà in mente di andare in un ristorante affollato? Si trasformeranno, infine, luoghi e spazi di lavoro.

Per prepararsi a questo nuovo mercato del lavoro un ruolo importante lo gioca l’Europa, che deve fare di più. Senza aspettarsi grandi riforme che richiederebbero anni, già oggi, in base ai Trattati attuali bisogna incidere sulle politiche economico-sociali, per la concorrenza e per la difesa comune. Ci sono sono spazi normativi significativi per l’attuazione di tali politiche. Certo, bisogna lavorare tutti coesi. C’è una spinta fortissima al coordinamento europeo e l’intervento della Banca centrale europea ne è un esempio, anche se la decisione del quantitative easing da 750 miliardi è stata presa a maggioranza e non all’unanimità. Ciò che conta è che queste risorse siano rivolte alla ricostruzione immediata e a quelle del medio-lungo periodo. Dobbiamo spendere, sapendo quale sarà l’economia dei prossimi 10-20 anni, quali sono le priorità, dove investire, in cosa investire, quali sono le infrastrutture fisiche e digitali più adatte al futuro che ci aspetta.

Il lavoro e le relazioni industriali debbono aprirsi a queste sfide. Ad esempio, guardando al caso italiano, il protocollo sulla sicurezza sul lavoro del 14 marzo, è importantissimo, però è dentro una logica antica. Covdid-19 ci fa capire che per proteggere il lavoro serve più tecnologia, non meno. Abbiamo bisogno di più strumentazione fisica che, applicata sul corpo del lavoratore, permetta di svolgere attività anche in situazioni rischiose come questa. Dobbiamo cancellare la tecnofobia, non la tecnologia.

Le misure chiave adottate dal Governo sono di tre tipi. Esse rispondono all’immediato.

La misura più importante del DL 18/2020 riguarda il sostegno al reddito. L’esecutivo dà la possibilità di accedere agli strumenti esistenti come la cassa integrazione e i fondi di solidarietà con accesso facilitato. La strada seguita è quella della de-burocratizzazione degli strumenti. Tra questi figura anche la cassa in deroga, gestita a livello regionale, per lavoratori non assoggettabili altre tutele.

La seconda misura è relativa alla conciliazione vita/lavoro, per chi ha problema di cura dei bambini, degli ammalati e delle persone più vulnerabili in genere. Sono introdotte tutele ulteriori, tra cui l’estensione dei permessi ex legge 104. Si rafforza anche lo strumento del lavoro agile per chi può farlo.

La terza misura, che mi pare d’interesse estremo e che molti hanno sottovalutato, è che viene introdotto un premio retributivo per coloro che stanno in fabbrica. Una somma piccola che viene defiscalizzata. E’ un modo per premiare coloro che non possono non lavorare stando fisicamente in fabbrica o negli uffici.

Questo momento deve permetterci di fare una seria revisione di ciò che si poteva fare in passato e non è stato fatto. In questo modo si impara. Non possiamo farci trovare impreparati rispetto a altre emergenze come questa. Ciò che di buono viene costruito in questo periodo di crisi, resti pure per il futuro. Ma ciò che di utile può essere costruito per il futuro va pensato adesso e attuato adesso. Per ritornare alle domande iniziali: parti sociali e diritto del lavoro sono chiamati a dare risposte, di livello europeo, a questa crisi, con strumenti nuovi, tra cui l’EUBS (indennità europea di disoccupazione – link), una  regolazione più adeguata sulla relazione tra tempi/spazi di lavoro e digitalizzazione, una regolazione più moderna sulla sicurezza sul lavoro, con utilizzo di tecnologie avanzate e intelligenza artificiale, l’adeguamento del GDPR ai controlli che il datore di lavoro deve svolgere in situazioni come quelle da Covid-19, un nuovo assetto sulla formazione continua dei lavoratori.

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